Recensione
Il complicato mondo di Nathalie – Recensione: una finestra aperta sulla crisi di mezz’età
I fratelli Foenkinos offrono una seconda prova godibile, radiografia di una donna di mezz’età e i propri vacillamenti emotivi. “Il complicato mondo di Nathalie” non sbaglia e non s’impantana, ma scalfisce meno di quanto si possa immaginare.
Il titolo originale dell’opera, “Jalouse”, metteva in guardia lo spettatore su quale potesse essere o meno il motore della narrazione: gelosa è la protagonista (Karin Viard), immerso nell’ansia tormentosa del sentimento è tutto quello che nella pellicola sembra essere sottaciuto (un complesso di Elettra mai formalmente risolto).
Con il nuovo lavoro dei fratelli Foeninkos, tanto più necessario pare un ritorno a un’etimologia diversa della parola, a quella “gelosia” che non è solo sospetto straziante, ma cosa più concreta e prosaica: un particolare tipo di serramento di finestre, graticolato. Si pensa che il termine rimandi al fatto che le donne possano guardare, osservare senza essere a loro volta percepite, in un gioco voyeuristico e sottile.
Questo il problema in nuce de “Il complicato mondo di Nathalie”: una struttura ben congegnata, che apre su uno spazio altro – e ben permette di scandagliare la psiche della protagonista -, ma che separa, divide, non consente l’avvicinamento. Il diaframma che viene posto tra spettatore e opera nega una qualsiasi sorta di stiracchiata empatia, anzi amplifica un generale sentimento di tiepida indifferenza verso quella che si voleva proporre come opera ibrida strutturata in dramma.
I tre atti – di un film che è catabasi quasi compiaciuta della protagonista, donna poco amabile ma dai tratti brillanti – si dilatano in tempi forse anomali e imprecisi, ma fondamentalmente corretti. La prima parte si sbroglia in modo convincente, appoggiandosi a un’ironia pungente e non prevedibile, seminando minuzie che traghetteranno progressivamente verso il dramma. Quest’ultimo coincide con l’esacerbarsi del conflitto tra Nathalie e sua figlia, ballerina talentuosa; si susseguono esplosioni e liti, un tentato omicidio da cui la protagonista emerge dilaniata.
Il complicato mondo di Nathalie – Recensione: studio analitico di una anti-eroina
È opera prettamente novecentesca, quella dei fratelli Foenkinos: la donna dipinta, in tutti i suoi chiaroscuri e contorni aguzzi, porta in sé voci diverse e dissonanti; è l’anti-eroina, sgradevole e puntuta, che cerca di riassemblare una propria identità, inesorabilmente perduta. Il punto di forza e il baricentro della pellicola risiedono proprio in questa scelta: allontanare la patina artificiosa delle eroine melò francesi (figura ingombrante pare ancora oggi l’Amélie interpretata da Audrey Tautou) e incuneare la narrazione sulle complessità di una donna lontana dall’idillio romanzato.
Altrettanto disarmonica la struttura, confezionata alla perfezione nelle sue più piccole unità, ma fondamentalmente collage macchinoso e enciclopedico. Mancano i fili che uniscano scene logicamente giuste, ma poste in sequela in maniera didascalica: il cinema dei due registi è pedissequamente cerebrale, difetta anzitempo di una radice di umanità. Più semplicemente, non accende la fiamma. Tutto si incastra, nulla straborda – e nemmeno esplode davvero -, eppure la pellicola risulta strozzata da quel raziocinio che è struttura portante del racconto. Un rimando dovuto è quello a Robert Burton, medico che nel 1621 pubblicò “Anatomia della malinconia”, lavoro sofferto in cui si cercava di catalogare il sentimento malinconico in ogni sua diretta emanazione e sfaccettatura. Questa l’operazione che meno convince de “Il complicato mondo di Nathalie”: uno studio analitico che asfissia la narrazione e il piacere genuino dell’esperienza estetica.
Karin Viard, magnetica, catalizza la narrazione e ne sostiene il peso. Attorno a lei si staglia il vuoto: persino Anne Dorval (ormai attrice feticcio della filmografia di Xavier Dolan), nei panni dell’amica altrettanto travagliata di Nathalie, risente di una sceneggiatura che è abito su misura per la Viard. Quest’ultima assembla un proprio sistema solare, attorno a cui gravitano performance corrette ma dimenticabili; nega l’accesso a chiunque si avvicini eccessivamente al suo centro d’attrazione. Il fulcro, che si voglia o meno, rimane lei e lei soltanto: una donna che patisce la solitudine e non ne processa i meccanismi, amabilmente imperfetta e turbolenta.
Simone Stirpe
Trama
- Titolo originale: Jalouse
- Regia: David Foenkinos, Stéphane Foenkinos
- Cast: Karin Viard, Dara Tombroff, Anne Dorval, Thibault De Montalembert, Bruno Todeschini, Anaïs Demoustier
- Genere: Commedia, colore
- Durata: 102 minuti
- Produzione: Francia, 2017
- Distribuzione: Officine UBU
- Data di uscita: 11 ottobre 2018
“Il complicato mondo di Nathalie” è una commedia a cura dei fratelli Foenkinos che racconta le vicende di Nathalie Pêcheux, una professoressa divorziata e madre attenta che si trova ad affrontare una nuova fase della sua vita: la gelosia nelle relazioni e il suo cambiamento dopo i 50 anni.
La donna ha sbalzi d’umore frequenti, non si sente considerata dalle persone attorno a lei e il sarcasmo pungente è l’arma che preferisce utilizzare. La giovane figlia Mathilde, ballerina di danza classica, i suoi amici, i colleghi, l’ex marito e addirittura i vicini di casa hanno di fronte una nuova Nathalie, che cerca di trovare un posto nel mondo ritrovando se stessa tra i vari tuffi nel suo passato.
Il complicato mondo di Nathalie: i fratelli Foenkinos mostrano la fragilità umana con ironia e sarcasmo
L’intento dei due registi francesi, David e Stéphane Foenkinos, è quello di mostrare una donna alle prese con la sua seconda adolescenza, presentandoci varie emozioni come l’invidia, la frustrazione, il desiderio di essere amata follemente e il complesso rapporto madre-figlia, in cui la protagonista rivede la giovinezza passata e il suo inesorabile declino.
Nathalie è un personaggio complesso, un ritratto della donna dei nostri giorni alle prese con il proprio io e con problematiche tipiche dell’universo femminile moderno.
La talentuosa Karin Viard (“Benvenuti… ma non troppo“), nei panni della protagonista, ha ispirato i fratelli registi per il personaggio principale, capace di mostrare al pubblico una grande naturalezza nell’interpretazione, tanto da essere oramai un volto noto del cinema francese essendo stata candidata ai Premi César già negli anni ’90.