Il film “La vita da grandi“, diretto da Greta Scarano, si propone di sfatare i miti legati all’autismo, trasmettendo un messaggio chiaro: l’autismo non è un limite. La pellicola racconta la storia di due fratelli autistici, Damiano e Margherita Tercon, che affrontano le sfide quotidiane della vita. I due protagonisti sono interpretati da attori che portano sul grande schermo esperienze autentiche, contribuendo a una maggiore sensibilizzazione su temi spesso trascurati. La narrazione si sviluppa attraverso le loro avventure, offrendo spunti di riflessione sul mondo dell’autismo e sulla quotidianità di chi vive questa condizione.
La storia di Damiano e Margherita Tercon
I protagonisti del film, Damiano e Margherita, sono ispirati dalla vita reale di due content creator che si sono distinti per il loro impegno nella sensibilizzazione riguardo all’autismo. Attraverso i loro canali social, condividono momenti della loro vita, creando un legame con il pubblico e offrendo una visione autentica delle sfide e delle gioie che affrontano. Il film si propone di mostrare non solo le difficoltà, ma anche i tratti positivi e le esperienze significative che caratterizzano la loro esistenza. La scelta di raccontare la loro storia attraverso il cinema rappresenta un passo importante verso una maggiore inclusione e comprensione della diversità.
L’esperienza di Yuri Tuci
Nel film, Damiano è interpretato da Yuri Tuci, un attore autistico che ha condiviso la sua personale esperienza in un’intervista al Corriere della Sera. Tuci ha ricevuto la diagnosi di autismo all’età di 18 anni, un momento che ha segnato un cambiamento significativo nella sua vita. Ha raccontato come la sua infanzia sia stata segnata da difficoltà relazionali e incomprensioni da parte degli altri. La sua esperienza di vita è un esempio di come l’autismo possa influenzare profondamente le relazioni interpersonali e la percezione di sé.
Le sfide del bullismo e le crisi emotive
Durante la sua crescita, Tuci ha affrontato episodi di bullismo che hanno avuto un impatto duraturo sulla sua vita. La sua diversità era spesso vista come una minaccia dai coetanei, portando a esperienze di isolamento e incomprensione. Le crisi emotive che ha vissuto erano frequenti e spesso non comprese da chi lo circondava. Tuci ha descritto questi momenti come difficili, ma ha anche sottolineato come la recitazione sia diventata un rifugio. Attraverso l’arte, ha trovato un modo per esprimere le sue emozioni e affrontare le sfide quotidiane.
La recitazione come strumento di espressione
La recitazione ha rappresentato per Tuci una vera e propria rinascita. Ha affermato che recitare lo ha reso felice, permettendogli di esplorare nuove dimensioni della sua personalità. Sul palco, Tuci si sente libero di esprimere se stesso senza timore di giudizi. Questa forma d’arte gli ha consentito di trasformare le sue vulnerabilità in punti di forza, offrendo al pubblico interpretazioni autentiche e toccanti. La sua esperienza dimostra come la creatività possa fungere da ponte tra le difficoltà e la realizzazione personale.
Una prospettiva unica sulla normalità
Tuci ha descritto la sua condizione come una lente attraverso cui osservare la vita. Questa visione gli consente di apprezzare le piccole gioie quotidiane e di affrontare le sfide con una consapevolezza diversa. Ha paragonato la sua esperienza a quella di guardare la vita dallo specchietto retrovisore, un modo per riflettere su ciò che è considerato “normale”. Nonostante le difficoltà, Tuci esprime gratitudine per la sua identità e per le esperienze che ha vissuto. La sua storia è un esempio di come le sfide possano trasformarsi in opportunità di crescita e di espressione artistica, contribuendo a una maggiore comprensione e accettazione dell’autismo nella società.
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