Recensione
“La notte del Giudizio – Election Year” – Recensione: molti più stereotipi dei precedenti, ma attualità sempre pungente
A ridosso delle elezioni presidenziali americane esce nelle sale il terzo capitolo di “La notte del Giudizio” (“The Purge” nella versione originale, tradotto maldestramente in italiano) sottotitolata significativamente “Election Year”. Rivali alle elezioni statunitensi del 2025 sono una senatrice bionda e carismatica e un ricco predicatore razzista e inneggiante all’odio.
Prudentemente, l’annuncio canonico «ogni riferimento a fatti e persone è puramente casuale» non è comparso nei titoli di testa.
La trama è molto semplice: lo Sfogo ha tolto la consueta protezione ai funzionari di livello 10, tra cui rientrano i politici, con l’unico obiettivo di eliminare la scomoda candidata alle presidenziali che vuole abolire la notte di sangue, la senatrice Charlie Roan, che è a pochi punti di distanza dal candidato membro dei Nuovi Padri Fondatori (istitutori della ‘purga’ del massacro).
L’intero film ha come tema portante il salvataggio della donna, che rappresenta l’unica persona in grado di risollevare le sorti del Paese ed eliminare lo Sfogo annuale.
Il tema dell’omicidio di sfogo in gruppi armati, estremamente legato alla politica americana del possesso delle armi e alla supremazia bianca dei WASP (White Anglo-Saxon Protestant, “bianco di origine anglosassone e di religione protestante”) è caro al cinema horror classico, soprattutto romeriano e carpenteriano.
Sul filone di “Distretto 13” di John Carpenter (di cui, non a caso, DeMonaco ha scritto il remake omonimo nel 2005) questo tema continua a poter essere declinato seguendo piste sempre nuove.
Il regista DeMonaco, infatti, è riuscito a passare in rassegna molti elementi che potevano scaturire da un soggetto del genere, passando dall’osservazione delle reazioni umane di fronte al terrore all’interno dei rapporti inter-familiari nel primo film, fino al tema del consumismo estremo, spintosi all’acquisto di vittime sacrificali per ricchi nel secondo.
In tutti e tre i capitoli, inoltre, è centrale l’attenzione al rapporto tra ricchezza e povertà, tra razzisti ‘benpensanti’ e minoranze etniche, tra sadismo e perdita o acquisizione di empatia, tra freudiana psicologia delle masse e creazione di target di uccisione o di salvataggio.
È all’interno di queste dinamiche che il regista e sceneggiatore riesce a dare il meglio di sé, mentre quando si adagia sul letto del confortante moralismo cinematografico americano risulta meno incisivo e perde mordente (forse perché poco convinto egli stesso della sua operazione, come sembrerebbe da vari indizi).
La notte del giudizio-Election Year, infatti, ci mostra in modo un po’ semplicistico il sacrificio degli eroi improvvisatisi tali, eroi ai margini della società che diventano pronti al rischio estremo e al martirio per la causa, riponendo la propria speranza in quell’unica persona-simbolo in grado di salvare l’umanità dalla disumanizzazione.
Ciononostante, il regista riesce a sviluppare nuove piste spesso in maniera intelligente, mostrando che dal tema dello Sfogo annuale si possono ricavare innumerevoli spunti di riflessione e di analisi, tanto da perdonargli le pecche narrative (talvolta dei veri e propri ‘buchi’) pur presenti all’interno dei tre film.
Lo Sfogo e il malicidio: da San Bernardo ai Nuovi Padri Fondatori
La scena più riuscita del capitolo “La notte del giudizio – Election Year” è quella del rito dello Sfogo nella chiesa di Washington guidato dal pastore protestante, candidato presidente dei Nuovi Padri Fondatori, Edwidge Owens, alla presenza dei suoi seguaci.
DeMonaco qui tratta la tematica dell’omicidio giustificato dalla religione in un’analisi pungente dei meccanismi oratori tipici delle innumerevoli sette religiose americane, mescolate all’analisi delle frange della massoneria deviata. Lo Sfogo è lecito perché purifica l’animo, epurando ogni scoria di cattiveria e istinto per i 364 giorni a venire, rendendo così le persone migliori, dei migliori ‘cristiani’. L’idea di una giustificazione dell’omicidio nel cristianesimo non è poi così lontana dalla realtà: San Bernardo, per legittimare la soppressione del nemico durante le crociate da parte di un cristiano, si inventò che non si trattava più di omicidio bensì di ‘malicidio’, vale a dire l’uccisione del male nella persona e non della persona in sé (che quindi veniva liberata dal maligno). Nello Sfogo l’ottica è ribaltata, perché ribaltata è anche la logica personalistica della purifica individuale nella società capitalista: il ‘malicidio’ stavolta è rivolto verso sé stessi. Grazie all’uccisione dell’altro si uccide il male dentro di sé: l’altro non deve essere necessariamente considerato ‘cattivo’, non viene liberato in sé dal male presunto, ma serve alla liberazione catartica dell’omicida dal male che cova durante l’anno.
Gli americani ingessati dipinti da DeMonaco credono ardentemente in questa missione, e sono rappresentati in preda ad una psicosi collettiva molto ben congeniata dal regista.
