Biografia
Matt Dillon è un attore e regista statunitense che ha partecipato a molti film di successo tra cui “Giovani guerrieri” e “I ragazzi della 56ª strada”; e che è stato candidato all’Oscar al miglior attore non protagonista per il film “Crash – Contatto fisico”
Matt Dillon, il talentuoso ‘ragazzo della 56esima strada’
(New York, 18 Febbraio 1964)
Matthew Raymond Dillon nasce il 18 febbraio del 1964 a New Rochelle, un sobborgo di New York, da una famiglia agiata di cattolici irlandesi.
É il secondogenito dei sei figli di Mary Ellen, casalinga, e Paul, pittore e agente di cambio.
Un certo estro artistico fa parte del suo patrimonio genetico, i fratelli di sua nonna Bea sono infatti due famosi artisti: Alex Raymond è l’autore delle cartoon strips “Flash Gordon”, “Jungle Jim” e “Rip Kirby”, mentre Jim Raymond ha disegnato le strisce di Blondie, dopo la morte di Chic Young. Matt, scoperto a soli quindici anni da un talent scout mentre si aggira nei corridoi della sua scuola per marinare la lezione di matematica, accetta di recitare per la Warner senza capire bene il potenziale della proposta che gli viene fatta, e soprattutto come questa scelta cambierà la sua vita, proiettandolo velocemente nell’Olimpo dei divi di Hollywood. Il suo esordio cinematografico è con Jonathan Kaplan nel film denuncia “Giovani guerrieri” nel 1979, dove interpreta il ruolo di un adolescente appena uscito dal riformatorio, al centro di una drammatica vicenda di strada.
Il successo e il paragone con il leggendario James Dean
La pellicola di Kaplan ottiene i favori del pubblico e della critica e il giovane Dillon è paragonato a James Dean: bello e dannato! Nel 1980 gira due pellicole: “La mia guardia del corpo” di Tony Bill, sull’amicizia tra adolescenti, dove interpreta il ruolo di un teppista che taglieggia i suoi compagni di scuola, e “Little darlings” di Ronald F. Maxwell, dove, per la gioia delle teenagers e non solo, appare in slip. Nel 1981 fa parte del cast di “American Blue Jeans” di David Fisher e del cortometraggio di Eric Red “Gunmen’s Blues”. Nel 1982 è nel film tv di Richard Bartlett “The Great American Fourth of July and Other Disasters” e nella trasposizione cinematografica effettuata dal regista Tim Hunter di uno dei best seller di S. E. Hinton (che nella pellicola recita nel ruolo di un insegnante) “Un ragazzo chiamato Tex”. É questa una rappresentazione emotivamente intensa e drammatica, dove Dillon offre un’ottima prova recitativa nella parte di un adolescente orfano, con unico punto di riferimento: un fratello distratto.
Seguono nel 1983 le due pellicole di Francis Ford Coppola, sempre tratte da best seller di Susan Eloise Hinton: “I ragazzi della 56esima strada”, pubblicato nel 1967 e subito venduto in quattro milioni di copie dall’allora sedicenne Hinton, e “Rusty il selvaggio”. I due lavori hanno un successo strepitoso, diventano da subito film di culto, consolidando la fama di Dillon e lo consacrano star internazionale. Ne “I ragazzi della 56esima strada” è il teppista Dallas Winston e recita accanto a Emilio Estevez, Tom Cruise, Ralph Macchio, Rob Lowe e Patrick Swayze, tutti futuri attori di successo.
Il successo in giovanissima età
In “Rusty il selvaggio” invece fa coppia con Mickey Rourke, portando sullo schermo il complesso rapporto tra due fratelli, che vivono col mito delle Harley Davidson. Dillon è il più piccolo e vive venerando il fratello maggiore, leader del quartiere, che nel ragazzo ha riempito il vuoto lasciato dalla madre che li ha abbandonati ormai da dieci anni e da un padre, avvocato fallito e alcolizzato (un Hopper da premio Oscar), che non rappresenta per il ragazzo un riferimento sicuro. Il titolo originale “Rumble Fish” è una chiara metafora della complessa situazione narrata: fa riferimento ai pesci tuono, una specie di pesci siamesi che attaccano i loro simili: “non combatterebbero se fossero nel fiume, se avessero più spazio”, dice in una battuta Rourke. A questo punto della sua precoce carriera l’attore, che ha sempre interpretato i suoi personaggi lasciandosi guidare dall’istinto e dall’intuito, sente l’esigenza di studiare recitazione. Con l’aumentare della notorietà l’attore si sente sempre più avulso da ciò che lo circonda, dividersi tra set e lezioni scolastiche lo fanno sentire diverso, quasi rifiutato. Queste sensazioni sviluppano in lui una malinconia che sembra non lasciarlo mai, rafforzando il parallelo Dillon – Dean, croce e delizia per l’attore, il quale, se da un lato è sempre la prima scelta per ruoli da giovane ribelle, dall’altro, quando gli anni passano non rendendolo più adatto, trova sempre più difficile trovare parti giuste.
