Futura: un film musicale sui generis
Il regista di “Futura”, Lamberto Sanfelice, già autore di “Cloro”, insieme agli interpreti, ha presentato il film alla stampa. Alla conferenza erano presenti anche gli attori Niels Schneider, Matilde Gioli e Stefano Di Battista, nei panni rispettivamente di Louis, Valentina e Nico. Il film, drammatico e profondo, ambientato in una Milano inedita, non è solo una storia che parla di musica: presenta e rappresenta i personaggi attraverso la musica. “Futura”, in uscita il 17 giugno 2021 nei cinema, fa della musica, e del jazz, la colonna portante e la chiave di lettura dell’esistenza del protagonista.
Ecco le domande della stampa
“Futura” è un musical che anziché seguire gli elementi del genere musicale più ortodosso ne ribalta lo stile: i dialoghi non sono cantati, ma suonati, e rappresentano il percorso di formazione e redenzione, in questo caso, del protagonista.
Lamberto Sanfelice: “questo film parte della musica non come colonna sonora, ma per raccontare dei sentimenti. I personaggi si confrontano tra di loro facendo, in qualche modo, suonare i propri strumenti; è un musical senza parole. Con la musica ognuno di loro riesce a raccontarsi meglio che con le parole. “Futura” è anche un inno, un regalo e un omaggio a tutti i musicisti. Tutti i personaggi all’interno della storia hanno una loro musica, ci sono molti veri musicisti nel film. C’è Louis che rappresenta il jazz, Valentina il rock e Lucya la lirica. Anche la scelta di identificare il padre del protagonista ispirandosi alla figura del jazzista Massimo Urbani è stato un modo per rendere omaggio a lui e al jazz di 40 anni fa, a quei jazzisti definiti sopra le righe”.
Il personaggio di Louis si trova sospeso tra l’essere figlio e l’essere padre con una doppia valenza, sia perché lui ha una figlia e perché è portatore dell’eredità del jazz lasciata da suo padre.
Niels Schneider: “il mio personaggio in “Futura” è in bilico, e lo è secondo me anche tra il giorno e la notte. Non ha mai osato andare fino in fondo per realizzare il suo sogno, non riesce a essere padre, si muove di notte osservando gli altri vivere. Ma lui non riesce a vivere, finché non è obbligato a correre un rischio. Il dramma che gli accade nel film lo porta a fargli toccare con mano la propria vita. Dopo un’esperienza tragica e traumatica lui è costretto a vivere e ad avere finalmente un contatto con la propria vita”.
Valentina è un personaggio che ha un contrappunto emotivo molto forte, è come se fosse in scena anche quando non c’è, trasmette un’empatia e un affetto anche fuori campo.
Matilde Gioli: “interpretare Valentina è stato interessante anche come percorso mio personale. Questa donna, a differenza del compagno, è maturata e sa qual è il suo posto nel mondo, mi ha insegnato molto questo ruolo. Si tratta di un personaggio non giudicante, lei aspetta sempre Louis, nonostante tutto. Si tratta di un esempio che mi piacerebbe poter ripetere nella vita reale, perché mi piace come si pone di fronte alle situazioni. Il dialogo con Lamberto su Valentina è stato fondamentale, è stato belli interpretare una donna che arriva da un passato rock, movimentato, ma che a differenza di lui che sa come collocarsi nella sua vita. Lei è consapevolmente compagna, madre della figlia che hanno avuto insieme e sempre pronta ad accoglierlo”.
Stefano Di Battista, da sassofonista di fama internazionale, in “Futura” hai un doppio ruolo, di interprete e autore delle musiche. Com’è stato sul set interpretare un jazzista, e quindi te stesso, e in che direzione siete andati nel creare una colonna sonora così evocativa e umana.
Stefano Di Battista: “credo di aver vissuto un sogno, per noi musicisti è stato un regalo vivere questa realtà sorprendente. La musica in un certo senso non l’abbiamo scritta noi, ma il film stesso. La musica si è delineata da sola durante le prove e le riunioni, è stata quest’empatia che si è creata a generare le melodie. Anche l’idea di prendere in considerazione un musicista scomparso, Massimo Urbani, che è un po’ il nostro genio del sassofono, si è rivelata un’ottima scelta. Aver interpretato me stesso è stata una sorpresa, io non sono un attore, ma tutti mi hanno messo a mio agio e ricordo di aver terminato le riprese con il sogno di poter fare un altro film un giorno. La partecipazione di tutti i musicisti è stata fondamentale, c’era una grande dose di saggezza e un modo di approcciare la musica che ci ha reso tutti onesti nella parte compositiva. Interpretare un ruolo vicino a me è stato emozionante, e anche un modo per far riscoprire il jazz”.
Lavoro su personaggi e attori
Anche nel precedente film di Lamberto Sanfelice, “Cloro”, c’è questo contrasto tra passione e frustrazione, tre le aspirazioni e le necessità della vita.
Lamberto Sanfelice: “all’inizio in realtà io ho ragionato in maniera opposta. “Cloro” è un film senza colonna sonora, a livello uditivo e di linguaggio cinematografico i presupposti erano molto diversi. Ci sono però alcune cose in comune nel percorso che affrontano i personaggi. Entrambi i protagonisti hanno bisogno e vogliono riuscire nel proprio intento, ed entrambi finiscono per non realizzare il proprio sogno perché cambiano le loro priorità. Per Louis il jazz diventa una possibilità di confronto con il padre e con se stesso. È come se la musica lo portasse verso altri obiettivi, come quella di essere un padre migliore rispetto al suo”.
