Nanni Moretti, autore unico ed imprevedibile, è tornato al cinema con un film complesso, stratificato, pieno di suggestioni e possibili chiavi di lettura. Le opere del regista, sceneggiatore e attore romano, ricevono sempre un’accoglienza importante, in Italia così come – e forse, per certi aspetti, ancora di più – in Francia, dove la sua poetica è molto apprezzata, ma allo stesso tempo sanno anche essere divisive e spesso si trovano al centro di invettive e polemiche di vario genere ad opera della stampa e degli spettatori. Il suo nuovo lavoro, allo stato attuale (è ancora al cinema), ha registrato un incasso importante al botteghino, ma in maniera più intensa di tutti gli altri film, in concomitanza con e successivamente all’uscita nelle sale, ha generato numerose spaccature e controversie.
Proviamo ad analizzare i cinque motivi per cui Il Sol Dell’Avvenire ha diviso pubblico e critica.
Non è il solito Nanni…
Il Sol Dell’Avvenire rappresenta un unicum nella carriera di Moretti, è un film con il quale comunica a se stesso e agli altri un nuovo modo di concepire la vita e, ovviamente, il cinema. Tramite la leggerezza delle canzoni e della danza e l’utopia atemporale cui dà vita nella parata conclusiva, che si oppongono alla pesantezza e alla gravosità delle paranoie contemporanee (telefoni e oggetti tecnologici, distanza nei rapporti, Netflix, psicologo, smania capitalistica di futuro), l’autore si libera dalla concezione ossessiva del tempo cronologico e insieme anche dalle strade già percorse e ormai arrugginite della propria intransigenza politica ed emotiva, riesce ad archiviare il moralismo impertinente che lo ha sempre contraddistinto impedendogli ogni forma di dialogo e si mette invece, forse per la prima volta e senza per questo cambiare opinione, in ascolto.
L’inedita postura artistica adottata da Moretti ha certamente spiazzato chi si aspettava che rimanesse del tutto fedele alla solita rigorosa idiosincrasia e ha confuso chi percepiva quest’ultima come un atteggiamento militante di battaglia nei confronti delle questioni da lui non tollerate. Il suo (im)percettibile e gioioso alleggerimento è stato infatti da molti interpretato come un passo indietro o una dichiarazione di resa.
…ma è comunque il solito Nanni
Moretti, in questo film, si porta dietro tutto il bagaglio di citazioni, manie, nevrosi, azioni e gesti appartenenti al proprio cinema (scarpe, nuotate in piscina, palleggi calcistici, critica alla violenza gratuita nel cinema, canzoni italiane). Gioca consapevolmente con questi elementi e si diverte a metterli in scena con ritrovata autenticità, non per cullarsi in una comoda rivisitazione del passato, ma per azionare il motore di una nostalgia generatrice che possa aprire nuove porte e inedite prospettive di visione.
La fetta di pubblico e di critica che solitamente non sopporta i suoi tratti distintivi e allo stesso modo una parte degli ammiratori dell’autore, hanno invece frainteso le sue intenzioni, leggendo questi richiami come un pigro ritorno alle origini e uno stanco riciclo autoreferenziale.
La questione politica
Sin dalle prime pellicole, Nanni Moretti ha costantemente inserito, in maniera più o meno esplicita, le questioni politiche che animavano e tuttora animano il nostro Paese. Ha sempre dichiarato il suo essere di sinistra, senza però mai risparmiare e risparmiarsi (auto)critiche sarcastiche e costruttive. Le sfumature e le contraddizioni sono diventate col tempo fondanti della sua visione politica e del modo in cui ha deciso di trasporla sullo schermo, e questo ha mandato in confusione gli spettatori – in particolare chi è politicamente schierato a sinistra – che vorrebbero da parte sua un allineamento più netto. Coloro che invece si dichiarano lontani dalle sue idee politiche, da anni non perdono occasione per attaccarlo, ignorando che l’autore romano non rappresenta alcun partito né tantomeno una specifica ideologia.
Nel caso de Il Sol Dell’Avvenire, l’ambientazione storica e i riferimenti al Partito Comunista hanno creato nuovamente inutili e pretenziose aspettative. Nel film è certamente importante l’aspetto politico, non a caso Moretti prende in esame un avvenimento – quello dell’invasione sovietica – che forse è alla base della successiva caduta del comunismo, ma la rinascita da lui auspicata, come precisato nel primo punto, assume una forma utopistica e atemporale, spogliata quindi del peso incombente dell’attualità e inoltre, nell’economia della narrazione, l’argomento politico viene completamente sovrastato dalle dinamiche emotive ed esistenziali.
L’attore protagonista
Dopo anni in cui è stato dietro la macchina da presa o comunque in scena con ruoli secondari, ne Il Sol Dell’Avvenire Moretti torna a spadroneggiare come attore protagonista. Il suo modo di recitare è sempre stato – tranne in poche occasioni, come ad esempio in Caos Calmo – sopra le righe o ai limiti del surreale, tanto da disorientare lo spettatore medio – poco abituato a viaggiare fuori dai canoni prestabiliti e i soliti codici interpretativi – e ottenere la disapprovazione di chi predilige un approccio più realistico e credibile, ma in questo film la cifra stilistica morettiana è spinta volutamente all’eccesso: l’esasperante lentezza e la snervante pedanteria con le quali pronuncia le parole, scandisce i discorsi e canta sopra le voci originali dei brani musicali, la scanzonata leggiadria con cui inizia a ballare in corrispondenza dei momenti più austeri del racconto, si pongono in continuità con l’asincronia verso ciò che è contemporaneo e l’intento autocritico riguardo il proprio serioso moralismo (connesso alla volontà di superamento di quest’ultimo).
La complessità
Il Sol Dell’Avvenire è un film nel film nel film, una matrioska meta filmica dall’anima autobiografica che confonde realtà e finzione, creando inevitabilmente diversi livelli di significato e innumerevoli gradi interpretativi. Innanzitutto, il personaggio di Giovanni è un gemello dichiarato del Nanni reale e tutto ciò che ne consegue – sta girando un film politico senza accorgersi che in realtà l’amore è il tema fondante dell’operazione, le sue fissazioni da regista rischiano di compromettere il lavoro e la sua pesantezza di rovinare i rapporti umani, la parata conclusiva mostra i volti degli attori del film di Giovanni ma anche quelli dei film vecchi di Nanni – spinge ostinatamente nella direzione di abbattimento della quarta parete.
Il quadro si complica ulteriormente quando entra in gioco un ulteriore piano narrativo, quello delle opere che Giovanni/Nanni sogna di scrivere e girare: il musical immaginario che racconta la storia d’amore tra due giovani che poi crescono, litigano, si sposano e fanno figli, rappresenta infatti a pieno il desiderio di liberazione che il Moretti uomo e artista concretizza in questa pellicola. Persino il personaggio del ragazzo potrebbe essere inteso come un alter ego attraverso il quale l’autore cerca di ridimensionarsi, per compiere il piccolo ma decisivo spostamento che gli restituisca una sensazione di spontanea leggerezza.
La complessità del film ha sicuramente contribuito all’accoglienza ambivalente ricevuta per mano del pubblico e della critica, ma allo stesso tempo ne ha indubbiamente rafforzato la dimensione autoriale e innovativa, oltre che l’importanza – potenzialmente in crescita di pari passo con la metabolizzazione di quest’ultima da parte degli spettatori – all’interno della carriera dell’autore e più in generale del cinema italiano.
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