Trama
- Titolo Originale: Marie Heurtin
- Regia: Jean-Pierre Améris
- Cast: Isabelle Carré, Brigitte Catillon, Laure Duthilleul, Martine Gautier, Sonia Laroze, Patricia Legrand, Christophe Tourrette, Gilles Treton, Ariana Rivoire
- Genere: Biografico, colore
- Durata: 95 minuti
- Produzione: Francia, 2014
- Distribuzione: Mediterranea
- Data di uscita: 3 Marzo 2016
La vicenda che si snoda nella pellicola biografica “Marie Heurtin – Dal buio alla luce” è tratta da una storia vera avvenuta tra il XIX e il XX secolo. Suor Marguerite è una donna che vive la sua spiritualità con sentimento e devozione, nonostante sappia di essere alle prese con una prematura dipartita. La sua vita e concezione spirituale viene risollevata quando al convento nel quale vive arriva una bambina di nome Marie (protagonista apputo del biopic “Marie Heurtin – Dal buio alla luce”).
La bambina giunge tra le braccia di Suor Marguerite scoraggiata e rassegnata, con mille domande e poco fiduciosa in un Dio che l’ha resa sorda, muta e cieca. La suora non si perde d’animo ma, anzi, decide di fare della bambina il centro della sua vita, tentando di trasformare la poverina in un essere umano degno di essere chiamato tale, facendola così allontanare dallo stile di vita che, prima di quel momento, aveva avuto.
Recensione
Marie Heurtin – Dal buio alla luce: un intenso biopic su come ostacoli insormontabili possono essere superati grazie all’impegno e alla determinazione di un singolo
Alla fine del XIX secolo Suor Margherite decide di prendersi cura della giovane Marie, sorda e cieca dalla nascita. Nonostante i molteplici impedimenti e le difficoltà Margherite cambierà per sempre la vita di Marie, ponendo le basi per l’inserimento dei sordo-ciechi nella vita socio-culturale delle nostre società
Marie Heurtin – Dal buio alla luce: il racconto intenso di un grande incontro
Quello che racconta Jean-Pierre Améris non è il semplice susseguirsi degli eventi che hanno portato allo sviluppo delle potenzialità di Marie, grazie alla tenacia e all’amore della religiosa, ma è l’incontro di due anime che, nonostante i grandi impedimenti, riescono a dialogare.
Se è difficile la comunicazione per un individuo non udente, o per un non vedente, immaginiamo la solitudine e l’estraneità al mondo di chi è affetto da entrambi gli handicap. Eppure la religiosa riesce, tramite un piccolo coltello, al quale la ragazza era affezionata, ad aprire una breccia nel suo isolamento, insegnandogliene il nome. Da quel momento si sviluppa un apprendimento continuo, con un entusiasmo quasi impensabile solo pochi giorni prima.
Il regista francese sceglie per il ruolo di Margherite la deliziosa Isabelle Carré, protagonista anche delle due pellicole precedenti di Améris. Isabelle, così esile e dolce, ben incarna la religiosa di Larnay, e trasmette con completezza al pubblico l’affetto quasi materno per la giovane allieva.
Marie Heurtin – Dal buio alla luce: un film sul più universale tema del comunicare, tanto caro al regista
Dopo “Emotivi anonimi” e “L’uomo che ride”, Améris torna a trattare il tema della comunicazione, abbandonando la finzione per proporre il racconto fedele delle vicende di Marie. In un’epoca in cui la comunicazione è più che altro virtuale, e i social hanno sostituito i bar sottocasa o i muretti davanti alle scuole, ecco un film che parla dell’impellenza di comunicare ‘col corpo’. Il regista indugia con la telecamera sulle mani di Margherite che stringono quelle di Marie con l’intento d’insegnarle un qualche segno che permetta loro di trovare un contatto, mostra come da quell’intreccio di dita esploda una sconfinata voglia di apprendere. In una storia dove a regnare sono le tenebre, Améris realizza una pellicola luminosa, dove i giochi di luce raccontano più di mille parole.
Impossibile evitare il confronto della pellicola col famoso “Anna dei miracoli” del 1962, che narra una vicenda analoga, quella della più famosa Helen Keller, che lo stesso regista avrebbe voluto riportare sullo schermo. Forse, dopo tanti remake sulla storia della Keller, questa di Marie e Margherite ha una freschezza riservata alle storie finora sconosciute ai più.
Ad Améris, che ha anche curato la sceneggiatura assieme a Philippe Plasband, va il merito di aver portato la pellicola nelle sale con una perfetta accessibilità per tutte le forme di disabilità audiovisiva, grazie a produttori e distributori sensibili, e alla collaborazione delle associazioni specializzate.
L’istituto di Larnay, vicino a Poitiers, in cui si svolgono gli avvenimenti narrati, non è più tenuto da religiose, ma è rimasto un polo di riferimento per l’educazione di soggetti sordo-ciechi, che vi arrivano da tutto il mondo. Vengono ancora usati i metodi di suor Margherite, primo fra tutti quello d’individuare un ‘oggetto relazionale’ dal quale far partire il lavoro.
Maria Grazia Bosu
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