Luna Nera – Recensione: tra magia e realtà
Quando si parla di fantasy, non si pensa spesso all’Italia, nonostante questo paese abbia un ricco patrimonio culturale intriso di soprannaturale e misticismo. Si aggiunga a questa carenza lo scetticismo, specialmente in ambienti accademici e professionali, verso la fiction di genere ed è semplice capire perché “Luna Nera” rappresenti una forza innovatrice nel panorama italiano.
Uno dei punti di forza principali del fantasy è senz’altro la capacità intrinseca di affrontare argomenti importanti attraverso metafore e allegorie che li rendano più accessibili. La magia diventa una sovrastruttura scintillante in servizio di qualcosa di più profondo e oscuro, in questo caso la violenta misoginia che ha caratterizzato il periodo della caccia alle streghe.
Invece di limitarsi a riportare le stragi in cui donne di cui non si sa nulla furono torturate e arse al rogo, “Luna Nera” usa la storia come trampolino di lancio e ribalta le carte in tavola con il soprannaturale.
Ade, giovane levatrice con un potere capace di metterla in comunicazione con il regno dei morti, è accusata di aver ucciso il neonato che stava provando a salvare, ma è anche protetta da un gruppo di donne pronte ad accoglierla come una di loro. La forza che è dentro di lei diventa qualcosa che la ragazza deve non solo accettare, ma imparare ad amare come una parte di sé.
Luna Nera: una premessa solida
Una sceneggiatura che risulta vagamente ingessata nel tentativo di infarinarla di medievalismi e un cast composto da molti interpreti esordienti possono creare qualche intoppo ogni tanto, ma i primi due episodi della serie risultano nel loro complesso godibili e Antonia Fotaras si cala presto nei panni della fiera ma spaventata Ade.
È nelle scene in cui è libera di sembrare davvero un’adolescente che brilla di più, tra i sussurri imbarazzati e felici che si scambia con l’unica amica durante un bagno caldo o la trepidazione degli incontri con Pietro, l’immancabile love interest.
Questa attenzione alla sfera femminile si estende anche alle altre donne del cast, che vengono mostrate in modo schietto, con un occhio particolare per le loro imperfezioni e i loro corpi, fisici e concreti.
Dal punto di vista della ricostruzione storica, “Luna Nera” si avvale dei suggestivi paesaggi del Lazio, collocando la vicenda in una precisa cornice geografica tutta nostrana. Anche i costumi contribuiscono alle atmosfere mistiche con i loro colori cupi, tessuti ruvidi e ampi mantelli che oscurano il volto dei personaggi.
Interessante la scelta della colonna sonora, a opera dei Black Casino and the Ghost, che mescola uno stile tipicamente contemporaneo a effetti cantilenanti, quasi ovattati, perfetti per un’opera fantasy nella loro natura anacronistica.
Gaia Sicolo