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GLOW – Recensione

Ideata da Carly Mensch e Liz Flahive (che ha lavorato a “Captain Marvel), e prodotta da Jenji Kohan, la creatrice di “Orange is the New Black”, tre anni fa è nata “GLOW”, una serie tv con personaggi femminili fuori dagli schemi.

Anni ’80 e protagoniste anticonvenzionali

GLOW Alison Brie

GLOW – Recensione

“GLOW” è un racconto corale che affronta temi importanti con ironia. Sono presenti varie etnie, età e fisici, e di conseguenze storie differenti, senza però che questo diventi l’unica caratteristica del personaggio, rinchiudendolo nella gabbia della sua diversità.

Gli ingredienti principali sono anni ‘80 e donne non convenzionali, tra cui una protagonista, Ruth, a cui va tutto storto. Ed è proprio questa mancata realizzazione delle proprie ambizioni artistiche, insieme a quelle nella vita privata, che la portano a fare il provino per “GLOW”, uno spettacolo di wrestling ispirato allo show omonimo davvero esistito e andato in onda dal 1986 al 1990.

Ruth è la tipica ragazza della porta accanto che passa inosservata. Il suo sogno è diventare un’attrice, ma le uniche parti che le vengono offerte sono per il ruolo di segretaria, o all’interno di film erotici. E nemmeno in questi casi viene scelta dato che non corrisponde a certi canoni di bellezza.

La sua ricerca di un personaggio vero la porta paradossalmente a trovarlo in “GLOW”, il primo show di wrestling femminile in cui ognuna interpreta un cliché. La differenza è che in questo caso le donne sono padrone dei propri personaggi, decisamente sopra le righe e anche offensivi nei loro atteggiamenti da macchiette, ma lo stile eccentrico dell’intero show fa in modo che tutto finisca per uscirne ridicolizzato.

Una serie sul wrestling in cui si combattono anche gli stereotipi

GLOW cast

Siamo ancora in piena Guerra Fredda, di conseguenza in un programma televisivo la protagonista non può che essere Liberty Bell, la classica mamma americana che ama il proprio Paese e lotta anche lei contro la minaccia sovietica. A interpretarla è un’amica di Ruth, Debbie, una donna che sembrava aver raggiunto i propri obiettivi e che aveva deciso di dedicarsi alla famiglia dopo aver lavorato in una soap televisiva. Almeno finché qualcosa non sconvolge il suo apparente idillio familiare.

Ruth invece non ha un compagno e punta alla carriera, ma non trovando il lavoro dei suoi sogni si lancia con tutta se stessa nella nuova avventura di “GLOW”. Così, se nei provini aspirava a un ruolo non bidimensionale, tanto che a un certo punto aveva deciso di leggere la parte maschile fingendo di aver confuso i nomi sul copione, adesso si trova a incarnare lo stereotipo dell’antagonista per eccellenza, la comunista Zoya La Destroya.

Con il passare degli episodi il loro ruolo all’interno dello show cambia e le diverse protagoniste non si limitano a fare le attrici. Debbie decide di diventare produttrice e avere maggiore controllo. Mentre Ruth sembra interessarsi alla regia, e passare così dall’altra parte della telecamera.

Donne che vanno oltre i ruoli assegnati

GLOW Alison Brie e Betty Gilpin

Inserirsi in questo mondo e in ruoli decisionali è un percorso tutt’altro che semplice. Debbie deve scontrarsi con i pregiudizi e i sensi di colpa di una madre che può vedere il proprio figlio soltanto nei weekend. Queste difficoltà, unite a un carattere molto forte ma che non manca delle sue vulnerabilità, rendono il suo personaggio tra quelli che crescono maggiormente.

Anche Ruth deve imbattersi in situazioni sgradevoli a causa di alcuni atteggiamenti maschilisti. A partire da quello di Sam, il regista dello show, che si dimostra risentito con lei quando cerca di intromettersi nella cabina di regia. Ma soprattutto quello di certi uomini d’affari che pretendono da lei qualcosa in cambio per il finanziamento dello spettacolo.

Dietro alle immancabili tutine sgambate, ai glitter e ai capelli cotonati una delle protagoniste della serie è la forza femminile. Nonostante i costumi succinti indossati dalle wrestler, in questo caso i loro corpi non sono qualcosa da esibire e costringere entro determinati canoni estetici, ma una fonte di potenza in grado di compiere acrobazie inaspettate. La percezione che le protagoniste hanno della propria fisicità cambia molto durante lo show, e con essa si evolve anche l’idea che hanno di sé stesse e di ciò che sono in grado di fare.

“GLOW” racconta il mondo sessista degli anni Ottanta in maniera sincera ma divertente, alternando scene più drammatiche a battute pungenti che rendono la serie molto piacevole da guardare e allo stesso tempo toccante. Le cose non sono mai semplici, e quando sembrano andare per il verso giusto succede qualcosa, o qualcuno compie una scelta inaspettata, che allontana dal desiderato happy ending.

Attenzione ai personaggi femminili, ma non solo

GLOW Marc Maron

Uno dei punti di forza di “GLOW” sono i suoi personaggi, che suscitano sentimenti ambivalenti, rendendo la storia vera. Nonostante una certa simpatia che accomuna tutti, ciascuno di loro finisce per commettere qualche errore che delude lo spettatore, ma che allo stesso tempo lo rende umano. Anche se alcuni avrebbero potuto essere più sviluppati, quasi nessuno resta rinchiuso in quello che inizialmente è lo stereotipo che rappresenta, e ciò avviene sia per le ragazze che per i pochi ma convincenti personaggi maschili.

In particolare, Sam risulta particolarmente interessante. Regista fallito di B-Movie con problemi di droga, all’apparenza è un maschilista come tanti, un uomo rude che tratta le donne sgarbatamente e le usa per i suoi interessi. Se questo in parte è vero, va aggiunto che grazie alla sua ironia il suo è uno dei personaggi più divertenti della serie, e nonostante le sue maniere spesso poco delicate in alcune occasioni si dimostra migliore di altri con l’aria da gentiluomini. Ma soprattutto anche lui matura molto durante le puntate.

“GLOW” era stata rinnovata per una quarta e ultima stagione, ma a causa dei problemi dovuti alla pandemia Netflix ha deciso di cancellare la serie. La speranza è che, proprio come accade nello show, le grandiose lottatrici del wrestling trovino un’altra piattaforma disposta ad accoglierle per il match finale.

Maria Concetta Fontana

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