Le sue certezze si incrinano, la sua popolarità sembra vacillare, e seppur ancora molto giovane deve ricostruirsi artisticamente ed umanamente. Nel 1984 è in “Flamingo Kid” di Garry Marshall, una piacevole pellicola ambientata negli anni Sessanta, dove interpreta un giovane attirato dalla falsa illusione del successo e dei soldi facili. Sono del 1985 “Target – Scuola omicidi” di Arthur Penn, sul rapporto padre – figlio rafforzato dal rapimento della madre, accanto al suo grande idolo Gene Hackman, e “Rebel Matt, soldato ribelle” di Michael Jenkins, dove ricopre il ruolo di un marine disertore durante la Seconda Guerra Mondiale. Nel 1986 lo ritroviamo in “Paura” di Jerrold Freedman, pellicola che narra la drammatica vita di un ragazzo di colore nella Chicago degli anni ’30; nel 1987 nel film – documentario “Dear America – Lettere dal Vietnam” di Bill Couturie, che mostra il dramma del Vietnam attraverso le lettere che i militari inviavano dal fronte ai loro cari; è sempre del 1987 “Braccio vincente” di Ben Bolt, accanto a Diane Lane e Tommy Lee Jones, dove veste i panni di un ragazzo di provincia bravo ai dadi, che si trova a dover maturare e sopravvivere nella giungla dei professionisti, con compromessi e disonestà.
Nel 1988 è nel drammatico “Kansas” di David Stevens, pellicola sulle amicizie impossibili e sul mito della vita “on the road”. In questi ultimi anni l’attore ha cercato di interpretare ruoli variegati che si discostassero dallo stereotipo dei ruoli che gli hanno regalato il successo, ma seppure l’attività lavorativa sia molto intensa queste pellicole, quasi sempre prodotti minori, deludono le aspettative sia dei fan che della critica, che lo vede in un’arrestabile declino nonostante la giovane età.
Un cowboy fuori dagli schemi
É il 1989 a ridare smalto all’immagine di Matt Dillon con la pellicola di Gus Van Sant “Drugstore Cowboy”, dove, accanto all’ottantenne William Burroughs, mito della beat generation, veste i panni di un rapinatore di farmacie drogato e piuttosto strampalato. Per molti critici questa è la sua migliore interpretazione che gli fa conquistare l’Indipendent Spirit Award come Miglior Attore, portandolo di nuovo alla ribalta. Lo stesso anno è sul grande schermo in “I maledetti di Hollywood” (Bloodhounds of Broadway) di Howard Brookner assieme a Josef Sommer e Madonna, film che racconta l’intrecciarsi di alcune vite, prendendo come sfondo l’ultima festa del jazz del 31 dicembre del 1928. A venticinque anni, con quasi venti pellicole alle spalle, decide di prendersi una meritata pausa dagli schermi. Torna presto per vestire i panni di un giovane arrivista, psicopatico e assassino, nel thriller di James Dearden “Un bacio prima di morire” del 1991.
