Recensione
Il potere del cane: un western noir di Jane Campion
La regista neozelandese Jane Champion (premiata per la Miglior Regia al Festival di Venezia 2021 con questo lavoro) introduce, sin dalle prime immagini di “The Power of the Dog”, i suoi personaggi, portando lo spettatore in uno sperduto ranch del Montana. I due fratelli Phil (Benedict Cumberbatch) e George (Jesse Plemons) non possono essere più diversi. Il primo è carismatico ma brusco, l’altro gentile e insicuro. Il loro rapporto difficile si complica con il matrimonio di George con la vedova Rose.
La narrazione divisa in capitoli è lenta. Dopo i grandi paesaggi aperti e le mandrie portate da rudi cowboys il registro cambia. L’arrivo di Rose segna l’inizio di una cupa tragedia ambientata in una casa scura e ricca nel mezzo del nulla.
Tra la nuova coppia e il fratello-padrone Phil la tensione è in crescendo con dialoghi secchi e musica di piano e chitarra suonata da un uomo e una donna che si attraggono e si detestano allo stesso tempo. Come in “Lezioni di piano”, chi sembra rozzo non lo è affatto. Dietro il cinismo di Phil ci sono dei segreti, che verranno fuori con l’arrivo del figlio di Rose interpretato da Thomasin Mackenzie, un ragazzo effemminato e fragile che diventa il deus ex machina della storia.
Il potere del cane: una storia che Jane Campion aveva nel cuore da tempo
C’è un romanzo dietro “Il potere del cane” la matrice letteraria è palese. In più, c’è il linguaggio cinematografico per immagini, di cui la regista è maestra. I grandi scenari aperti del Montana sono il teatro open air di un cast da urlo. Kirsten Dunst nella sua bellezza pervasa da malinconia riempie lo schermo ed è l’antitesi perfetta alla maschera drammatica di Benedict Cumberbatch, un uomo che nasconde il suo vero essere dietro la patina di sporco che lo copre per tutto il film. È lui, Phil, il personaggio più forte della storia, un antieroe destinato a soccombere. La sua ossessione per Bronco Bill, leggendario cowboy degli anni ’50, è solo una copertura di facciata, come si può intuire quasi subito. C’è qualcosa di “Vento di passioni” di Edward Zwick, ma anche di “Brokeback Mountain” di Ang Lee in “Il potere del cane”.
Jane Campion, con la sensibilità che la caratterizza, riesce a raccontare un universo che sembra arido come le montagne del Montana in estate. Invece, c’è tanto dolore e buio nel cuore di questi uomini che per definizione non provano sentimenti. Senza svelare troppo, come in una tragedia shakespeariana, il cerchio si chiuderà. Una colonna sonora efficace, forse anche un pizzico invasiva, enfatizza i momenti clou di questo film distribuito da Netflix da vedere assolutamente in lingua originale e sul grande schermo se possibile.
Ivana Faranda
Trama
- Titolo originale: The Power of the Dog
- Regia: Jane Campion
- Cast: Benedict Cumberbatch, Kirsten Dunst, Jesse Plemons, Thomasin McKenzie, Keith Carradine, Frances Conroy, Kodi Smit-McPhee, Adam Beach, Peter Carroll, Karl Willetts
- Genere: Drammatico, colore
- Durata: 136 minuti
- Produzione: Australia/Nuova Zelanda,2021
- Distribuzione: Lucky Red
- Data di uscita: 17 novembre 2021
“Il potere del cane” è un film in concorso alla 78ª Mostra del Cinema di Venezia, grazie al quale la regista Jane Campion ha ottenuto il premio per la Miglior Regia. La Campion è stata la prima donna a vincere la Palma d’Oro a Cannes nonché l’Oscar per la Miglior Sceneggiatura con “Lezioni di piano”. Alla regista il Lido di Venezia aveva già portato fortuna. Nel 1990, ancora agli esordi con “An Angel at My Table” vinse infatti il Leone d’Argento.
Il potere del cane: la trama
Due fratelli del Montana, Phil (Benedict Cumberbatch) e George Burbank (Jesse Plemons), molto diversi tra loro, si contendono l’amore della vedova Rose (Kirsten Dunst ). Quando il secondo dei due la sposa, l’altro inizia una subdola guerra contro di lei usando il figlio Peter (Kodi Smit-McPhee).
Un film su torbidi rapporti familiari ambientato nel selvaggio West
“Il potere del cane” è tratto da un romanzo di Thomas Savage del 1976 ed è targato See-Saw Films. Si tratta di
una produzione Netflix che non ha voluto presentarlo a Cannes per non farlo uscire prima in sala. La colonna sonora è
stata scritta da Jonny Greenwood, componente della rock band Radiohead e candidato all’Oscar per la colonna sonora de “Il filo nascosto” di Paul Thomas Anderson. La regista neozelandese per la prima volta nella sua carriera mette al centro di un suo lavoro dei personaggi maschili raccontandoli con una sensibilità molto femminile. La protagonista Rose (Kirsten Dunst) recita accanto Jesse Plemons suo compagno nella vita.