Trama
- Titolo Originale: Kollektivet
- Regia: Thomas Vinterberg
- Cast: Ulrich Thomsen, Fares Fares, Trine Dyrholm, Ole Dupont, Julie Agnete Vang, Lars Ranthe, Lise Koefoed, Adam Fischer, Helene Reingaard Neumann, Oliver Methling Søndergaard, Ida Emilie Krarup, Magnus Millang, Mads Reuther, Jytte Kvinesdal, Rasmus Lind Rubin
- Genere: Drammatico, colore
- Durata: 90 minuti
- Produzione: Danimarca, 2016
- Distribuzione: Bim Distribuzione
- Data di uscita: 31 Marzo 2016
Ambientato nella metà degli anni Settanta, “La comune” racconta le conseguenze che un evento catastrofico ebbe su un tranquillo quartiere di Copenaghen, dove Erikk ed Anna, insieme alla figlia, avevano realizzato il proprio sogno dando vita a una comune nella grande villa di loro proprietà.
Con uno sguardo corale “La comune” intreccia le vite di più persone – ognuna caratterizzata da pregi e difetti – che insieme formano un gruppo unito e compatto. Lo spettatore di “La comune” si trova a mettere in discussione tutti i principi fondamentali di una quieta convivenza, come l’amore, l’amicizia e la solidarietà.
Nel cast, fra gli altri, troviamo Ulrich Thomsen e Fares Fares, mentre la regia è affidata a Thomas Vinterberg, che nel 1998 ha ricevuto il Premio della Giuria al Festival di Cannes con il suo film “Festen – Festa in famiglia”. Le sue opere sono incentrate quasi sempre sul nucleo familiare, così come i messaggi dei suoi film riportano sempre all’importanza della famiglia e delle relazioni interpersonali.
Recensione
La Comune: la misurata utopia socialista smontata da un dramma amoroso
Un evento peculiare – l’eredità di una casa troppo grande per essere mantenuta con le forze del ristretto nucleo familiare – spinge Erik e Anna, coppia di mezza età con al seguito una figlia quattordicenne, a perseguire un’impresa a proprio modo ambiziosa: quella di una casa comune, nella quale coabitare con amici e altre persone in uno stato di condivisione totale.
Tra le spinte propulsive de “La Comune” c’è anche un piglio autobiografico: Vinterberg ha vissuto in una simile condizione larga parte della sua adolescenza. Il dato dell’esperienza personale non è forse secondario, data una certa originalità nella scrittura dei dialoghi e la non convenzionale rappresentazione di alcune delle questioni poste da una così particolare situazione di convivenza multipla.
Non mancano alcuni temi che da sempre hanno contraddistinto la filmografia del regista danese, a partire dal primo lavoro targato Dogma 95, “Festen – Festa in famiglia”, fino al recente “Il sospetto” (trascurando l’ancor più recente pigro rifacimento romanzesco “Via dalla pazza folla”): in primis una carica satirica e distruttiva rispetto agli standard della mentalità borghese bigotta e perbenista, un principio demolitivo applicato anche e in prima istanza al corpo della famiglia tradizionale.
Un discorso simile prende piede anche qui, e anzi connota la seconda parte del film, sopraffacendo con prepotenza la dinamica socialista della vita condivisa per assumere le sembianze di un classico triangolo amoroso, facente leva però su un elemento perturbante: in questa deviazione sta il principale – forse unico – punto di forza del film.
La Comune: le potenzialità inespresse di una narrazione falsamente corale
La situazione precipita infatti nel momento in cui Erik, che insegna architettura all’università locale, si innamora di una sua studentessa, Emma. La moglie sembra accettare con incredibile naturalezza l’evolversi degli eventi: è lei a invitare la ragazza nella comune. Ma il camuffamento forzato finisce per svelarsi in poco tempo, facendo inabissare la donna in uno stato di depressione sempre più marcato e accentuato dalla totale insensibilità del marito.
Lo sfondo della comune finisce così in secondo piano, dominato dalla figura della donna addolorata che non riesce ad accettare una così radicale rielaborazione della relazione amorosa su cui si è appoggiata nel corso dei sedici anni precedenti.
L’interpretazione di Trine Dyrholm – premiata con l’Orso d’Argento al Festival di Berlino 2016 – è di elevata intensità, e riesce a reggere la spirale discendente che porta al lento naufragio individuale, a partire dalla spensierata condiscendenza iniziale fino alle esplosioni di gelosia e all’incapacità di far fronte alla situazione che lei stessa ha contribuito a costruire.
Attorno a lei, però, il nulla: ogni altro personaggio della comune è ingabbiato in un numero limitato di battute e movimenti prefissati, senza una caratterizzazione decente; discorso che vale anche per la figlia della coppia protagonista – la sua iniziazione sessuale è priva di pathos e di funzionalità narrativa – e soprattutto per il terzo elemento del triangolo amoroso, la studentessa Emma, la cui presenza è esclusivamente fisica, priva di mordente (e di battute) negli snodi fondamentali del tracollo familiare di cui è in realtà la causa prima.
Il contesto ambientale, su cui il film fa leva in una fase iniziale, diviene puro ornamento: la gestione della vita in comune non va al di là di qualche scenetta da commedia, e la collocazione temporale sul finire degli anni Settanta perde ben presto ogni significato, anche solo a livello di mera denotazione.
Marco Donati
Trailer