“Il Trono di Spade” è stato un fenomeno mondiale, con punteggi altissimi e ascolti mai visti. Trasmesso in contemporanea con gli Stati Uniti, atteso e oggetto di discussione e divertenti operazioni di marketing, sarà difficile trovare uno show che abbia lo stesso seguito. Per quanto il pubblico sia stato in parte diviso dopo l’ottava e ultima stagione, i dubbi che sia la peggiore rispetto agli altri capitoli, sono pochi. Non era facile concludere un viaggio del genere, e accontentare tutti era impossibile, ma, tra gli aspetti negativi dell’epilogo non c’è solo la trama, ma tutti quegli altri elementi che rendevano “Il Trono di Spade” un capolavoro. Dalla tecnica fortemente cinematografica all’ottima sceneggiatura, da epiche scene di combattimento a una scenografia che lasciava senza fiato, la serie HBO è entrata nel cuore di milioni di spettatori, deludendone più della metà nella primavera del 2019.
Ecco 5 motivi per i quali l’ottava stagione è la peggiore della serie “Il Trono di Spade”
1. La follia di Daeneyrs
Dei sentori c’erano: qualche elemento poteva suggerire, fin dalla prima stagione, che Daenerys avrebbe agito in modo avventato. Alla fine puntava più sul terrore e sulla paura per ottenere il potere, invece che sulla clemenza, la misericordia e la liberazione del mondo dalla schiavitù. Ma la sua evoluzione è troppo rapida e si sussegue in maniera evidente solo negli ultimi episodi che compongono l’ottava stagione. Nel giro di pochi giorni l’unica possibilità, come diceva Tyrion, di costruire un mondo migliore si trasforma in un massacro. La Madre dei Draghi diventa una folle e vendicativa regina che, con il suo unico drago rimasto, incenerisce decine di migliaia di innocenti. Civili che probabilmente l’avrebbero accolta molto più di quanto accettassero Cersei Lannister. Considerando la terribile esecuzione di Missandei, a favore della rabbia di Daenerys, basta quella scena a giustificare la sua scelta di diventare un sovrano opposto a ciò per cui aveva lottato? Da quando è pronta a uccidere il fratello nel primo capitolo, ad alcune esecuzioni per affermare la sua supremazia, nell’ultimo stagione di “Il Trono di Spade”, improvvisamente uccide senza pietà chiunque non si pieghi al suo volere. Il sentore, appunto c’era, ma troppo vago e lontano. Se la sua evoluzione fosse stata un po’ più visibile, disseminando elementi nel corso delle stagioni, forse sarebbe risultato un pericolo imminente, un’amara consapevolezza, e invece è del tutto incoerente con il personaggio, uno dei più cresciuti e cambiati nelle otto stagioni dello show.
2. L’assenza di pathos
Jamie e Bran che si rincontrano, Sam che rivela a Jon la sua identità e lui che a sua volta lo svela a Daenerys, Tyrion che scopre che Jamie e Cersei non sono riusciti a fuggire… gli elementi per suscitare quelle emozioni che “Il Trono di Spade” ha sempre dato ai fan non mancavano. E invece vengono risolte con dialoghi piatti, senza intensità. Si tratta dei segreti e degli aspetti più importanti della serie. Jon, che soffriva del dramma di essere un figlio illegittimo e di non aver mai conosciuto sua madre, sembra più preoccuparsi che Daenerys possa scoprire la verità, piuttosto che dell’identità dei suoi genitori. Considerando che essere re non è mai stato un suo desiderio, ciò che dovrebbe sconvolgerlo davvero non è solo che la corona spetti a lui, ma che ha per anni vissuto credendo di essere qualcuno che non era. Come l’incontro tra Jamie e Bran. Dopo aver visto l’evoluzione di Jamie e avendo imparato ad amarlo, nonostante sia quell’uomo che ha buttato un bambino giù dalla torre, una resa dei conti per il suo gesto sarebbe stata ben accolta dal pubblico. Tra tutto ciò che ha fatto Jamie, niente è paragonabile alla decisione di uccidere Bran, che poi fortunatamente sopravvive. E invece uno sguardo, qualche battuta di dialogo, e poi? Per non parlare di Daenerys ,che quando sa che Jon è in realtà Aegon Targaryen, la prima cosa che pensa e dice a Jon è: “tu sei l’erede al trono”. È vero che Daenerys non pensava ad altro che a governare i Sette Regni, ma il sentimento prevalente è solo la paura di una possibile concorrenza? E Tyrion poi, interpretato dal miglior attore dello show, che però “non sa piangere” di fronte ai fratelli morti.
