Recensione
L’Esodo: una denuncia sociale, una vergogna di stato
Ci sono delle storie che devono essere raccontate. Sono quelle vicende talmente gravide di significato da travalicare la modalità con la quale le si espone: non importa come, ma è importante, e addirittura fondamentale, farlo. Molto probabilmente questa incombenza narrativa si è poggiata sulle spalle del regista Ciro Formisano, quando, per la prima volta, è venuto a conoscenza della storia della 60enne Francesca, esodata.
Esodato è un neologismo drammatico che si fa tragico al cospetto del quotidiano nel momento in cui ci si ritrova senza stipendio, senza lavoro e senza una pensione. Siamo nel 2012, gli effetti della cosiddetta riforma Fornero, iniziano a farsi sentire e per alcuni non c’è scampo. Non tutti hanno un piccolo ammortizzatore sociale a portata di mano: familiari o parenti che possono aiutare, lavoretti in nero da poter eseguire. E allora, che fare? Risponde Francesca con la sua umanità e la sua dignità di donna, madre e nonna. Umilmente si appresta a sedersi ai bordi di una piazza di Roma, a tendere una mano con il palmo rivolto verso l’alto, nell’attesa di un gesto di benevolenza dei passanti. Le bollette vanno pagate, l’amata nipote vuole la ricarica del cellullare e, in definitiva, qualcosa sullo stomaco bisognerà pure mettere. È una disperata lotta per la sopravvivenza, privata e personale, fatta di nascosto, per una vergogna che non si vuole abbia il benché minimo riverbero sui proprio cari.
L’Esodo: il racconto umano della dignità di una donna
Il lungometraggio di Formisano parla esattamente di questa attenzione: non c’è un lamento e nemmeno uno sparare a zero su tutto e tutti, sebbene si abbia anche la posizione per poterselo permettere. Non ci sono microfoni o telecamere (poi inevitabilmente arriveranno), e le manifestazioni, le proteste di massa sono ai margini: il frullatore mediatico è incapace di spiegare come si vivono in prima persona determinate condizioni.
Tecnicamente “L’Esodo” è un film imperfetto ma proprio per questo più umano e capace di trasmettere delle sensazioni che, con il loro tratto autentico, si incastrano perfettamente nella descrizione di una vita complicata, se non azzoppata, da quello stesso Stato in cui si confida per la tutela del proprio futuro.
Il Budget limitato e acquisito mediante una raccolta fondi racconta anche delle difficoltà che, inesorabilmente, ha incontrato questa pellicola concedendole, però, un maggior diritto alla visione; un diritto che diventa quasi un dovere, da parte dello spettatore, per una sana e robusta presa di coscienza.
Riccardo Muzi
Trama
- Regia: Ciro Formisano
- Cast: Daniela Poggi, Rosaria De Cicco, Kiara Tomaselli
- Genere: Drammatico, colore
- Durata: 104 minuti
- Produzione: Italia, 2017
- Distribuzione: Farocinema
- Data di uscita: 9 novembre 2017
“L’Esodo” è un film di denuncia sociale, tratto da una storia vera, realizzato grazie a una raccolta fondi durata tre anni a cui hanno aderito molte persone.
Il regista Ciro Formisano porta sugli schermi le conseguenze della legge Fornero, approvata durante il governo Monti : nel 2012 ben 300.000 persone si ritrovarono senza stipendio, senza pensione. Un anno tragico che diede il via ai numerosi suicidi che hanno luogo tutt’ora.
Solo pochi “esodati” hanno avuto accesso alla pensione, in questi cinque anni. Poco più di mille.
L’Esodo: una storia, tante realtà
La protagonista del film-denuncia, la sessantenne Francesca, interpretata da Daniela Poggi, è un’esodata, non ha reddito alcuno; diventa insostenibile persino la convivenza con Mary, sua nipote adolescente che rifiuta con disdegno la situazione in cui si sono ritrovate.
Nel pieno della disperazione, Francesca è obbligata a elemosinare per strada insieme a qualche rom in Piazza della Repubblica a Roma.
La sua immagine, tuttavia, non corrisponde esattamente allo stereotipo della mendicante, ed è proprio questo ciò che colpisce: è il volto dell’Italia povera. Riesce a suscitare la simpatia di passanti o abituali frequentatori della piazza, fra cui Peter, tedesco con cui instaura un’amicizia.
Fra ‘lotte territoriali’ con una zingara che vuole difendere la sua zona, e Cesare, che tenta di convincerla a protestare, la sua vita prosegue in un quieto sconforto, finché non arriva una giornalista che la invita a raccontare la sua storia.
“L’Esodo” tiene accesi i riflettori sulla questione degli esodati, che, ad oggi, sono più di 5000, e attendono l’emanazione di una norma che li tuteli.
Il regista Ciro Formisano, racconta di essersi interessato al dramma famigliare ed economico degli esodati durante il governo Monti, responsabile di questo triste fenomeno sociale. Ha intervistato molte delle vittime dei provvedimenti governativi sbagliati, ed è stato particolarmente colpito dalla storia di una donna, motivo per il quale ha deciso di raccontarla.