Com’è nata l’idea del film?
Lamberto Sanfelice: “l’incontro con Stefano e il suo percorso nel mondo del jazz hanno portato al film. Tutto è partito da un mio desiderio di usare la musica come spazio per far interagire i personaggi. L’incontro con i musicisti ha poi delineato tutto il resto. Il jazz spesso è qualcosa che i giovani oggi associano al passato, quindi questo era anche un modo di portare il jazz nel mondo di oggi, nella Milano di oggi, attraverso un linguaggio contemporaneo”.
Stefano Di Battista esiste un legame tra jazz e dolore? Niels Schneider questo personaggio ti ha insegnato qualcosa anche in relazione alla musica e allo strumento del sassofono?
Stefano Di Battista: “penso che jazz e dolore siano quasi la stessa cosa, il jazz nasce da un profondo dolore degli afroamericani”.
Niels Schneider: “diciamo che io ero ossessionato dall’imparare a suonare la tromba, volevo essere credibile e non un attore che suonava la tromba, ma un musicista. Grazie al regista e anche alle 8 ore al giorno che passavo a suonare, insieme al mio maestro, ho scoperto la musica, ed è qualcosa che mi porterò dietro per sempre. Quando vado sul set di altri film, ogni tanto suono, mi porto la tromba e suono. Per me interpretare questo ruolo è stata una grandissima opportunità. Stefano e gli altri musicisti non mi hanno mai fatto sentire a disagio, abbiamo anche realizzato dei concerti improvvisati in un locale e non mi hanno mai fatto sentire un estraneo. Oltre altra sfida del jazz c’è stata anche quella dell’italiano. Io prima non parlavo e non capivo l’italiano, e anche questo è stata sia una sfida che un regalo. Oggi leggo tutti i giorni i quotidiani in italiano, per non perdere quello che ho imparato. Credo che Louis si trovi in un momento della propria vita in cui tutti prima o poi si trovano, e cioè quando devono fare i conti con la possibilità di non aver realizzato un sogno. È molto frequente che alcune necessità ci portino ad allontanare i nostri sogni, non è sempre un qualcosa di negativo. Magari non si è arrivati a realizzarli, ma l’importante è mantenere un filo con ciò che una volta era un nostro sogno. Può esser diventato secondario rispetto al futuro, rispetto a un avvenire diverso che ora abbiamo davanti a noi. Louis vive un presente difficile e ha ancora i fantasmi del passato che lo tormentano, sente il peso di un passato di non realizzazione. A un certo punto però prende coraggio e acquista la capacità di lasciarsi andare, di fare tesoro del suo sogno, essendo comunque disposta a guardare a un avvenire diverso”.
“Futura” e un messaggio finale insolito
Niels Schneider e Matilde Gioli cosa vi ha spinto ad accettare il ruolo? Lamberto Sanfelice è riuscito a dare con questo film il messaggio che voleva trasmettere?
Niels Schneider: “io ho accettato anche perché questa proposta è arrivata nel momento giusto, la sceneggiatura mi ha detto qualcosa che anni fa non mi avrebbe trasmesso. Io volevo lavorare con Lamberto, conoscere l’italiano e la musica. Come anche vedere questa forma singolare di dipingere e fotografare Milano”.
Matilde Gioli: “io non conoscevo Lamberto ma avevo sentito molto parlare di lui. Ero curiosa e mi piaceva l’idea di interpretare un ruolo diverso dal solito. Io prima di “Futura” non avevo mai fatto la madre, la parte di una compagna solida e matura come Valentina, quindi mi attirava anche l’idea del lavoro che avrei dovuto fare su me stessa. È stato bello sentirmi Valentina, è un personaggio che stimo. Anche per me la scelta di Milano è stato un altro elemento che mi ha portato ad accettare il ruolo. Io sono nata e cresciuta a Milano e non ho quasi mai girato nella mia città. L’idea di poter essere a Milano e di vederla sotto una luce diversa e inedita era interessante”.
Lamberto Sanfelice: “il cuore del film è sicuramente la necessità di distaccarsi dai padri, riconoscere la loro possibilità di fallire, di aver fatto degli errori e quindi anche l’importanza di fare delle scelte diverse. Questa consapevolezza dà al personaggio la libertà di trovare la sua strada per il futuro. Il personaggio si libera di un’eredità emotiva, anche attraverso Anita che gli fa capire l’importanza per il futuro. Il tema centrare è sicuramente quello del rapporto tra padri e figli”.
La scelta di Daniela Vega, oltre a trattarsi di un grande attrice che crea un personaggio poetico, dava anche la possibilità di affrontare l’attuale tema della transfobia.
Lamberto Sanfelice: “Daniela ha regalato al personaggio una poetica e una carica che ha dato al film qualcosa di importante. Non era semplice trovare il volto giusto, lei viene dal mondo della lirica, all’inizio è un personaggio opposto, è un’antitesi di lui. Ha questa voglia di maternità, di trovare il denaro per tornare dal figlio e di farsi accettare da lui, che è un figlio avuto prima della transizione. E questo è un tema delicato, perché chi ha avuto una transizione in età adulta magari prima ha fatto dei figli”.
Giorgia Terranova