Recensione
Le strade del male: il dolore che sconvolge l’esistenza
Crudo e amaro, “Le strade del male” racconta come il male si insinui nella vita dei protagonisti macchiandoli per l’eternità. Un cast di star internazionali si muove come le pedine su una scacchiera, in attesa di diventare vittima o carnefice. Tre piani temporali, cinque storie e un personaggio, Arvin, unico destinato a chiudere il cerchio. Dal titolo originale, “The Devil All the Time”, a quello italiano, “Le strade del male”, la tematica è chiara, ma il concetto stesso di male si chiarisce scena dopo scena, confondendo inizialmente il film con il genere horror. Inquietante e cupo, “Le strade del male” è fortemente realistico, dalla violenza estrema alle menti più perverse che soddisfano oscuri desideri alla luce del sole, confidando in un Dio che li ascolti e non li abbandoni. Il male di cui Antonio Campos rappresenta le sfaccettature, è variegato, universale e conosciuto: l’orrore della guerra, il dolore della malattia, la disperazione del lutto, la violenza della rabbia e l’incomprensione della follia.
“Le strade del male” è un film straordinariamente d’impatto, capace di lasciare qualcosa a ogni spettatore, indipendentemente dal giudizio finale. Tutti prima o poi entrano in contatto con l’oscurità che pervade la provincia di un’America nera, cruda e chiusa in un’apparente salvezza divina. Non c’è speranza né cura, è come una cicatrice: la violenza e la brutalità toccano le vite dei personaggi all’improvviso, senza poi mai abbandonarli. Non bastano la vendetta, i gesti estremi, l’auto colpevolezza, forse solo l’istinto di sopravvivenza, di cui Arvin si fa portavoce, giustifica le proprie azioni. In una cornice di amara rassegnazione, vive latente una sensazione di auto-conservazione che non ricerca la purezza dell’anima, ma solo la possibilità di redimersi.
La perversione dei predicatori
La stessa incarnazione di Dio in terra, la moralità e l’innocenza religiosa si trasformano in rigidezza, sfruttamento e follia, in un male mascherato dietro una chiesa bianca e una vita votata a servire il Signore, assoluzione da qualsiasi peccato. I personaggi sono imprigionati nel loro bigottismo, convinzione che la fede sia la cura da ogni dolore, e che prima o poi conosceranno la pace. Vittime sconosciute, catturate in uno scatto svanito l’istante dopo, occupano per pochi secondi lo schermo, come a ricordare che gli innocenti a farne le spese sono sempre di più di coloro che si vedono.
“Le strade del male”, nel pessimismo cosmico, nella sofferenza e morte che non lasceranno mai i personaggi, dà però anche quella luce di speranza che risiede nel proprio codice morale. Una correttezza personale, sincera, altruista e basata solo sull’amore, su un affetto puro, genuino, lontano da secondi fini, forse la vera ancora di salvezza in un mondo incapace di riscattarsi.
Nei suoi 138 minuti “Le strade del male” si rinnova col passare degli anni, nel tempo filmico che attraversa le vite dei protagonisti, primo fra tutti Arvin. Un filo invisibile che si inspessisce in ogni sequenza lega l’esistenza di personaggi lontani ed estranei. Intenso, forte, pieno di riflessioni e concezioni filosofiche, il film è coinvolgente e avvincente anche nell’assenza di azioni, in una tensione interna che con pochi colpi di scena, realizza una piccola opera d’arte. Una regia lineare, che nel raccontare una storia di vita, è chiara, posata e limpida. Una fotografia cupa, scura, densa di colori freddi come il grigio, il nero e il militare, rende la differenza tra notte e giorno sempre più labile.
Un’attenzione ai minimi dettagli
Nell’incomprensibile accento delle cittadine dell’Ohio, ogni attore, da Tom Holland a Robert Pattinson, da Bill Skarsgård a Jason Clarke, danno prova di un’interpretazione magistrale, calandosi visceralmente nei personaggi e nella loro immensa disperazione. Un oggetto che gira, passando di mano in mano, e che torna circolarmente dall’inizio alla fine, simboleggia la prima strada, quella materiale, con cui viene identificata la morte, ma che è invece solo un mezzo, perché la vera scelta è quella interiore e rimane un’unica atroce domanda: quando finirà?
Giorgia Terranova
Trama
- Titolo originale: The Devil all the Time
- Regia: Antonio Campos
- Cast: Tom Holland, Bill Skarsgård, Riley Keough, Jason Clarke, Sebastian Stan, Haley Bennett, Harry Melling, Eliza Scanlen, Mia Wasikowska, Robert Pattinson
- Genere: drammatico
- Durata: 138 minuti
- Produzione: Stati Uniti, 2020
- Distribuzione: Netflix
- Data di uscita: 16 settembre 2020
“Le strade del male”, diretto da Antonio Campos, con un cast stellare, è la storia di Arvin, dalla sua nascita fino alla sua età adulta, un’esistenza segnata da morte e violenza. Legando la storia del padre, dei nonni, della vicina di casa e di una misteriosa coppia con cui entra in contatto, il film racconta un mondo pervaso da un male e un’aggressività che non lascia scampo.
Le strade del male: la trama
Coal River, 1945, Willard Russell, marine di ritorno dalla guerra, incontra Charlotte in un bar lo stesso giorno in cui anche Karl e Sandy si incontrano. Tra entrambi scatta subito l’amore che li porta a sposarsi dopo pochi mesi. Willard e la moglie Charlotte vivono a Knockemstiff e hanno un figlio, Arvin. Karl e Sandy iniziano intanto a fare numerosi viaggi in macchina durante il quale Karl sembra trovare ispirazione per le proprie foto. Nel 1957 Charlotte si ammala di cancro, portando Willard a pregare ogni giorni e a fare qualsiasi cosa per far sì che guarisca. Ma invano. Charlotte muore, portando Willard alla più totale disperazione e a compiere un gesto estremo. Arvin cresce, insieme a Lenora, figlia di Helen e di un predicatore diviso tra follia e devozione. Una spirale di violenza sembra inseguire Arvin da sempre, ancor di più quando a Coal River giunge un nuovo reverendo, il giovane Preston. Intanto il vero obbiettivo di Carl e Sandy che li portava a viaggiare e a fotografare paesaggi, situazione e persone rischia di essere scoperto, in particolare quando danno un passaggio ad Arvin.
Giorgia Terranova