Recensione
L’agnello – Recensione: una storia di famiglia, in una Sardegna desolata
Il pluripremiato Mario Piredda per il suo primo lungometraggio sceglie una storia familiare, che scrive a quattro mani con Giovanni Galavotti.
Anita, una ragazza non ancora maggiorenne, è orfana di madre e si guadagna da vivere lavorando in un albergo. Il padre Jacopo è malato di leucemia e necessita con urgenza di un trapianto. Purtroppo né lei né il nonno sono compatibili, rimane quindi un’unica soluzione: cercare un donatore nell’elenco nazionale. I tempi sono stretti, così la ragazza cerca di ristabilire i rapporti con lo zio paterno, nella speranza che si presti, se compatibile, al trapianto.
Una malinconia profonda ammanta vicende e personaggi
I personaggi de “L’agnello” si muovono in una Sardegna desolata, in cui anche l’ambiente, quasi desertico, sembra ostile, a sottolineare l’intima e profonda malinconia dei personaggi. Il rapporto tra Jacopo e Anita è tenero e profondo, la malattia e le conseguenti terapie hanno provato Jacopo ma non l’hanno vinto. La narrazione definisce con intensità i pochi personaggi che popolano le vicende, e permette al regista di fondere al dramma familiare alcune delle problematiche che affliggono la regione.
Palpabile in ogni sequenza il disagio economico, seppur vissuto attraverso le vicende intime dei protagonisti, che non vengono mostrati se non relazionati tra di loro e pochi altri, dando a “L’agnello” un assetto minimalista e personale.
Lo zio, ultima speranza di salvezza, appare come un’anima persa, che si arrangia rivendendo ferro che raccatta qua e là, mentre il nonno continua a faticare per i campi, tra pecore e agnelli. La battuta in cui Jacopo chiarisce alla figlia che per farle avere quel posto di lavoro in albergo ha dovuto chiedere più d’un favore la dice lunga sulla realtà lavorativa di un’isola in cui le chance occupazionali sono davvero minime, e spesso gestite ‘all’italiana’, con raccomandazioni e conoscenze. È questa una famiglia che tra mille difficoltà e incomprensioni si stringe per vincere il dolore e la battaglia per la sopravvivenza.
Un’ambientazione fuori del tempo per trattare temi duri
Lo spazio in cui sono incorniciate le vicende appare fuori dal tempo: la ragazza con i suoi piercing e i suoi tatuaggi ci mostra il tempo presente, mentre tutto il resto sembra venire da epoche andate. Su tutti incombe la zona militare e i suoi veleni. Chiaro l’intento del Piredda di accendere i riflettori su una tematica che attanaglia l’isola da anni: l’aumentare della mortalità per leucemia nei pressi delle basi militari, che se da una parte risollevano l’economia di una regione in cui un lavoro a tempo determinato rimane un miraggio, come già precisato, dall’altro porta in sé l’inquietante sospetto che ciò che avviene al di dentro stia facendo ammalare la popolazione.
“L’agnello” è un racconto dell’anima, in cui a pulsare è l’amore tra padre e figlia, un rapporto speciale in cui affetto e complicità sono tutt’uno; commovente la figura del vecchio nonno, che si prodiga in ogni maniera nel tentare l’impossibile. Il cineasta sardo muove la macchina da presa con sapienza, tra anime e corpi, avvolgendo il tutto in una cornice di campi aridi che ben rappresentano l’entroterra sardo, con uno scorcio di mare, quasi ristoratore.
Bravi tutti gli interpreti, che portano in scena figure ‘rigate’ dalla vita, segnate ma non piegate: Nora Stassi supera se stessa, sempre padrona della scena, i suoi occhi sgranati sono una finestra sul cuore. Non da meno Luciano Curreli, Piero Marcialis e Michele “Dr. Drer” Atzori.
L’unica perplessità è quella di vedere quasi sempre nelle storie ambientate in Sardegna contesti rarefatti e desolanti, seppur “L’agnello” non priva il narrato di speranza, incarnata simbolicamente dall’agnello donato a Anita.
Duro l’epilogo, per il quale il regista sceglie un colpo di teatro.
Maria Grazia Bosu
Trama
- Regia: Mario Piredda
- Cast: Nora Stassi, Luciano Curreli, Piero Marcialis, Michele “Dr. Drer” Attori
- Genere: Drammatico, colore
- Durata: 97 minuti
- Produzione: Italia, 2019
- Distribuzione: Articolture | primavera 2000
- Data di uscita: n/d
“L’agnello” è stato presentato nella sezione Alice nella Città alla Festa del Cinema di Roma 2019.
L’agnello, il tragico dramma della malattia
Anita ha diciassette anni e vive in Sardegna, insieme a suo padre Jacopo, che è malato di leucemia e avrebbe bisogno con urgenza di un trapianto. I tempi d’attesa per la ricerca di un donatore sono troppo lunghi rispetto al progredire della malattia e, anche se i parenti hanno più probabilità di essere compatibili, non lo sono né Anita né suo nonno Tonino, un vecchio pastore che abita sull’altopiano, accanto a un’area militare.
Jacopo ha un solo fratello, Gaetano, che vive dall’altra parte dell’Isola; i due non si parlano da anni a causa di un feroce litigio che non sembrano intenzionati a dimenticare. Con l’aiuto del nonno, ad Anita non resta che presentarsi a casa dello zio, determinata a ricucire gli strappi del passato, pur di convincerlo a fare le analisi che potrebbero salvare la vita di suo padre.
Per Mario Piredda, qui al suo primo lungometraggio, “L’agnello” è “un film ambientato in un territorio e non su un territorio, con al centro un dramma famigliare che potrebbe essere raccontato in qualunque parte del mondo. Il punto di vista è quello di una ragazza di diciassette anni, in piena ribellione da una condizione sociale e culturale che a stento riesce a comprendere, perché è troppo maldestramente impegnata, ma determinata, a risolvere il problema della malattia di suo padre e a ricucire i rapporti all’interno della sua famiglia.
Il film affronta il conflitto tra un’adolescente e l’eredità lasciata, per non dire imposta, dalle generazioni precedenti, in un’altalena emotiva di lotte e rassegnazioni di fronte ad un mostro invisibile che, per quanto ben mimetizzato, è sempre presente”.