L’anno successivo lavora con Cameron Crowe, nei panni di uno strambo cantante, in “Singles – L’amore è un gioco”, mostrando un inconsueto talento comico. Lo stesso anno è nel divertente “Mr. Wonderful” di Anthony Minghella, dove cerca con tutti i mezzi di trovare un nuovo marito alla sua ex moglie per non doverle più pagare gli alimenti. Nel 1993 diretto da John Madden porta sullo schermo la figura di un agente dell’FBI giovane e idealista nel drammatico “Golden Gate”. Nel 1995 lavora nuovamente con Van Sant in “Da morire”, commedia noir sul potere che ha il piccolo schermo di inebetire le masse, è il marito ingombrante di una giornalista in carriera, la bella e brava Nicole Kidman. Sono del 1996 tre pellicole: “Beautiful Girls” di Ted Demme, a fianco di Timothy Hutton, Uma Thurmaned una quattordicenne Natalie Portman, commedia agrodolce sulla crisi che coglie un trentenne (Hutton) alla vigilia delle sue nozze; “Grace of My Heart – La grazia del mio cuore” di Allison Anders, liberamente ispirato alla biografia di Carole King, dove Dillon interpreta il marito della cantante; “Insoliti criminali”, eccellente opera prima dietro la macchina da presa di Kevin Spacey, dove accanto a Dillon troviamo Gary Sinise, eccellente interprete di numerose pellicole, ora nell’immaginario collettivo come Mac Taylor di CSI NY.
Il 1997 è l’anno della fortunata commedia di Frank Oz “In & Out”, dove Matt Dillon interpreta il giovane attore che la notte degli Oscar ringrazia pubblicamente il suo insegnante gay, l’esilarante Kevin Kline, seminando il panico nella vita di quest’ultimo e della sua promessa moglie Joan Cusak. Nel 1998 lavora in due pellicole molto diverse, la commedia demenziale “Tutti pazzi per Mary” dei fratelli Farrely, un grande successo al botteghino, dove dà vita ad un detective scalcinato che si innamora della deliziosa Cameron Diaz (la fidanzata del liceo del cliente che l’aveva pagato per ritrovarla), con la quale l’attore nella vita reale ha avuto una lunga e coinvolgente relazione. L’altra pellicola è “Sex Crimes” (“Wild Things”) di John McNaughton, una torbida storia ad alta tensione, di sesso e omicidi, dove veste i panni di un professore molto sexy che suscita l’attenzione delle sue allieve; assieme a lui Kevin Bacon, Neve Campbell e Miranda Richardson.
Le pellicole degli anni duemila
Ricordiamo poi nel 2000 “Un corpo da reato” di Harald Zwart, di nuovo verve comica nelle vesti di un barista senza un soldo che perde la testa per la splendida Liv Tayler. Nel 2002, dopo aver dato vita a tanti personaggi, mostrando grandi capacità istrioniche che gli hanno permesso di spaziare da parti drammatiche, intense (in ruoli da dannato, psicopatico o vittima) fino a parti più spiritose e leggere, sente l’esigenza di passare dietro la macchina da presa. Confeziona un buon prodotto, un film noir da lui stesso ideato, di cui è anche protagonista: “City of Ghost”, che lo vede calarsi nel ruolo di un assicuratore disonesto che si reca in Cambogia per recuperare del denaro sporco, a fianco fragli altri di James Caan e Gérard Depardieu.
Nel 2004 l’interpretazione del poliziotto razzista, a tratti odioso a tratti simpatico, a fianco fra gli altri di Sandra Bullock e Don Cheadle, nella pellicola canadese “Crash – Contatto fisico” di Paul Haggins, vincitrice dell’Oscar come miglior film nel 2006, gli vale la nomination all’Oscar come Miglior Attore Non Protagonista. Seguono tante pellicole, ricordiamo del 2005 “Loverboy” esordio alla regia di Kevin Bacon, film sentimentale che lo vede al fianco della moglie dello stesso Bacon, Kyra Sedgwick, e della Bullock. Sempre del 2005 “Herbie – Il supermaggiolino” di Angela Robinson, nuovo episodio della serie sulla vetusta ma sempre spumeggiante macchina, con Lindsay Lohan, e il drammatico “Factotum” di Bent Hamer. L’anno successivo è con Owen Wilson e Kate Hudson nell’ironico “Tu, io & Dupree” di Antony e Joe Russo.
Nel 2009 vediamo Matt Dillon in due pellicole: nella commedia “Daddy Sitter” di Walt Becker, a fianco di John Travolta, Robin Williams e Kelly Preston; nel drammatico “Blindato” di Nimròd Antal assieme ad attori del calibro di Jean Reno e Lawrence Fishburne. Nel 2010, invece è nel film d’azione “Takers” di John Luessenhop con Paul Walker e Idris Elba. Nel 2013 appare in “Pawn Shop Chronicles” di Wayne Kramer (2013), insieme a Paul Walker, Brendan Fraser ed Elijah Wood.
