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Grace di Monaco – Recensione

Grace di Monaco: la vera favola è credere che la mia vita sia una favola

Regia: Olivier Dahan – Cast: Nicole Kidman, Paz Vega, Tim Roth, Frank Langella, Robert Lindsay – Genere: Biografico, colore, 103 minuti – Produzione: USA, 2013 – Distribuzione: Lucky Red – Data di uscita: 15 marzo 2014.

gracedimonaco“Grace di Monaco”, diretto da Olivier Dahan, è ambientato nel 1956, un anno cruciale per la vita della Principessa di Monaco e per le sorti del Principato stesso, che vede messa in pericolo la sua stessa indipendenza dalle minacce di annessione da parte della Francia, ansiosa di appropriarsi dei capitali francesi attratti dal Principato grazie alla bassa imposizione fiscale, che le sono necessari per finanziare la guerra in Algeria. Ne consegue una complessa crisi internazionale, in cui il Principe Ranieri, interpretato da Tim Roth, appare disorientato ed incapace di barcamenarsi tra le numerose pressioni a cui è sottoposto, sul fronte politico e su quello finanziario.

La figura di Grace Kelly, attrice americana algida e bellissima, divenuta sposa del Principe Ranieri di Monaco, viene inizialmente inquadrata di spalle e svelata a poco a poco dall’abile regia di Oliver Dahan, che gradualmente fa entrare lo spettatore in empatia col personaggio, di cui svela le contraddizioni interiori, determinate dal forte contrasto, di difficile composizione, tra due culture e due mondi troppo distanti tra loro: il pragmatismo americano, contro la complicata diplomazia europea. La Principessa vive infatti la frustrazione per l’aver dovuto abbandonare il mondo di Hollywood, di cui era stata la protagonista indiscussa, per essere ‘relegata’ al ruolo di moglie e madre, non apprezzata dalla corte, dai monegaschi e da Ranieri stesso, che le muovono spesso accuse di inadeguatezza. La tentazione di tornare a recitare è forte, specialmente quando Hitchcock, di cui era stata la musa ispiratrice, le propone di interpretare un nuovo film, “Marnie”.

La crisi politica in cui si trova il Principato, tuttavia, richiede il sacrificio delle sue aspirazioni per la ‘ragion di stato’.

In questo scenario complesso, Grace Kelly compie la sua scelta: decide di abbandonare i ruoli cinematografici, per assumere davvero lo status di Sua Altezza Serenissima Principessa di Monaco.

Con questa nuova determinazione riesce non soltanto a riavvicinarsi al marito, ma anche a giocare un ruolo di primo piano nella politica internazionale, guadagnandosi il favore dell’opinione pubblica e contrapponendo alla forza delle grandi potenze ed alla prepotenza degli interessi economici, un ideale di grazia e bellezza alla cui influenza persino il cinico De Gaulle non poté sottrarsi.

Certamente il discorso della Grace/Kidman non è così straordinario da giustificare l’enfasi con cui viene presentato, né si può pensare che potesse essere sufficiente per far desistere la Francia. Il finale risulta pertanto poco credibile e un po’ fiabesco, e il film, nel suo insieme, si rivela privo di grande spessore.

Nicole Kidman offre una buona interpretazione, risultando elegante, ma poco passionale. Tim Roth, al contrario, interpreta un Ranieri piuttosto banale e monocorde, che manca certamente del carisma di un capo di Stato.

Curatissimi i costumi, molti dei quali originali e frutto di meticolose ricerche, altri ricreati per l’occasione dalla Maison Dior, che aveva realizzato quelli dell’epoca, disegnati dall’allora direttore creativo Marc Bohan.

Bella la fotografia di Eric Gautier, che ricorda volutamente le immagini dei film americani degli anni ’60, ed in particolare ricca di richiami ai film di Hitchcock, come quando ripropone la corsa a velocità folle lungo le strade di Monaco o i fuochi d’artificio fuori dalla finestra, scene, queste, tratte entrambe da “Caccia al ladro”.

Isabella Gasparutti

Grace di Monaco – Recensione

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