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L’amante inglese – Recensione

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Quando l’amore è più forte di qualsiasi cosa tanto da abbattere le barriere sociali ed economiche

(Partir) Regia: Catherine Corsini – Cast: Kristin Scott Thomas, Sergi Lopez – Genere: Drammatico, colore, 85 minuti – Produzione: Francia, 2009 – Distribuzione: Teodora Film – Data di uscita: 5 marzo 2010.

l-amante-ingleseIl titolo potrebbe trarre in inganno e semplificare la pellicola ad una mera storia d’amore. “L’amante inglese” non è solo questo: è, si, una storia d’amore, ma anche una storia di passione, di ossessione e di intraprendenza, in cui spicca la nobile e formidabile interpretazione di Kristin Scott Thomas, bellezza eterea, perfino nei panni di fruttivendola o di commessa.

La pellicola pone in primo piano la vita di Suzanne, una donna ricca, sposata ad un marito molto conservatore e con due figli ormai adolescenti. Il cliché sembra decisamente consueto: la monotonia della routine quotidiana e il malessere per un matrimonio senza entusiasmi, conduce Suzanne ad iniziare una relazione clandestina con Ivan, l’operaio spagnolo rude e silenzioso che le sta ristrutturando lo studio. La storia sarà il presupposto per scoprire la vera disperazione della protagonista, celata dietro una situazione familiare ormai insopportabile. Ivan è in grado di farla sentire desiderata e viva come non le era mai accaduto e quella che doveva essere solo un’avventura si trasforma in una passione travolgente. Purtroppo a intralciare il loro idilliaco percorso è proprio il marito, che utilizza ogni mezzo a disposizione, anche il più squallido, per impedirle di lasciarlo.

La voglia di intraprendenza e di libertà mostra una dimensione sociale e politica molto forte, relativa al ruolo della donna nella coppia: Suzanne è in trappola, non ha indipendenza finanziaria ed è costantemente umiliata dal marito che la ritiene di sua appartenenza, parte del suo status sociale. La reazione di Suzanne è dunque più che legittima e nel momento in cui diventa consapevole di ciò che vuole, fa di tutto per non rinunciare all’amore, autoescludendosi dal proprio contesto sociale. Al giorno d’oggi i sentimenti vengono spesso surclassati da esigenze apparentemente più importanti: i soldi, la carriera e il divertimento. L’amore è percepito come qualcosa di marginale e forse non tutti sarebbero in grado di abbassarsi a tanto “in nome dell’amore”. La forza di Suzanne si manifesta, invece, proprio in questo: è disposta a perdere i soldi, a fare l’elemosina e a lavorare nei campi per qualche euro per vivere con la persona di cui si è innamorata, piuttosto che tornare in quella gabbia d’oro.

Il montaggio risulta molto spezzettato, i dialoghi sono pressoché inesistenti, ciò che emerge è soprattutto il linguaggio del corpo. Si tratta di una pellicola molto particolare, ma comunque interessante che lascerà lo spettatore sconcertato, soprattutto nella scena finale.

Silvia Caputi

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