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I corpi estranei – Recensione

Nella Milano multietnica, la storia di un padre solo, dedito alle cure del proprio bambino malato

Regia: Mirko Locatelli – Cast: Filippo Timi, Jaouher Brahim, Tijey De Glaudi, Gabriel De Glaudi, Dragos Toma, Naim Chalbi, El Farouk Abd Alla – Genere: Drammatico, colore, 98 minuti – Produzione: Italia, 2013 – Data di uscita: 3 Aprile 2014.

i-corpi-estranei“I corpi estranei”, In Concorso al Festival Internazionale del Film di Roma 2013, è il secondo lungometraggio di Locatelli dopo “Il primo giorno di inverno” realizzato del 2008. Attento particolarmente ai temi legati alla disabilità e all’adolescenza, il regista milanese tenta questa volta il tema della fragilità umana.

La sua storia inquadra il personaggio di Antonio (interpretato dall’istrionico Filippo Timi), un uomo umbro trasferito a Milano per assistere suo figlio Pietro, malato di tumore al cervello. Lì, tra l’attesa per l’operazione e le ansie post intervento, Antonio conosce Jaber, un quindicenne tunisino che si prende cura del suo amico Youssef, ricoverato nella stessa clinica. Essi condividono una simile condizione straziante, anche se c’è un abisso a dividere i due. Jabar è socievole, dolce e disponibile, Antonio è sfuggente, ostile e con preconcetti razziali.

Locatelli sceglie la sua città di origine come location del racconto, ma la sua cinepresa si dipana per lo più all’interno della clinica pediatrica e nella stanzetta nello stesso stabile dove alloggia Antonio (Filippo Timi). Il suo occhio segue costantemente l’uomo, riprendendolo in primo piano, di spalle, a letto, in bagno, perfino mentre mangia e tenta di imboccare il bambino inappetente a causa dell’operazione appena subita. In quell’esperienza già di per sé devastante, ancor più pesante perchè vissuta in solitudine, lontano dalla moglie e dai due figli più grandi, Antonio è costretto a convivere con parenti di malati nelle sue medesime condizioni. Ed è proprio così che conosce Jabar, ragazzo tunisino con il quale si scontra/incontra. Il giovane cerca di attirare le sue simpatie mentre Antonio si dimostra nei suoi confronti chiuso e inospitale, un po’ per la situazione per niente felice che si trova a fronteggiare, un po’ per chiusura nei confronti della cultura araba che gli appare distante. Antonio infatti rifiuta le preghiere del ragazzo e l’uso di unguenti dalle capacità curative. I 98 minuti di pellicola, non fanno che reggersi grazie alla bravura indubbia dell’attore perugino. La possenza scenica di Timi schiaccia la seconda figura maschile, interpretata dall’attore di origine araba.

Siamo davanti a un one-man film; quello che da titolo vorrebbe essere un’analisi tra due individui diversi viene a sembrare un aspetto secondario, marginale. Vi è un’eccessiva concentrazione su Timi.

Il rigore e l’austerità di Locatelli impediscono a questa possibile storia di prendere corpo e sostanza. Qualcosa nell’ingranaggio del film è venuto a mancare. La vicenda dei personaggi non decolla e non presenta un crescendo di pathos, eppure la trama si sarebbe prestata a un’interessante approfondimento sui sentimenti umani. Essa piuttosto si chiude di colpo, apparendo come un aereo che si schianta al suolo. Locatelli non concede nulla di nuovo al pubblico, restando bloccato fino all’ultimo fotogramma in un progetto forse poco sviluppato. “I corpi estranei” appare così incolore e immobile, che non sa né di carne né di pesce.

Giulia Surace

I corpi estranei – Recensione

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