“Il Trono di Spade”, “Game Of Thrones” in versione originale, è una serie televisiva statunitense di genere fantastico prodotta da HBO, creata da David Benioff e D.B. Weiss sulla base del ciclo di romanzi “Cronache del ghiaccio e del fuoco” di George R.R. Martin; vincitrice di due Emmy Award nel 2015 e nel 2016 per la Miglior serie tv drammatica, debutta sul piccolo schermo il 17 aprile del 2011 sul canale via cavo HBO.
La settima stagione di “Il Trono di Spade” è andata in onda dal 16 luglio 2017; in Italia gli episodi sono stati trasmessi in lingua originale sottotitolata in contemporanea con gli Stati Uniti, mentre dal 24 luglio sono stati mandati in onda anche in versione italiana.
“Il Trono di Spade 7” – Recensione: ritorno a Westeros
La stagione 6 di “Il Trono di Spade” aveva lasciato gli spettatori con il fiato sospeso: le ultime scene, infatti, vedono Jon Snow proclamato Re del Nord dalla piccola (quanto temibile) Lady Mormont, appoggiata poi da tutti gli altri nobili delle casate del Nord; Cersei Lannister, seduta sul Trono di Spade, viene incoronata regina dei Sette Regni dopo la prematura morte del figlio Tommen; infine, Daenerys Targaryen, insieme al suo fidato Tyrion Lannister , ai suoi collaboratori, e soprattutto al suo immenso esercito di Immacolati e di brutali guerrieri Dothraki, attraversa il mare su gigantesche navi alla volta di Westeros, mentre i suoi tre draghi le volteggiano sopra.
Con i personaggi tutti finalmente riuniti nel continente di Westeros, ci sono quindi le premesse per una stagione densa di avvenimenti e colpi di scena: tra le battaglie per sedere sul bramato Trono di Spade, tra inganni (vi dice nulla il nome di Lord Petyr Baelish?), amici ritrovati, famiglie ricongiunte e famiglie spezzate, non mancano certo azione e colpi di scena. Ma una minaccia più grande, che viene dal Nord della grande Barriera, incombe su tutti quanti, e potrà forse trasformare quella che è sempre stata una battaglia per il trono in una guerra per la vita, dove il nemico è implacabile e inarrestabile; una guerra in cui, per capire chi è davvero il nemico, ci si dovrà domandare “respira ancora?”.
“Il Trono di Spade 7”: una stagione particolarmente veloce
Con la dovuta premessa che “Il Trono di Spade” continua ad essere una serie spettacolare, imponente quanto travolgente, per questa settima stagione si possono fare alcune piccole considerazioni che certo non vanno a sminuire il valore della serie, ma fanno notare, una leggera correzione di rotta da parte dei due autori Benioff e Weiss.
A volersi lanciare nell’impresa di rivedere tutte le stagioni di “Il Trono di Spade”, dalla prima alla settima (impresa non da poco: si tratta di sei stagioni da dieci episodi con lunghezza variabile, ma che si aggira per lo più intorno ai 50/60 minuti, più la settima stagione che conta “solo” 7 episodi, ma di lunghezza leggermente maggiore, con il finale di stagione che arriva a sfiorare addirittura gli 81 minuti), si riesce a notare un cambiamento nell’approccio alla storia: se nella prima stagione gli episodi erano molto più “narrativi”, con una certa attenzione per l’approfondimento psicologico dei personaggi, un’eredità senza dubbio raccolta dal romanzo di Martin, in questa settima stagione c’è più una corsa alle armi e all’azione, con avvenimenti che, a volte, sono quasi un “mordi e fuggi”.
D’altronde, giunti alla settima stagione, “Il Trono di Spade” ha superato la sua matrice letteraria: in altre parole la serie televisiva racconta avvenimenti che però non sono ancora stati descritti da Martin; e forse è questo che manca un po’ alla settima stagione, un sostegno dal romanzo che la aiuti a distendere l’azione e a narrare di più. È anche vero, tuttavia, che in questa settima stagione lo spettatore non ha un attimo di tranquillità, ragion per cui, come era sempre stato, al comparire dei titoli di coda al termine dell’episodio, si ritrova con gli occhi sgranati a desiderare di poter vedere immediatamente cosa succede dopo. Quindi, alla fine dei conti, questa velocizzazione della storia non si può certo definire un errore o, peggio, un orrore da parte dei due autori.
“Il Trono di Spade 7”: tra inganni e depistaggi
Fin dall’inizio Martin, Benioff e Weiss ci avevano insegnato a non cedere alla facile illusione che un personaggio sia “al sicuro” solo perché considerato importante: le morti, spesso atroci, di personaggi ritenuti principali solo perché su di loro si reggeva parte della narrazione (vedi alla voce: Ned Stark) non si contano certo sulle dita di una mano, e nel corso di sei stagioni gli autori hanno mietuto vittime su vittime.
Ma se i personaggi sono abbastanza scaltri, o fortunati, da riuscire a sopravvivere, riescono anche a maturare, crescere e imparare qualcosa, sorprendendoci: il solito gioco di intrighi orchestrati da vari personaggi si dipana per tutti i sette episodi, e non si capisce chi è davvero che tiene in mano le redini del gioco. Forse nessuno di loro. E tra le varie trame di inganni, diventa facile per lo spettatore cadere nella rete degli autori e credere alle false piste che gli vengono presentate e spacciate per vere: ed è proprio quando si pensa di saperla ormai lunga, di aver capito com’è che funziona il gioco, quando già scuotiamo la testa sconsolati, increduli di fronte all’ingenuità dei nostri amati personaggi (uno in particolare…) che non vedono ciò che è chiaro ai nostri occhi, che veniamo sopresi, e scopriamo che siamo noi i veri ingenui. Alcuni personaggi sono cresciuti, sono maturati, e riescono ad uscire dagli schemi di comportamento che davamo ormai per scontati, portandoci a rivalutare la nostra opinione su di loro, e così facendo, ci portano a rimettere in discussione tutto ciò che davamo ormai per vero.
Sarà quindi meglio aspettare di vedere l’ottava stagione, prima di dare giudizi affrettati su alcune scelte dei personaggi; perché, ormai lo sappiamo, a Westeros non tutto è come sembra.
05/10/2017
Giada Aversa