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Jack of the Red Hearts – Recensione

  • Regia: Janet Grillo
  • Cast: AnnaSophia Robb, Famke Janssen, Taylor Richardson, Scott Cohen, Israel Broussard
  • Genere: Drammatico
  • Durata: 100 minuti
  • Produzione: USA, 2015

“Jack of the Red Hearts”: un mix di realismo e leggerezza per un tema complesso come quello dell’autismo

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Janet Grillo confeziona un film sincero e onesto sulle problematiche dell’autismo, e non potrebbe essere diversamente, visto che la regista Americana attinge al suo vissuto personale, essendo madre di un bambino con disturbi dello spettro autistico, avuto col suo ex marito David O. Russel.

La pellicola mostra chiaramente la completa destabilizzazione che una famiglia subisce quando deve affrontare una difficoltà di questo tipo, di come la scala delle priorità venga stravolta.

In verità in questo caso in ogni gradino si palesano le esigenze della piccola Glory, mentre i bisogni dei genitori e del fratello maggiore escono fuori dalla lista.

Glory ha 11 anni, e sua madre Kay, interpretata egregiamente dalla deliziosa Famke Janssen, la Jean Grey degli “X-Man”, dopo tanti anni in cui si è occupata anima e corpo della bambina, decide di tornare al lavoro, rendendo necessaria la ricerca di un’assistente che si occupi della piccola. Qui entra in gioco la diciottenne Jack, cui presta il volto una sempre più brava AnnaSophia Robb, che, mentendo su età e competenze, riesce a ottenere il lavoro, di cui ha assoluta necessità per poter prendere la custodia della sorella più piccola, data in affidamento alla morte della mamma.

“Jack of the Red Hearts”: le difficoltà di due sorelle che vengono separate alla morte della madre

La regista newyorkese opta per un registro emotivamente intenso, senza cedere alle lusinghe del facile melodramma, riuscendo a mostrare le problematiche dei singoli senza enfatizzarne il dolore: le difficoltà di Jack per quest’adolescenza rubata dal lutto, l’amore per la sorella, le problematiche di una famiglia media americana nell’affrontare le spese necessarie per sostenere la crescita di un figlio autistico, il senso di impotenza dei genitori, le rinunce che ha dovuto affrontare il fratello maggiore di Glory, e tanto altro ancora.

La sfera emozionale è complessa, le relazioni personali sono il fulcro del racconto, il perno attorno al quale ruota tutta la pellicola, che mostra come i progressi di Glory non siano disgiunti dall’evoluzione umana ed emotiva di Jack, che si trova in bilico tra una giovinezza mal vissuta e il mondo adulto del quale ancora non vuole far parte. Le bugie, si sa, hanno le gambe corte, e Jack dovrà fare i conti con i suoi spettri, anche se la vicinanza di Glory l’ha cambiata per sempre.

“Jack of the Red Hearts” è un film che consigliamo, perchè ci piace il cinema che fa riflettere senza strappare per forza la lacrima, perché parla di autismo con credibilità, come solo la serie tv “Parenthood” è riuscita a fare, è perché ci piace Jack che, pur non adottando sempre i mezzi giusti, non si è arresa alla separazione dalla sorella.

Il film è stato presentato alla Festa del Cinema di Roma 2015, in concorso nella sezione autonoma e parallela Alice nella città.

Maria Grazia Bosu

Jack of the Red Hearts – Recensione

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