In occasione dell’anteprima romana del film “Il Signor Diavolo” di Pupi Avati, il regista, il co-autore e produttore Antonio Avati e parte del cast, tra cui Massimo Bonetti, Lino Capolicchio, Gabriele Lo Giudice, Alessandro Haber e Chiara Caselli, hanno presentato la pellicola alla stampa.
Il Signor Diavolo: ritorno al “genere” d’autore
Pupi Avati ha fatto la storia dell’horror nostrano. Ancora oggi, a quarantatré anni di distanza dall’uscita, il suo capolavoro, “La casa dalle finestre che ridono” è impresso indelebilmente nella memoria degli estimatori del genere. Dopo una lunga parentesi dedicata alla regia di fiction televisive, il maestro è finalmente tornato a realizzare un film per il cinema. Il suo nuovo lungometraggio sembra riemergere direttamente da quegli anni ’70 che sono stati l’epoca d’oro dell’horror italiano.
“La storia di questo film meritava di essere raccontata” ha spiegato Pupi Avati. Il film è ambientato negli anni ’50, all’epoca in cui il regista era un adolescente e faceva il chierichetto in una chiesa nella campagna emiliana. Con questo film, voleva raccontare la paura del buio e la superstizione che dominavano la religione dell’epoca.
Nell’immaginario con il quale Pupi Avati si è formato, nella sua adolescenza, il sacerdote saliva sul pulpito per pronunciare omelie minacciose. Egli metteva in guardia i parrocchiani parlando del diavolo e del male. Ed è proprio quella paura per il sacro che il regista voleva raccontare nel suo film. Quel “demonio” nei cui confronti bisogna alzarsi in piedi, come in segno di rispetto per qualcosa che, seppur maligno, fa comunque parte di una “sacralità” più grande di noi.
Il Signor Diavolo: il “male”, presente e passato
Per Pupi Avati, l’importanza di raccontare il passato va ricercata nel confronto con il presente. Secondo l’autore, l’uomo ha compiuto enormi progressi sotto molti campi, ma il “male” ancora non è stato debellato. Nel film, ha voluto rappresentare il Diavolo come un’entità che può essere ovunque e annidarsi in chiunque, anche negli animi più insospettabili.
I film di “genere”, ha asserito, negli anni ’70 hanno portato grande risalto e visibilità al cinema italiano. Basti pensare a Sergio Leone, che è diventato un autore riconosciuto e venerato nel mondo grazie al “western”, un genere ritenuto ancor più di nicchia, se possibile, rispetto all’horror. Oggi, invece, realizzare un film di genere nel nostro paese è quasi una scommessa. Le produzioni italiane scelgono di puntare sempre sulle commedie. Per poter richiamare le stesse atmosfere dei suoi film più famosi, Pupi Avati è ricorso a degli attori riconoscibili, a volti già presenti in più occasioni nella sua filmografia. Anche l’autore delle musiche è lo stesso di uno dei suoi film più famosi. In questo modo, ha voluto dare al film un’identità, un po’ come un marchio di fabbrica, che fosse ben riconoscibile.
Lino Capolicchio ha raccontato che l’ultimo giorno sul set, Pupi Avati, poggiandogli una mano sulla spalla, gli ha confessato: “sono passati 40 anni da “La casa dalle finestre che ridono“, e non ce ne siamo accorti”.
Il Signor Diavolo: il “diavolo” è nei dettagli
“Quando realizzi un film dove il racconto è inverosimile”, ha spiegato Pupi Avati, “devi necessariamente inserire dettagli che lo radichino nella realtà”. All’epoca, ad esempio, i capelli si lavavano molto più raramente, per questo Antonio Avati ha voluto inserire in sceneggiatura la battuta sulla forfora nei capelli del protagonista.
Anche per gli attori, lavorare con un maestro come Pupi Avati è stato molto stimolante. Ha usato costantemente l’ironia per rendere piacevole l’esperienza sul set, eppure ha spinto i suoi interpreti a raggiungere un livello di profondità e di “verità” che raramente viene richiesto. Chiara Casaletti ha ricordato come lui le abbia dato tre indicazioni, apparentemente banali, che sono state la chiave di volta per la sua interpretazione: “devi fare paura“, “mantieni la voce bassa” e “parla in dialetto veneziano“.
Il film sarà distribuito ad agosto in circa 200 copie, all’interno del progetto “MOVIEMENT“, che quest’anno vuole veder uscire, anche in estate, film di primo piano nelle sale cinematografiche. Proprio per questo la promozione è partita con ampio anticipo rispetto all’uscita. Non resta che attendere per vedere se la scommessa sarà vinta.
Nicola De Santis
22/07/2019