Lontano dal set Matt Dillon è schivo e riservato, geloso della sua privacy, non fa vita mondana, è difficile incontrarlo in un locale notturno e non frequenta colleghi. Veste casual ed ama l’Italia e le opere di Federico Fellini.
Maria Grazia Bosu
Filmografia
Matt Dillon Filmografia Attore – Cinema
- Giovani guerrieri, regia di Jonathan Kaplan (1979)
- Piccoli amori, regia di Ronald F. Maxwell (1980)
- La mia guardia del corpo, regia di Tony Bill (1980)
- American Blue Jeans, regia di David Fisher (1981)
- Gunmen’s Blues, regia di Eric Red, (Cortometraggio) (1981)
- The Great American Fourth of July and Other Disasters, regia di Richard Bartlett, (Film TV) (1982)
- American Playhouse, (Serie TV 1 episodio) (1982)
- Un ragazzo chiamato Tex, regia di Tim Hunter (1982)
- I ragazzi della 56ª strada, regia di Francis Ford Coppola (1983)
- Rusty il selvaggio, regia di Francis Ford Coppola (1983)
- Flamingo Kid, regia di Garry Marshall (1984)
- Target – Scuola omicidi, regia di Arthur Penn (1985)
- Rebel Matt, soldato ribelle, regia di Michael Jenkins (1985)
- Paura, regia di Jerrold Freedman (1986)
- Dear America – Lettere dal Vietnam, regia di Bill Couturié, (Documentario TV) (Voce) (1987)
- Braccio vincente, regia di Ben Bolt (1987)
- Kansas, regia di David Stevens (1988)
- Drugstore Cowboy, regia di Gus van Sant (1989)
- I maledetti di Hollywood, regia di Howard Brookner (1989)
- Un bacio prima di morire, regia di James Dearden (1991)
- Donne e uomini 2, regia di Walter Bernstein e Mike Figgis, (Film TV) (1991)
- Singles – L’amore è un gioco, regia di Cameron Crowe (1992)
- Mister Wonderful, regia di Anthony Minghella (1992)
- Fort Washington – Vita da cani, regia di Tim Hunter (1993)
- Golden Gate, regia di John Madden (1993)
- Da morire, regia di Gus van Sant (1995)
- Frankie delle stelle, regia di Michael Lindsay-Hogg (1995)
- Beautiful Girls, regia di Ted Demme (1996)
- La grazia nel cuore, regia di Allison Anders (1996)
- Insoliti criminali, regia di Kevin Spacey (1996)
- In & Out, regia di Frank Oz (1997)
- Sex crimes – Giochi pericolosi, regia di John McNaughton (1998)
- Tutti pazzi per Mary, regia di Bobby e Peter Farrelly (1998)
- Un corpo da reato, regia di Harald Zwart (2000)
- Deuces Wild – I guerrieri di New York, regia di Scott Kalvert (2002)
- City of Ghosts, regia di Marr Dillon (2002)
- Employee of the Month, regia di Mitch Rouse (2004)
- Crash – Contatto fisico, regia di Paul Haggis (2004)
- Loverboy, regia di Kevin Bacon (2005)
- Factotum, regia di Bent Hamer (2005)
- Herbie – Il super maggiolino, regia di Angela Robinson (2005)
- Tu, io e Dupree, regia di Anthony Russo e Joe Russo (2006)
- I Simpson, (Serie TV 1 episodio) (Voce) (2007)
- Nothing But the Truth, regia di Rod Lurie (2008)
- Daddy Sitter, regia di Walt Becker (2009)
- Blindato, regia di Nimród Antal (2009)
- Takers, regia di John Luessenhop (2010)
- Modern Family, (Serie TV 1 episodio) (2011)
- Fish Gun, regia di Chad Carter e Jake Szymanski, (Cortometraggio)
- Girl Most Likely, regia di Shari Springer Berman e Robert Pulcini (2012)
- Pawn Shop Chronicles, regia di Wayne Kramer (2013)
- The Art of the Steal, regia di Jonathan Sobol (2013)
- Sunlight Jr., regia di Laurie Collyer (2013)
- Wayward Pines, (Serie TV 2 episodi) (2014)
- Affari di famiglia, regia di Chris Brinker (2014)
- Insospettabili sospetti (Going in Style), regia di Zach Braff (2017)
Matt Dillon Filmografia – Regista
- Oz, (Serie TV 1 episodio) (1999)
- City of Ghosts, (2002)