Recensione
Light of my life – Recensione: fidati di me, prendiamoci per mano
Nella riuscita scena iniziale di “Light of my life” Casey Affleck dedica oltre 10 minuti al racconto di una storia, quasi interamente ripresa senza nessuno stacco di montaggio, nella quale un padre e una bambina, sua figlia, distesi in una tenda sperduta in mezzo ai boschi, si confrontano tra loro con sentita onestà. La curiosa scelta di iniziare così il suo primo lungometraggio (se non si considera il mokumentary girato insieme a Joaquin Phoenix) sembra una vera dichiarazione d’intenti da parte di un attore che, passato dietro alla cinepresa, decide di trasportare il minimalismo che l’ha reso famoso e che gli ha permesso di vincere un Oscar, nella creazione e tessitura di un racconto sottile e infine più profondo di quanto ci si possa inizialmente aspettare. Questa storia, come il film stesso, svelerà con l’avanzare dei minuti la sua vera funziona narrativa sfruttando caratteristiche che, alludendo ad un’attinenza di genere, affonderà infine le sue vere radici in un racconto universalmente riconoscibile.
In un futuro imprecisato, a causa di una malattia appena accennata nei pochi flashback che punteggiano la narrazione, le donne sono quasi tutte morte. Di conseguenza, a seguito dell’inevitabile collasso della società, l’uomo, inteso come genere umano, si è ritrovato costretto a recuperare il suo basico istinto di sopravvivenza agglomerandosi dove possibile in piccole comunità o scegliendo come i nostri protagonisti di vagare senza meta di bosco in bosco. In questo mondo senza speranze è nata Rag, unico personaggio femminile della pellicola e figlia del protagonista senza nome interpretato dall’attore, per questo lungometraggio oltre che regista anche sceneggiatore. Costretta a sopravvivere fin da piccola, Rag deve diventare donna in un mondo dominato dai maschi, obbligata a nascondere il suo sesso sotto larghi vestiti e corti tagli di capelli.
Light of My Life: Il lato chiaro della strada
A metà strada tra “The Road” e “The Last of Us”, “Light of my life” si muove con dimestichezza in territori già ampiamente battuti da più medium ma riesce, con la sua visione intimista, a ritagliarsi un piccolo pezzo nel cuore del cinefilo educato e attento. Perché se solitamente queste storie presentano ai protagonisti un’infinita sequenza di situazioni più o meno agghiaccianti dalle quali districarsi, come già detto alla pellicola interessa altro.
La tensione che attraversa il film, sempre sottintesa, prende il volto della paura paterna per la propria figlia, è spesso la proiezione dei suoi dubbi sul prossimo a far avanzare il racconto, più che le effettive minacce esterne.
Una regia senza particolari vezzi stilistici ma lucida e attenta ci accompagna attraverso scorci naturali, città semi abbandonate e paesaggi rurali con pazienza e attenzione, soffermandosi soventemente sui confronti tra i due protagonisti, vero cuore pulsante del racconto. Cosa significa crescere da solo un bambina? É possibile mantenere una propria umanità in una società che ormai ha abbandonato ogni pretesa di civiltà?
Una buona resa filmica, coadiuvata dalle buone interpretazioni dei due protagonisti e dalla loro complicità, regge un film a suo modo piccolo e delicato ma infine particolarmente riuscito, di quelli che riescono ad emozionare e, cosa ancora più importante, a restare nella mente dello spettatore.
Federico Renis
Trama
- Regia: Casey Affleck
- Cast: Casey Affleck, Elisabeth Moss, Tom Bower, Timothy Webber, Kory Grim, Patrick Keating, Anna Pniowsky, Monk Serrell Freed, Hrothgar Mathews
- Genere: Drammatico, colore
- Durata: 119 minuti
- Produzione: USA, 2019
- Distrubuzione: Notorious Pictures
- Data di uscita: 21 novembre 2019
In “Light of My Life” Casey Affleck è un padre solo che protegge la figlia undicenne da una realtà post-apocalittica priva di donne, tra fredde foreste incontaminate e villaggi abbandonati.
Light of My Life: una coraggiosa storia d’amore paterno
Dopo che un potente virus ha sterminato quasi tutta la popolazione femminile, un giovane padre (Casey Affleck) deve far di tutto per proteggere sua figlia (Anna Pniowsky). Un mondo di solo uomini, lasciati ai loro peggiori vizi e privati dell’amore, non è di certo un posto sicuro per una bambina alla soglia delle pubertà. Padre e figlia si rifugiano così nei boschi desolati, spacciando la piccola Rag per maschio nelle rare interazioni con il mondo esterno.
Light of My Life: un delicato racconto apocalittico
Presentato alla 69esima edizione del Festival di Berlino l’8 febbraio 2019, “Light of My Life” segna il debutto alla regia di Casey Affleck, premio Oscar nel 2017 per “Manchester by the Sea”.
Le riprese del film sono cominciate nel febbraio 2017 sulle rive del lago Okanagan nella Columbia Britannica, Canada. Il ritmo della pellicola è scandito dai lunghi silenzi dei due protagonisti, cupi e tesi come il gelido inverno che li circonda. La recitazione non verbale prevale per la maggior parte delle scene, lasciando ampio spazio ai dolci e stanchi sguardi del solitario padre, che ha ormai votato la propria vita alla protezione della sua bambina.
Quest’opera si distingue anche per essere un film apocalittico che non verte la sua attenzione sulle rovine di città o su titaniche battaglie, ma predilige il racconto schietto della deriva morale umana.