Nel Dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti si è acceso un acceso dibattito dopo che Elizabeth G. Oyer, avvocatessa incaricata di supervisionare le richieste di grazia e favori presidenziali, ha dichiarato di aver perso il lavoro per essersi rifiutata di ripristinare il porto d’armi di Mel Gibson. La vicenda, che coinvolge richieste dirette dall’attore e insistenti pressioni legate al presunto legame personale con il presidente Trump, ha attirato l’attenzione dei media internazionali.
Ruolo di Elizabeth G. Oyer Nel Dipartimento Di Giustizia
Elizabeth G. Oyer lavora al Dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti con competenze specialistiche nelle richieste di clemenza. Nell’ambito di un progetto volto al ripristino dei diritti di possesso di armi da fuoco per persone con precedenti penali minori, la funzionaria si trovava a gestire una lista iniziale di 95 soggetti, successivamente ridotta a 9.
In tale contesto, non fu inserito il nome di Mel Gibson, nonostante una chiara richiesta espressa con le parole: “Vorremmo che aggiungessi Mel Gibson a questo memo”. Questo dettaglio ha segnato l’orientamento dell’iniziativa e suscitato successive controversie.
Rifiuto Della Richiesta E Conseguenze Professionali
Dopo l’insediamento dell’amministrazione Trump a gennaio, Oyer ricevette una lettera dall’avvocato di Mel Gibson indirizzata a due alti funzionari del Dipartimento, nella quale si sollecitava il ripristino del porto d’armi per l’attore, scelto per un incarico speciale dal presidente e noto per il successo cinematografico. La funzionaria rifiutò la richiesta, evidenziando preoccupazioni legate alla sicurezza e alla legalità.
Successivamente, secondo quanto dichiarato da Oyer, un collega appartenente allo staff del vice procuratore generale Todd Blanche iniziò ad assumere un atteggiamento intimidatorio nei suoi confronti, evidenziando come il legame personale di Mel Gibson con il presidente Trump fosse considerato motivo sufficiente per procedere diversamente.
Elizabeth G. Oyer ha ribadito: “È pericoloso. Non è una questione politica ma di sicurezza. Restituire le armi ai colpevoli di violenza domestica è una questione seria che, a mio avviso, non può essere presa alla leggera, perché ci sono conseguenze reali quando persone con precedenti di violenza domestica entrano in possesso di armi da fuoco”.