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Mister Chocolat: il regista Roschdy Zem racconta il suo film a Roma

Sarà “Mister Chocolat”, da domani nelle sale italiane in 140 copie, ad aprire stasera a Roma la rassegna cinematografica Rendez – Vous, una vera e propria vetrina sul cinema francese, giunta con successo alla sesta edizione

Mister Chocolat

Il regista ha iniziato col raccontarci che questo film può definirsi un incontro tra cinema e storia: è stato infatti uno storico francese ad aver cercato negli archivi tutto ciò che potesse essere utile per raccontare la storia di Chocolat, il primo artista nero ad aver avuto successo in Francia, per poi scriverne un libro. Di quest’ultimo, di Gérard Noiriel, ‘Chocolat clown nègre’, dice: “ce ne siamo impadroniti” per fare il film.

Ha proseguito narrando di come sia stato difficile durante la lavorazione del film girare i numeri circensi, frutto dell’estro artistico di James Thierrèe, che ci tiene a ringraziare pubblicamente. Thierrèe impersona Footit, mentre a prestare il volto a Chocolat è Omar Sy: un duo senza precedenti, che sconvolse artisticamente la Bella Epoque parigina.

Ciò che ha colpito molti è stata la scelta di parlare del personaggio a 360 gradi, con pregi e difetti: “Ho cercato di evitare l’idealizzazione del personaggio, e soprattutto la vittimizzazione”. Gli elementi sulla vita dell’artista sono pochi, lo storico si era limitato a raccogliere gli articoli dell’epoca e ad analizzarli, ma farne un film è ben diverso, motivo per il quale sono ovviamente state fatte delle scelte narrative che riempissero i buchi ed al contempo esprimessero tutta l’essenza di quest’uomo, nato schiavo.

“Mister Chocolat” e l’accettazione del diverso

Roschdy Zem ritiene importante l’aver potuto raccontare questo personaggio: Chocolat gli ha permesso di narrare una storia d’amore, perché tale sente di definire il forte legame d’amicizia che univa i due colleghi, e crede che questo renda possibile una sorta di allegoria tra la storia dell’epoca e la Francia di oggi: “Spesso amiamo, ma vogliamo l’altro a nostra immagine, come quando oggi chiediamo agli stranieri di diventare come noi, non li accettiamo come sono”.
Riguardo Omar Sy ha sorriso: “Rappresenta un vero paradosso, è diventato il personaggio preferito dai francesi, è perfetto per il ruolo, ed avendo il film un elevato costo, senza Omar Sy non avrei avuto i fondi necessari; per fortuna è bravo e mi piace anche come uomo”.

Interpellato sul tema delle diversità, ha ricordato che può avere vari aspetti, non solo quello della pelle: “Penso, ad esempio, alle difficoltà che incontrano le attrici non più giovani a trovare ruoli, spesso quasi sparendo dagli schermi. Penso al fatto che il 95% dei deputati dell’Assemblée Nationale in Francia sono maschi. I politici dovrebbero essere i primi a dare il buon esempio”, e poi ha aggiunto: “La mia presenza qua dimostra comunque che un’evoluzione, seppur lenta, esiste.”

Mister Chocolat: un film biografico, non un documentario

Molta la curiosità sulla veridicità dei frammenti di vita narrati in “Mister Chocolat”, che hanno costretto l’attore-regista a ricordare che il film è liberamente ispirato al libro, ma non è un documentario. Alcune inserzioni di finzione sono servite sopratutto a simboleggiare la solitudine che quest’uomo si portava dentro, nonostante il successo e l’amicizia di Footit, e inoltre “le notizie certe sono poche, basti pensare che non aveva un nome, uno stato civile, è stato sepolto come Chocolat”.
Zem sente di dover fare delle precisazioni sull’insuccesso di una performance teatrale di Chocolat, che viene paragonata agli insulti razziali negli stadi, ricordando che la Francia dell’epoca era comunque impreparato ad accettare un artista nero.

Attira l’interesse del pubblico anche l’attore protagonista: pare infatti che, durante la lavorazione del film, l’unica scena che facesse paura a Omar Sy sia stata quella di ‘Othello’. “Era stata fatta da mostri sacri e pensava di non essere all’altezza” ha commentato e il regista ha deciso di fargli vedere l’interpretazione di Orson Welles: “Gli ho detto di ispirarsi a lui, e credo seriamente che dovrebbe fare del teatro”.

Riguardo la risonanza che il tema dell’accettazione del diverso può avere sulla tragica attualità francese il regista ha ammesso tristemente che “l’attualità è più veloce dell’immaginazione: ho iniziato a lavorare il film durante il periodo di Charlie Hebdo e mai avremmo potuto pensare ad una simile escalation, per cui se si ravvisano riferimenti all’oggi sono del tutto involontari. Ciò che accade modifica i progetti di lavoro per il futuro e noi siamo sempre un po’ indietro”.

Maria Grazia Bosu

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