Il 1 Novembre 2017 si è tenuta, nell’ambito della programmazione della Festa del Cinema di Roma 2017, la conferenza sul documentario “McKellen: Playing The Part”, che racconta la vita di Ian McKellen. A presentarlo alla sala, il regista Joe Stephenson e, ovviamente, il meraviglioso attore inglese.
Ian McKellen: la persona meno interessante del mondo (ma solo secondo lui)
La conferenza stampa si è aperta con McKellen che ha ricordato alla sala che nella vita c’è molto di cui ridere, o che almeno bisogna provarci, instaurando da subito un bel dialogo col pubblico. Parlando del documentario, l’attore inglese ha raccontato di aver incontrato Stephenson, il regista, a Londra e che questi gli chiese se volesse fare un documentario su di sè; lui rispose di si. Girare “McKellen: Playing The Part” è stato divertente, seppur azzardato, ma tuttavia ha confessato che non gli piace parlare di se stesso.
Stephenson ha aggiunto che, per fare questo lavoro, visto che McKellen non voleva scrivere la sua autobiografia, ha deciso di interpretarla: la sua storia avrebbe potuto ispirare le persone. L’attore ha ripreso quindi la parola, raccontando che il regista si era recato a casa sua, con la telecamera, e lui era stato per due giorni seduto a parlare di se stesso, la cosa più terribile che ci sia secondo lui: “Sono la persona meno interessante del mondo!” ha scherzato. Quando gli chiedono di raccontarsi si imbarazza, e questo si vede nel film, che tuttavia, ha aggiunto, gli piace. McKellen ha anche ricordato che alla prima proiezione a Londra, aveva visto attorno a se tanti vecchi amici, vecchi amanti, e si era ritrovato in lacrime: l’amicizia, ha aggiunto, conta davvero molto nella sua vita.
Ian McKellen e il tema dell’omosessualità
McKellen ha poi affrontato, a seguito di una domanda, il tema della sua omossesualità: dichiararsi, a detta sua, è stata la cosa migliore che potesse fare, e anche la sua recitazione ne ha tratto beneficio, perchè non doveva più mentire. Non è sempre facile, ha aggiunto, confessare il proprio orientamento sessuale, alcuni temono di poter perdere il lavoro, compresi gli attori come lui: eppure, ha continuato, la sua carriera ha avuto un’impennata dopo essersi dichiarato gay, e quando si reca nelle scuole nel Regno Unito, incoraggia i bambini ad essere gentili, e scopre che a 14 anni alcuni raggiungono quel che lui ha avuto a 49 anni, e questa per lui è una vittoria.
Riguardo, invece, al tema dell’avere figli, McKellen ha ricordato che quando aveva 29 anni per lui era illegale avere rapporti sessuali, quindi figurarsi l’adozione: era un criminale. Adesso invece, ha constatato l’attore inglese, è troppo vecchio. Inoltre, ha aggiunto ironicamente, di essere un uomo egoista e di aver sempre pensato che la cosa migliore dell’essere gay fosse proprio quella di non avere dei figli. Tuttavia, sottolinea, ha un buon rapporto coi giovani.
Ian McKellen tra l’importanza del giusto tempismo e Eduardo De Filippo
Ian McKellen, nel corso della conferenza stampa, ha anche fatto una riflessione sull’essere attore attraverso un piccolo aneddoto: quando era agli inizi della sua carriera e lavorava principalmente a teatro, venne una volta a Roma, a Cinecittà, per fare due provini cinematografici: uno per “Barbarella” con Jane Fonda, e l’altro per vestire i panni di un bandito siciliano. Non ottenne nessuno dei due ruoli. Eppure, ha continuato, se avesse ottenuto quel ruolo da malvivente, magari non si sarebbe trovato dove si trova ora: nella vita bisogna saper cogliere le opportunità, e non bisogna pensare al diventare una star, perchè non c’entra nulla con la recitazione. Per lui è accaduto tutto nella fase giusta.
