Un giallo ecologico alla ricerca della verità interiore di un uomo, tra senso di colpa e solitudine
Regia: Luigi Lo Cascio – Cast: Luigi Lo Cascio, Roberto Herlitzka, Massimo Foschi, Luigi Maria Burruano, Alfonso Santagata – Genere: Drammatico, colore, 105 minuti – Produzione: Italia, 2012 – Distribuzione: Cinecittà Luce – Data di uscita: giovedì 11 aprile 2013.
Presentato alla 27° settimana Internazionale della Critica, “La città ideale” segna l’esordio alla regia di Luigi Lo Cascio, qui anche autore del soggetto e della sceneggiatura. Lo Cascio veste i panni di Michele Grassadonia, un architetto e fervente ecologista, soggetto principale di questo thriller psicologico. Egli ha lasciato Palermo da tempo per trasferirsi a Siena, considerata tra tutte, la sua città ideale. Da quasi un anno sta portando avanti un esperimento nel suo appartamento: riuscire a vivere in piena autosufficienza, senza dover ricorrere all’acqua corrente o all’energia elettrica. In una notte di pioggia, Michele rimane coinvolto in un’ incidente dai contorni confusi e misteriosi. Da questo momento in poi, la sua esperienza felice di integrazione gioiosa nella sua città ideale comincerà a vacillare.
“La città ideale” richiama molto la fruizione dei libri, in particolare dei gialli. Quelli in cui il personaggio, presentato già dalle prime battute e dalla descrizione di piccoli dettagli della sua personalità e fisicità, incuriosisce e intriga. E con la stessa curiosità che spinge il lettore a sfogliare le pagine portandolo a divorare tutto d’un fiato il libro, lo spettatore vive quella voglia di conoscere davanti allo schermo, scena dopo scena, seguendo il protagonista e le sue vicende alla ricerca della conclusione.
Il desiderio di sapere cresce ancor di più se quel personaggio è presentato come un tipo per così dire “fuori dal comune”; da anni infatti Michele Grassadonia, figura preminente dell’intera storia, vive nella cittadina di Siena in un piccolo appartamento senza acqua corrente, luce, gas e qualsiasialtro comfort appartenente all’epoca moderna. Il suo modus vivendi è amore spasmodico per l’ambiente, che sfiora a tratti l’eccessività. La sua pacifica ossessione lo rende “strano” agli occhi della gente e dei suoi amici, fino a essere causa della suo isolamento dal mondo degli altri. La sua autoesclusione gli appare ancora più pesante da affrontare in seguito a un infelice episodio del tutto casuale che gli stravolgerà l’esistenza.
La ricerca della verità interiore è la spinta che muove il protagonista, ed è la stessa componente che ci fa immedesimare nella storia inverosimile di Michele Grassadonia. Intessuto di rimandi letterari e cinematografici, il film è un prodotto per gli amanti del cinema di qualità. Molti rivedranno le tematiche esistenziali de “L’inquilino del terzo piano” di Polanski o i meccanismi psicologici dell’assassino e della giustizia di “Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto” di Elio Petri. La dimensione del sogno, in riferimento alle fantasia di Michele sulla sua giovane affittuaria è invece di matrice kafkiana. Allo stesso modo di Kafka, Lo Cascio tratta il senso di colpa, di verità e la ricerca di un’identità, componenti affidate alle forze del caso imperscrutabili beffarde, imprevedibili e ingannevoli. L’elemento della coscienza come gioco comico e assurdo di autoinganni più o meno consapevoli è invece tipico del gusto e della poetica di Svevo.
Dal punto di vista registico Lo Cascio sembra aver superato a pieni voti la sua prima prova. Il suo uso della cinepresa si traduce in malessere più estremo soprattutto nei grandangoli dal significante urlato, da essi, infatti, si dipana in un registro ironico-grottesco sempre a un passo (mai però compiuto) del raggiungimento della perdita di identità.
La grande conquista de “La città ideale” è di essere riuscito in maniera eccellente a risvecchiare arnesi filmici e letterari, abusati già da tempo, che si credevano definitivamente superati.
Giulia Surace