L’ultimo lavoro di Luca Guadagnino si presenta come un’opera che raccoglie e approfondisce i temi ricorrenti della sua filmografia, incentrati sul desiderio e sulla ricerca di libertà. Il regista siciliano esplora il concetto di desiderio come un sentimento che si manifesta al di fuori delle convenzioni sociali, sfuggendo alle norme e ai vincoli imposti dalla realtà. Questo film, che si avvale di una narrazione intensa e di una forte componente visiva, invita a riflettere sulle dinamiche del desiderio e sulla sua complessità.
Il desiderio come tema centrale
Luca Guadagnino ha sempre mostrato un interesse particolare per il desiderio, inteso come una forza che spinge i personaggi a cercare la libertà. Secondo il regista, il desiderio non conosce confini e si manifesta in modi che spesso sfuggono alla comprensione comune. La sua visione è chiara: il desiderio è un sentimento che non può essere incasellato o normato. Questa idea si riflette nei suoi film, dove i protagonisti si trovano a dover affrontare le conseguenze delle loro scelte e delle loro passioni.
Nel suo ultimo film, Guadagnino si confronta con la complessità del desiderio attraverso la figura di William Lee, il protagonista ispirato al romanzo “Queer” di William S. Burroughs. Lee è un personaggio in fuga, non solo dalla società, ma anche da se stesso. La sua ricerca di un luogo dove poter esprimere liberamente il proprio desiderio diventa il fulcro della narrazione, evidenziando la lotta interna tra l’aspirazione alla libertà e le costrizioni della realtà.
La scelta di Burroughs e la tecnica del cut-up
William S. Burroughs, con la sua opera “Queer“, rappresenta un punto di riferimento fondamentale per il film di Guadagnino. Burroughs non è solo un autore, ma un simbolo di ribellione contro le norme sociali. La sua tecnica di scrittura, il cut-up, riflette perfettamente l’idea di frammentazione e di rottura con la linearità narrativa. Guadagnino si appropria di questo approccio per costruire un racconto che sfida le convenzioni, creando un’esperienza visiva e narrativa che invita lo spettatore a immergersi in una realtà alternativa.
La scelta di Burroughs come fonte d’ispirazione non è casuale. La sua vita e la sua opera incarnano la ricerca di un’identità autentica e la lotta contro le imposizioni sociali. Guadagnino, attraverso il suo film, riesce a rendere omaggio a questo spirito di ribellione, utilizzando elementi visivi e narrativi che richiamano l’estetica burroughsiana.
I personaggi e le loro lotte interiori
I protagonisti dei film di Guadagnino sono spesso caratterizzati da una profonda complessità emotiva. In questo nuovo lavoro, i personaggi principali, Lee e Allerton, rappresentano due facce della stessa medaglia: entrambi sono in cerca di un modo per esprimere il proprio desiderio, ma si trovano a dover affrontare le conseguenze delle loro scelte. La loro relazione diventa un campo di battaglia tra l’aspirazione alla libertà e le costrizioni imposte dalla società.
Guadagnino ha una particolare predilezione per i personaggi femminili, come dimostrano le sue opere precedenti. Figure come Emma Recchi, interpretata da Tilda Swinton in “Io sono l’amore“, e Susie Bannon, interpretata da Dakota Johnson in “Suspiria“, incarnano la lotta per la riscoperta del desiderio. Queste donne, spesso isolate e in conflitto con il loro ambiente, cercano di affermare la propria identità e di liberarsi dalle catene della normalità.
Un film che esplora la dualità del desiderio
“Queer” si presenta come un’opera che vive di una doppia identità: voyeurista e autovoyeurista. Guadagnino non si limita a raccontare la storia di Lee e Allerton, ma si osserva e si analizza attraverso di loro. Questo approccio crea una connessione profonda tra il regista e i suoi personaggi, rendendo il film un’esperienza intima e personale.
La rappresentazione del desiderio nel film è caratterizzata da una forte componente visiva, con una fotografia che gioca un ruolo fondamentale nel trasmettere le emozioni dei protagonisti. La scelta di ambientare alcune scene in un Sud America reimmaginato, attraverso la lente del direttore della fotografia Mukdiphrom, contribuisce a creare un’atmosfera onirica e allucinatoria, che riflette le tensioni e le contraddizioni del desiderio.
La condizione del desiderio
Il film di Guadagnino non si limita a raccontare una storia, ma offre una riflessione profonda sulla condizione del desiderio. Esso è descritto come un sentimento in costante fuga, incapace di trovare una dimensione di soddisfazione. La sua natura carnale e corporale si scontra con le limitazioni imposte dalla società, creando un conflitto che attraversa l’intera narrazione.
In questo contesto, Guadagnino riesce a trasmettere un messaggio potente: il desiderio è una forza primordiale che, per essere espressa, deve liberarsi dalle costrizioni del corpo e delle convenzioni sociali. La frase “I’m not queer, I’m disembodied” diventa un manifesto della ricerca di libertà e autenticità, invitando lo spettatore a riflettere sulle proprie esperienze e sul significato del desiderio nella propria vita.
L’ultimo film di Luca Guadagnino si configura quindi come un’opera complessa e stratificata, che affronta temi universali attraverso una narrazione intensa e visivamente coinvolgente. La sua capacità di esplorare il desiderio e la fuga dalla realtà lo rende un contributo significativo al panorama cinematografico contemporaneo.
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