Restando su territorio italiano, ha raccontato al suo pubblico del suo rapporto con Eduardo De Filippo: “Ah, Eduardo De Filippo.. non è nemmeno italiano, ma napoletano, no?”. Se, come attore, dovesse scegliere una sola cosa che avrebbe voluto fare, sarebbe stata quella di poter lavorare con la compagnia di Eduardo De Filippo.
Non lo ha mai visto sul palco, ma sapeva molto di lui e conosceva le sue opere: una volta, ha ricordato, si trovava a Milano su invito di Giorgio Strehler, e ad un Festival, per qualche motivo, l’altro decise che avrebbe dovuto pronunciare alcuni pezzi presi da “La tempesta” di Shakespeare, in inglese: Strehler aveva ripetuto le battute in italiano, e dal pubblico si era alzato De Filippo, che aveva fatto al stessa cosa in napoletano. Quindi, in un certo senso, aveva lavorato con lui.
Per McKellen Eduardo De Filippo è una figura davvero importante e una grossa parte del suo cuore gli appartiene.
Un lavoro con cui volare per Ian McKellen
Ian McKellen non ha, nella sua carriera, un personaggio a cui è più affezionato o uno che sente più distante da sè: il suo modo di recitare cambia di continuo: prima pensava che recitare fosse indossare una maschera, ma in realtà, ha confessato, ha capito che significa piuttosto ‘rivelare’, non nascondere. E lui recitando rivela l’unica verità, e cioè che sono tutti capaci di fare qualunque cosa: tutti possono essere assassini, innamorarsi, essere crudeli o gentili, sconsiderati o saggi, e lo sa perchè è stato in grado di rappresentare tutte queste caratteristiche nei personaggi che ha interpretato. Con l’immaginazione e la fantasia, ha aggiunto, si può far tutto.
Nel suo lavoro, ha continuato, gli piace diversificare: una volta vestiti i panni di Gandalf, che ha “settemila anni”, che senso aveva fare Silente, un altro mago? Una volta che è stato Magneto, perchè fare un altro film di supereroi? Quel che gli interessa è fare cose nuove e mai fatte prima, che gli risultino difficili da interpretare: se si dice che non saprebbe come fare una certa cosa, allora gira l’adrenalina, e l’ambizione, e aumenta la dipendenza dal regista, e questo è un bene. Nei suoi anni da attore ha fatto parte di tanti progetti diversi, dalla pantomima alle opere di Shakespeare.. gli manca solo il musical, e solo perchè “non so cantare”.
Parlando sempre del suo lavoro, Ian McKellen ha detto di non aver paura di nulla come attore: nella vita ha paura dei politici, dei militari, delle pallottole e della stupidità, ma quando si tratta di lavorare non teme nulla, perchè nell’essere un attore può essere se stesso. Quando recita a teatro o al cinema, ha continuato, è come se si lanciasse da un edificio senza sapere che cosa accadrà: ma col suo lavoro può volare.
Infine, ha raccontato del suo rapporto con la tecnologia, in film come “Il Signore degli Anelli” o “Lo Hobbit“. L’utilizzo del ‘green screen’, ha spiegato, non è molto diverso rispetto alle scenografie a teatro: nel cinema d’altronde è tutto artificiale, non è la vita vera, per cui l’impiego di tecnologia non cambia molto; e, ha confessato, si era trovato a suo agio in quel film che prevedevano l’utilizzo di un ‘green screen’. Per quanto riguarda, però, “Il Signore degli Anelli” la cosa divertente è che loro erano davvero li: era stato trasportato in elicottero, gli era stato dato un letto e un pasto caldo, ma quella era vera neve, vero vento, veri cieli azzurri; per lo più si trovavano davvero in quei posti meravigliosi, ed è stata una delle cose più belle secondo lui.
E alla fine, accontentando il desiderio di qualcuno, ha pronunciato l’iconica frase del suo personaggio Gandalf: “You shall not pass!”, tra le grida entusiastiche e gli applausi scroscianti di un pubblico in delirio.
01/11/2017
Giada Aversa