La guerriglia: la ‘dittatura del proletariato’ mancata e i rischi della violenza
All’interno del film viene fuori anche il confine labile tra la difesa personale e il rischio di una personalizzazione dell’odio, nella parabola della vittima che può diventare carnefice e che deve compiere una scelta.
Questa dinamica, classica nella storia del cinema, era centrale nel primo film, in cui Leo Barnes era motivato dall’intenzione di “sfogarsi” per vendicare l’uccisione del figlio. In “La notte del giudizio – Election Year” il rischio di una personalizzazione dello sfogo è ancora presente nel gruppo di guerriglia sottoproletaria, sottoposto per anni al massacro dei martiri della strada decimati dallo Sfogo. Al contrario, esso è scongiurato nella senatrice protagonista dalla volontà di sradicare il fenomeno nella sua totalità, senza ricercare la singola rappresaglia.
Tuttavia, si può obiettare che a lei, abbiente e politicante, è concesso di ragionare in astratto, di cercare una soluzione che sia legalitaria e “governativa”, laddove gli ultimi non hanno la possibilità di cambiare le cose se non con la rivolta. Emblematicamente uno dei guerriglieri, Dante Bishop (l’unico personaggio presente in tutti e tre i capitoli), risponde all’affermazione della senatrice di non condividere le modalità d’azione dei guerriglieri dicendo: «Vinci le elezioni, ferma lo sfogo, e io non dovrò più fare quello che faccio». Gli ideali, infatti, non si difendono con le parole ma con le azioni, quando non esistono le leggi.
Alla fine, comunque, tutto ruota intorno alla donna, mentre l’organizzazione guerrigliera non si pone finalità politiche autonome.
Come negli altri film, i personaggi veramente positivi sono i gruppi delle minoranze e dei reietti mentre, in fin dei conti, se si vanno a guardare i personaggi WASP dichiaratamente positivi, essi lo sono molto meno: la senatrice, che dichiara la violenza come deplorevole e non riesce a comprendere la sua necessarietà per una classe oppressa; il bodyguard granitico e ligio al dovere, che non riesce a guardare agli eventi in maniera sfaccettata, ma si chiude nella rigidità della missione di salvataggio.
L’uomo borghese, buono o cattivo che sia, ha perso la battaglia con la storia perché è estremamente solo – anche quando è in gruppo – e non riesce più a provare empatia in maniera naturale.
I buchi della trama sono molti e spesso molto gravi, è vero; i personaggi sono talvolta poco credibili, ma se non avete aspettative troppo alte e volete guardare un B-movie action a basso costo e di breve durata, che però non vi faccia svuotare completamente il cervello a suon di mitragliatrici e che provochi qualche spunto di riflessione e discussione, allora guardatevi pure la saga de “La notte del giudizio”.
Marta Maiorano
Trama
- Titolo originale: The Purge: Election Year
- Regia: James DeMonaco
- Cast: Frank Grillo, Elizabeth Mitchell, Mykelti Williamson, Ethan Phillips, Terry Serpico, Edwin Hodge, Kimberly Howe, Kyle Secor, Liza Colón-Zayas, Melanie Blake Roth, Joseph Julian Soria, Christopher James Baker, Raymond J. Barry, David Aaron Baker
- Genere: Horror, colore
- Produzione: USA, 2016
- Distribuzione: Universal Pictures
- Data di uscita: 28 Luglio 2016
“La notte del giudizio – Election Year” segue la direzione intrapresa dalle due pellicole che l’hanno preceduta, rispettivamente “La notte del giudizio” (“The Purge”) e “Anarchia – La notte del giudizio” (“The Purge: Anarchy”), realizzate nel 2013 e nel 2014.
La storia che dà origine alla trilogia – o forse qualcosa in più – cinematografica inizia nel 2022, quando gli Stati Uniti d’America è sotto il governo di Nuovi Padri fondatori dell’America. Al fine di mantenere poco elevati i tassi criminalità e disoccupazione, il governo centrale ha deciso di deliberare una mozione che prevede l’istituzione di periodo di tempo, della durata di 12 ore, in cui tutte le attività criminali sono concesse (tranne alcune eccezioni), compreso l’omicidio.
Protagonista di “La notte del giudizio – Election Year” è Leo Barnes, il quale lavora come come capo della sicurezza per la senatrice Charlie Roan con il compito di proteggerla durante le 12 ore in cui tutto è concesso; la missione ha un punto di arresto quando un tradimento spingerà la senatrice e Leo Barnes fuori da mura sicure, riversandosi per la strada.
Nella nuova produzione portata avanti nuovamente dal regista e sceneggiatore James DeMonaco, la notte in cui tutto è concesso sarà nuovamente al centro della pellicola, con nuovi e drammatici risvolti.
Il cast di “La notte del giudizio – Election Year” annovera tra i suoi nomi quello di Frank Grillo (“My Soul to Take – Il cacciatore di anime”, di Wes Craven), Elizabeth Mitchell ( interprete nella serie televisiva “Lost”) e Mykelti Williamson (“Forrest Gump”).
Trailer