Recensione
Manifesto – Recensione: un’installazione artistica con una straordinaria Cate Blanchett
Con “Manifesto” il video artista tedesco Julian Rosefeld descrive 13 manifesti con molta maestria. È lui a dirigere Cate Blanchett, che interpreta con estrema disinvoltura diversi personaggi. Un senza tetto che vaga in un posto spettrale della zona industriale berlinese e una madre di famiglia in apparenza molto borghese sono i due personaggi che traghettano la narrazione.
Manifesto: 13 manifesti contemporanei per raccontare il presente
“Manifesto” è un omaggio dichiarato a molte correnti artistiche e politiche che hanno lasciato il segno nella storia contemporanea. Si parte con quello del Partito Comunista firmato da Marx e Engels, recitato da una barbona che diventa una broker rampante di Wall Street alle prese con il mito della velocità, bandiera del movimento futurista di Marinetti e di tutti gli artisti che hanno subito la sua influenza.
La bella Cate smette i panni di signora per diventare una punk berlinese in un bar decadente per lanciare le rime del movimento del realismo di NaumGabo e Anton Pevzner. Il dadaismo è presente in una surreale orazione funebre in uno scenario che Louis Aragon avrebbe molto amato.
È riuscitissima anche la performance dell’attrice nei panni di una burattinaia che cita Breton nel secondo manifesto surrealista. L’arte pop è lanciata in modo assolutamente perfetto da Cate, signora borghese che recita una preghiera prima di un pranzo di famiglia. Il minimalismo e l’arte concettuale sono presentati letteralmente da una conduttrice televisiva molto sopra le righe.
Il film si chiude con le immagini girate in una classe scolastica con un insegnante che parla di cinema nel cinema, citando il manifesto Dogma 95 di Lars von Trier e Thomas Vinterberg.
Manifesto: un ibrido ben riuscito tra cinema e poesia
“Manifesto” di Julian Rosefeldt non è un’opera per tutti, per i continui rimandi culturali e per la poesia con cui rappresenta ‘pezzi’ di storia. Nella sua complessità è un piacere per l’occhio per i diversi scenari in cui colloca la Blanchett. È lei il gioiello di questa installazione video che pecca solo di un’eccessiva lunghezza, compensata tuttavia da un’interprete di prim’ordine e una serie di location assolutamente perfette per ogni manifesto.
Ivana Faranda
Trama
- Regia: Julian Rosefeldt
- Cast: Cate Blanchett, Erika Bauer, Carl Dietrich, Marie Borkowski Foedrowitz, Ea-Ja Kim, Marina Michael, Hannelore Ohlendorf, Ottokar Sachse
- Genere: Drammatico, colore
- Durata: 94 minuti
- Produzione: Australia, Germania, 2015
- Distribuzione: I Wonder Pictures
- Data di uscita: 23 ottobre 2017
Protagonista assoluta di “Manifesto” è l’attrice Premio Oscar Cate Blanchett, interprete di tredici personaggi molto diversi tra loro: come ad esempio la senzatetto che racconta i particolari del Manifesto Comunista, una vedova che recita i motti del dadaismo a un funerale, una maestra che descrive ai suoi studenti il Dogma 95 e così via dicendo.
Ogni interpretazione viene posta in uno scenario unico, tutto per poter celebrare le varie correnti di pensiero attraverso monologhi, come una sorta di One Woman Show. La Blanchett si è sottoposta a questa sfida per omaggiare i manifesti letterari in una spettacolare trasposizione cinematografica che ha conquistato il pubblico del Sundace Film Festival nel gennaio 2017.
Attraverso le varie prove recitative di Cate Blanchett, il regista Julian Rosefeldt ha voluto contestualizzare i discorsi dei vari artisti e dei vari pensatori nel mondo contemporaneo, raccontando i cambiamenti avvenuti negli anni e ciò che non è affatto mutato.
Manifesto: la scrittura del film
Il regista Julian Rosefeldt descrive il processo di stesura dello script come qualcosa di grezzo. Dice: “Ho iniziato a giocherellare con i testi e ho iniziato a dare vita a qualcosa, combinando e riarrangiandoli facendoli diventare testi totalmente nuovi che potevano essere recitati. Questi testi si completano a vicenda in una maniera potentissima.”
Rosefeldt è stato attratto dall’idea di accennare a una collezione di voci come se conversassero tra di loro, rimanendo ciononostante monologhi ambientati in diversi momenti.
Il progetto si interroga sul ruolo dell’artista immerso nella società odierna e sul rapporto tra le due cose. Rosefeldt ritiene il suo lavoro un’omaggio alla bellezza dei Manifesti degli artisti, una sorta di Manifesto dei Manifesti.