Mimmo Paladino, classe 1948, è un noto pittore, scultore, artista della scenografia, le cui opere sono esposte in tutto il mondo (Museum of Modern Art e il Guggenheim Museum a New York e la Tate Gallery a Londra). Dopo “Quijote”, presentato alla 63ima Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia, si cimenta per la seconda volta dietro alla macchina da presa con “La Divina Cometa”. L’artista sannita propone stavolta il tema del viaggio, declinandone diverse sfaccettature, concettuali e filosofiche, sondando fisica e metafisica anche attraverso l’altrui pensiero. L’opera è infatti intrisa di citazioni colte che arricchiscono un’opera di sicuro impatto visivo.
La Divina Cometa: l’Aldilà di Dante e il Presepe napoletano
Un treno porta a destinazione un attore e una famiglia di senzatetto. Il loro viaggio non è solo la ricerca di una casa ma una messa in scena, una finzione nella finzione, dove l’artista si veste da novello Dante. La sua sarà una solitaria discesa negli inferi, senza un Virgilio a fargli da guida, mentre la famigliola vaga senza speranza alla ricerca della casa promessagli. Sarà un numerologo a tentare di trovare un senso al tutto.
Il racconto procede come un susseguirsi di quadri in cui a dominare è la mano del regista, che imprime alla narrazione un andamento ricco di immagini superbe, quasi tele dipinte sullo schermo. Tra personaggi infernali e simboli del presepe sarà un susseguirsi di volti noti, che popolano il racconto dell’artista, impossibile nominarli tutti. Tra i tanti segnaliamo Beppe e Toni Servillo, Francesco De Gregori, nell’inusuale ruolo di attore, Giovanni Veronesi, Giovanni esposito, Nino D’Angelo, Alessandro faber, Sergio Rubini e Giuliana Gargiulo.
Nel frattempo la povera famigliola cerca di che sfamarsi e tutte le arti giungono nella scena portate in dono da Magi ritardatari, più confuse smarriti che carichi ci certezze. Il viaggio di ciascuno dei personaggi è alfine un cammino unico, in cui tutti sono guidati dalla Divina Cometa, che dall’Inferno li guida fino al Paradiso, in cui simbolicamente giunge la famigliola.
Un racconto di difficile lettura
L’opera di Palladino è un’esercizio di stile di grande caratura che però poco si presta ad una lettura immediata, presupponendo la presenza in sala di un pubblico illuminato che colga nell’immediatezza citazioni e virtuosismi. Questa è arte, ma per pochi.
Maria Grazia Bosu