Il panorama documentaristico attuale offre narrazioni di grande rilevanza culturale e sociale. Tra i titoli di spicco, “I Soprano – La vera storia di Alex Gibney” e “La vittima invisibile: il caso di Eliza Samudio” mettono in luce drammi personali e collettivi che evocano emozioni forti. Questi documentari non sono solo interessanti per gli appassionati di cinema e della cultura pop, ma si rivelano anche cruciali per comprendere fenomeni più ampi legati alla violenza e alla psicologia umana.
Il ritorno nell’universo di I Soprano
Il documentario “I Soprano – La vera storia di Alex Gibney”, visibile su Now TV, si apre con un momento iconico della serie: il gangster Tony Soprano, interpretato da James Gandolfini, si prepara alla sua prima seduta di psicoanalisi. La narrazione incapsula l’essenza di ciò che rende “I Soprano” una serie storica. Le immagini della finzione si sovrappongono a quelle del creatore David Chase, creando un ponte tra la realtà e la finzione. Non è solo un omaggio alla serie, ma una vera e propria analisi psicologica e cinematografica di una delle opere più inquiete e celebrate della televisione.
Alex Gibney, acclamato regista vincitore del premio Oscar per “Taxi to the Dark Side”, interroga Chase su vari aspetti che hanno influenzato la creazione della serie. Si viene a conoscenza del background di Chase, cresciuto nel tumultuoso New Jersey degli anni ’60, con una madre invadente e un padre ambizioso. Attraverso aneddoti personali, il documentario svela come la vita del creatore abbia influenzato profondamente la figura di Tony Soprano.
La prima parte del documentario è dedicata ai sogni giovanili di Chase e ai suoi tentativi di entrare nelle università prestigiose, culminando in un rifiuto da Princeton. L’introduzione di registi come Jean-Luc Godard e Federico Fellini nella sua vita accademica segna un cambiamento: l’idea di raccontare una storia di gangster in modo innovativo, lontano dagli stereotipi. Il progetto iniziale, incentrato sul conflitto tra una figura paterna asfissiante e il protagonista, si evolve quando le sue note di lettura si intersecano con il mondo del cinema gangster. Con la rielaborazione del copione, l’HBO coglie l’opportunità di sviluppare una serie che cambierà per sempre il panorama televisivo.
La complessità di un cast indimenticabile
Nella seconda parte del documentario, viene esaminato il rapporto tra James Gandolfini e David Chase durante le sei stagioni de “I Soprano”. Questo legame è caratterizzato da tensioni creative e professionali, con Gandolfini che rappresenta un potente simbolo della lotta tra l’essere un attore di successo e il personaggio tormentato che ha interpretato. Anche il co-protagonista Michael Imperioli, noto per il suo ruolo di Christopher, aggiunge un tocco di leggerezza con un aneddoto divertente: a un certo punto, commenta ad alta voce il suo provino, esprimendo aperta incredulità sul fatto che Chase, non italiano, potesse sapere qualcosa di mafia. La reazione di Chase, che ascolta la conversazione dalla stanza accanto, è un chiaro esempio dei rapporti tumultuosi che caratterizzano il set.
Il cast è ulteriormente arricchito da testimonianze di altri attori come Lorraine Bracco, Dea de Matteo e Edie Falco, ognuno con i propri ricordi e aneddoti. Steven Van Zandt, noto anche come Little Steven, si rivela incredulo per essere stato scelto come attore, ma l’ammirazione che Chase prova per lui dimostra quanto fosse visionario nel suo approccio. La durata delle due puntate del documentario, quasi tre ore, stimola l’immaginazione del pubblico, lasciando presagire che una tale esplorazione potrebbe durare ben oltre il tempo assegnato.
La vittima invisibile: un dramma della vita reale
A differenza del documentario su “I Soprano”, “La vittima invisibile: il caso di Eliza Samudio”, disponibile su Netflix, si sposta in un contesto di crimine reale e drammatico. Questo lungometraggio documentario, diretto da Juliana Antunes, racconta la tragicomica storia di Bruno Fernandes, portiere del Flamengo, e del suo complicato legame con Eliza Samudio. La vicenda ebbe origine nel 2010, quando la fidanzata incinta di Bruno iniziò a protestare in diretta, sollevando i primi segnali di una storia destinata a sfociare in violenza e tragedia.
Il documentario trascina lo spettatore in un vortice di eventi inaspettati. Attraverso una narrazione che mescola eventi del passato e interviste contemporanee, si esplorano le dinamiche relazionali di una giovane madre minacciata e infine scomparsa. Nonostante il materiale trattato sia cupo, il documentario riesce a mettere in risalto la figura di Eliza, creando un delicato ritratto della vittima e ponendo l’accento sulla necessità di smuovere le coscienze e affrontare il tema della violenza di genere. La direzione di Antunes, caratterizzata da una sensibilità rara, offre uno spaccato agghiacciante e toccante nello stesso momento.
Il finale del documentario si rivela angosciante e, senza voler rivelare eccessivi dettagli, sottolinea l’importanza di riflessioni profonde e costanti su tali drammi. La triste vicenda di Eliza Samudio rappresenta non solo una cronaca nera, ma un invito a considerare la vulnerabilità delle donne e il loro diritto a essere ascoltate.
I due documentari, pur nei loro contesti diversi, pongono l’accento sul potere del racconto e sulla necessità di non dimenticare le storie di sofferenza e resistenza umana.