3. La puntata più importante avvolta dalla nebbia
“Il Trono di Spade” era noto, tra le tante cose, anche per le migliori battaglie mai realizzate e messe in scena nella Storia del Cinema. Per citarne una, “La battaglia dei Bastardi”, una puntata girata quasi interamente con sequenze di combattimento, e considerata una delle migliori dell’intera serie. Ecco che l’atteso scontro con gli Estranei e l’esercito dei morti doveva essere altrettanto spettacolare e forte. Peccato che sia difficile capire cosa succede. Sappiamo che quando si avvicinano gli Estranei fa più freddo, si alza la neve e il fiato diventa più denso, ma nella puntata “La lunga notte” non si vede quasi nulla di ciò che accade. Quando volano i draghi che, poi inspiegabilmente si allontanano dal campo di battaglia, non si capisce di quale dei due si tratti, chi stia combattendo contro chi, e se si stia effettivamente combattendo. Anche le battaglie tra i vivi e i morti sono avvolte da una nebbia che fa vedere poco o niente. Per non parlare di Jon che corre dietro al Re della Notte in stile footing sul posto. Persino il riferimento alla scena più bella di tutta la serie, quando il Re della Notte alza le braccia e resuscita il suo esercito, non ha avuto la stessa potenza della prima volta, nell’ottavo episodio della quinta stagione. Non sarebbe mai stato lo stesso, l’atmosfera è completamente diversa, ma un gesto così iconico poteva essere sfruttato meglio.
4. La sceneggiatura dell’ultima puntata
Tra intermezzi comici, Brienne che viene insignita della carica di Cavaliere e la scelta del nuovo Re dei Sette Regni, la sceneggiatura dell’ultimo episodio non sembra neanche essere frutto delle stesse menti che hanno ideato le altre puntate. Il consiglio è impegnato in conversazioni da salotto e li si vede ridere e affrontare le questioni del mondo con leggerezza per rappresentare quanto il regno di Bran sia davvero ciò che tutti speravano: un luogo dove regna la pace e il benessere. Dopo la morte di Daenerys, nel quale la puntata sembra essere tornata ai livelli dei capitoli precedenti, l’episodio è privo di contenuto. La proclamazione di Bran sembra una decisione presa sul momento che trova tutti d’accordo: addirittura scattano in piedi nello stesso momento per esprimere il loro consenso. Quando è stato riconosciuto Robb Re del Nord, o quando è stato riconosciuto Jon come vendicatore delle Nozze Rosse e proclamato Re del Nord, le scene sono durate più a lungo, tra disaccordi, dubbi ed esitazioni. Inframezzati a discorsi come quello di Lyanna Mormont, che ha emozionato, stupito e con il quale ci si è trovati d’accordo. Per quanto riguarda la scelta di Bran, può vedere il passato e intravedere il futuro, e questo farebbe di lui un giusto re.
5. La fine della storia
La maggior parte del pubblico si aspettava un finale deludente, triste aperto. Nessuno pensava che potesse soddisfare tutti, soprattuto perché i fan della serie erano davvero molti. Ma il problema della conclusione di “Il Trono di Spade” è l’assenza di motivazioni. Perché Jon Snow va a vivere con i Bruti? Si sente parte di loro? Vivono senza un re e quindi pensa che sia il giusto modo di organizzare una comunità? E per quale motivo Bran, senza sentimenti, dubbi o emozioni, sarebbe un giusto re? Bisogna non provare nulla per governare un regno? Forse solo quella di Arya è una conclusione verosimile e accettabile, in linea con il suo personaggio. Un po’ improvvisa la fermezza di Sansa nell’essere Regina del Nord, ma era già percepibile nei precedenti episodi che si apprestava a governare quella che era ed è la sua casa.
Giorgia Terranova