Il Miracolo – Recensione: l’opera prima di Ammaniti va oltre qualsiasi ritratto
Niccolò Ammaniti conferma ancora una volta la sua arte di saper indagare, e di conseguenza poi mostrare a noi, la mente e l’animo umani. Che sia una penna o una macchina da presa, l’autore riesce a lasciare il segno con crudezza, efficacia e un profondo senso di realtà.
Il Miracolo: il pesante fardello della domanda
Avete presente l’angoscia in “Io non ho paura”, la crudezza in “Come Dio comanda” e la fragilità in “Io e te”? Ecco, Ammaniti non tradisce se stesso né il suo stile e il suo incredibile modus operandi di indagine della coscienza e ci presenta in “Il Miracolo” un mosaico di anime che si ritrovano, con tutti i loro innumerevoli problemi interiori e non, a concorrere verso la risoluzione di un’indagine comune: spiegare l’inspiegabile.
Che voi siate credenti o no non importa, come non importa che non lo siano Sandra e Fabrizio e che lo sia Marcello. “Il Miracolo” supera qualsiasi etichetta e suggestione: non è di certo una serie sulla fede, né intende porre questioni a riguardo. La statua della Madonna al centro di una piscina vuota, costantemente lacrimante di sangue, non è altro che un mezzo per porre domande sull’esistenza. E proprio tali domande sono le più difficili e, con una forza e potenza senza paragoni, vengono sbattute in faccia allo spettatore che arriva alla fine dei primi due episodi chiedendosi “e ora cosa succede?”. Questa domanda non sarà posta però, come succede per qualsiasi serie televisiva, verso gli eventi quanto verso i personaggi e allora muterà in “e adesso ai protagonisti cosa accadrà?”.
Il Miracolo: una narrazione d’autore
La narrazione si presenta costruita in modo impeccabile, con innumerevoli colpi di scena (salterete dalla sedia nel vedere, dopo 50 minuti di assurdità della notte, Marcello tenere una messa) e immagini di intensità profonda, con dei primi piani che ricordano le descrizioni di alcuni passi dei romanzi dello stesso Ammaniti. Seppur con un mezzo differente, l’autore arriva a darci le chiavi di entrata per la mente dei protagonisti ed è così (apparentemente) soddisfatta la nostra sete di conoscenza.
Ma “Il Miracolo” non presenta un protagonista e cercarne uno ridurrebbe l’eterogeneità di personalità che lo schermo ci presenta. Ammaniti offre una particolare caratterizzazione ad ognuno di loro, senza fare eccezioni o senza far trasparire una preferenza. In questa non-comprensione del reale e di ciò che accade, sono tutti sullo stesso piano: Fabrizio, con il suo ateismo vacillante; Sole, con la sua irrequietezza nevrotica e a tratti fastidiosa; Marcello, con i suoi atteggiamenti poco ortodossi; Clelia, con il suo strano carattere investigativo. Tutti sono uniti da un filo invisibile: la necessaria e insoddisfatta necessità di dare risposte alle nostre domande.
Il Miracolo: un prodotto di alta qualità
Due episodi sono forse pochi per definire la qualità di un prodotto ma sono abbastanza per poter affermare che ci troviamo di fronte ad un qualcosa che difficilmente ci viene offerto dal medium televisivo. “Il Miracolo” non delude le alte aspettative che si sono formate intorno all’attesa della nuova serie targata Sky Atlantic, che si distacca incondizionatamente dai soliti prodotti a sfondo violento a cui generalmente ci troviamo di fronte.
Qui siamo su un altro piano: la firma di uno scrittore c’è e si vede. Si vede poi che questa firma appartiene ad Ammaniti, contraddistinto e noto per le sue storie mai banali, che riescono a sorprendere e lasciarci qualcosa in più. Chissà che, con la messa in onda delle altre puntate, lo scrittore non decida di darci anche le risposte che ci poniamo dopo la visione di “Il Miracolo”. Chissà se dopo l’interminabile notte (del primo episodio), arrivi il giorno e la luce del sole a illuminare le crisi esistenziali dei personaggi. Un po’ come sentiamo cantare Jimmy Fontana nella sigla, “Il mondo non si è fermato mai un momento. La notte insegue sempre il giorno, e il giorno verrà”.
Claudia Pulella