Recensione
Il bambino nascosto: un film in bilico tra noir e favola nera
Gabriele (Silvio Orlando) è il protagonista della versione cinematografica dell’omonimo romanzo di Roberto Andò, diretto da lui stesso. Lui è un pianista, che ha rinunciato alla sua carriera e vive nascosto nel suo appartamento nel Rione Sanità di Napoli. Di origine borghese, si trova in perfetta solitudine e non ha alcun rapporto con la gente del quartiere. Tutto cambia quando gli entra in casa, a sua insaputa, un ragazzino in fuga dalla sua famiglia. S’intuisce immediatamente che Ciro (Giuseppe Pirozzi) ha fatto dei guai e ha paura dei suoi stessi genitori.
“Il bambino nascosto” affronta il tema della solitudine. C’è quella dell’uomo che ha ripudiato le sue origini, insieme all’altra del giovane guappo. Fondamentalmente, si parla dell’incontro di due mondi diversi, che non si parlerebbero mai se non succedesse qualcosa d’impensabile. Siamo abituati a vedere Napoli nei film e spesso dal basso. L’ha fatto Mario Martone in modo eccellente in “Morte di un matematico napoletano” e in “L’amore molesto” in anni passati e recentemente con in “Il sindaco di Rione Sanità”.
La capitale partenopea è lo scenario perfetto per la Settima Arte. Il discorso vale anche in questo caso. Gabriele è l’uomo di cultura, che è in fuga da se stesso come Ciro che trova in lui una sorta di padre putativo. La famiglia, intesa nel senso più largo della parola, e i traumi da superare sono i temi portanti della narrazione.
Il bambino nascosto: l’incontro di due solitudini
Lo stile della narrazione è quasi da favola nera. La tensione del racconto c’è ma brucia come la brace sotto la cenere. Lentamente, il rapporto tra i due personaggi si rinsalda. Le note musicali del “maestro”, come lo chiamano tutti, diventano la colonna sonora di un inedito noir. La vita di Gabriele viene svelata dalle parole dure dell’algido fratello giudice interpretato da un Gianfelice Imparato in stato di grazia. Arriva poi il colpo di scena, forse un po’ troppo sopra le righe ma essenziale per il plot. Parliamo di omosessualità, elemento spinoso in un film con un bambino. La deriva verso problematiche forti come la pedofilia è dietro l’angolo potenzialmente. Eppure non accade.
Il regista, coadiuvato da un eccellente Silvio Orlando, riesce a mantenere un equilibrio nei toni usati. Il noir c’è ma solo accennato. Il rione Sanità è perfettamente rappresentato, peraltro, da un guappo con ambizioni di musicista interpretato da Lino Musella, ex allievo del maestro. É lui il gancio tra Gabriele e la Napoli della camorra, una nota di colore sgargiante come i suoi abiti. La colonna sonora è un gioiellino e vale tutto il film per un appassionato di musica classica. Tutti gli attori sono incredibili, dal piccolo Giuseppe Pirozzi, alla sua prima parte importante, a Silvio Orlando empatico come non mai. Essenziali, anche se solo apparentemente minori, i personaggi del fratello del pianista e di suo padre, un Roberto Hertilzka che riesce a spiccare anche se solo in un cammeo di pochi secondi.
Ivana Faranda
Trama
- Regia: Roberto Andò
- Cast: Silvio Orlando, Giuseppe Pirozzi, Lino Musella, Imma Villa, Salvatore Striano, Tonino Taiuti, Roberto Herlitzka, Gianfelice Imparato, Francesco Di Leva, Enzo Casertano, Giuseppe Brunetti
- Genere: Drammatico, colore
- Durata: 110 minuti
- Produzione: Italia, 2021
- Distribuzione: 01 Distribution
- Data di uscita: 3 novembre 2021
“Il bambino nascosto” è un film di Roberto Andò presentato al 78° Festival di Venezia Fuori Concorso, tratto dall’omonimo romanzo del regista.
Il bambino nascosto: la trama
Gabriele Santoro vive in un quartiere popolare di Napoli ed è un ex enfant prodige del pianoforte. Ha una cattedra di pianoforte al Conservatorio San Pietro a Majella. Una mattina, mentre si sta radendo, apre la porta per prendere un pacco dal postino. Gli entra in casa un ragazzino del palazzo di nome Ciro che si vuole nascondere da lui. “Il maestro” – così lo chiamano nel quartiere – decide di accoglierlo, trovandosi nei guai con i camorristi locali.
Note di regia
Una storia che si svolge a Napoli, in pochi metri quadrati, quelli dell’appartamento in cui un maestro di pianoforte tiene nascosto un bambino che non conosce. Pochi metri in cui si misurano il senso profondo della vita e la possibilità di amare e di essere amati. Il bambino è figlio di un camorrista e, come accade quando l’infanzia è negata, ignora l’alfabeto dei sentimenti. Il maestro di pianoforte è un uomo silenzioso, colto, solitario. Un uomo di passioni nascoste, segrete. La musica è il suo demone, la sua misura. Toccherà a lui lo svezzamento affettivo di un bambino difficile, un ribelle. Una partita rischiosa in cui, dopo un’iniziale esitazione, si getterà senza remore.