Recensione
Montparnasse femminile singolare – Recensione: un film agrodolce sullo stato dei giovani francesi
Paula (Laetitia Dosch) è appena tornata da un lungo viaggio e a Parigi si trova senza né casa né lavoro. Il suo ex compagno non la accoglie e la giovane donna deve vagare a vuoto per la città con il suo gatto in braccio. Fra incontri diversi riesce in qualche modo a sopravvivere e forse anche a ritrovare se stessa.
Il plot è tutto incentrato sulla solitudine di un personaggio che alla fine si trova a incarnare la sua generazione, quella dei trentenni che si devono adattare al precariato sociale, sull’onda del recente varo de La Loi Travail 1 approvata in pieno stato di emergenza, con un colpo di mano parlamentare e nel bel mezzo di mesi di mobilitazione sociale su proposta di Macron.
Montparnasse femminile singolare: la regista Léonor Serraile dirige un’opera prima, emblematica per la sua generazione
È molto vitale il personaggio di Paula, che porta con sé un gatto senza sapere dove andare. Si tratta di una forte immagine metaforica sullo stato delle cose dei coetanei dell’autrice nata nel 1986, che probabilmente nel suo personaggio si è riflessa in parte. La giovane donna del titolo è fragile come una farfalla e in fondo cerca solo amore dovunque vada. Il suo rapporto con la madre è catastrofico e l’ha portata probabilmente alla sua palese bipolarità.
Non ha mezze misure l’autrice nella sua genesi creativa. Punta volutamente all’eccesso che viene incarnato magnificamente da Laetitia Dosch, attrice della Nouvelle Vague. Lo spettatore resta coinvolto nel disastro della sua vita ma anche, diciamolo, infastidito da questo recitare tanto sopra le righe. La città in cui si muovono tutti gli interpreti non è la Parigi da cartolina ma è un posto vero dove non c’è molto posto per l’umanità. In realtà, nessuno di loro è felice ma vivono tutti prigionieri della loro nevrosi, compresa la ragazzina di cui Paula si prende cura.
Montparnasse femminile singolare: un film che non riesce a decollare
Vincitore della Caméra d’Or al Festival di Cannes 2017, “Montparnasse femminile singolare” è una pellicola che non convince più di tanto. Sembra quasi che la regia si sia persa al pari della difficile esistenza della protagonista. Laetitia Dosch è formidabile nella sua performance ma non riesce a compensare le lacune dell’autrice che mette di certo il cuore nella sua storia ma manca di rigore e finisce per girare a vuoto.
Ivana Faranda
Trama
- Titolo originale: Jeune Femme
- Regia: Léonor Serraine
- Cast: Laetitia Dosch, Souleyman Seye Ndiaye, Grégoire Monsaingeon, Nathalie Richard, Marie Rémond, Léonie Simaga, Erika Sainte, Lila-Rose Gilberti
- Genere: Drammatico, colore
- Durata: 97 minuti
- Produzione: Francia, 2017
- Distribuzione: Parthénos Distribuzione
- Data di uscita: 24 Maggio 2018
Con “Montparnasse Femminile Singolare” la regista Léonor Serraine alla sua opera prima mette in scena la tragicomica vita quotidiana di una giovane donna di ritorno da un lungo viaggio in Sud America. Al suo rientro a Parigi si ritroverà a girovagare per la città dopo esser stata rifiutata dal suo ex compagno, un artista di cui era la musa. Con lei un gatto che si porta ovunque. Tra mille lavori precari la povera Paula troverà a modo suo la quadratura del cerchio della sua vita per ripartire verso nuovi orizzonti.
Montparnasse femminile singolare: una giovane donna alla ricerca di un equilibrio
Léonor Serraine al suo primo lungometraggio dirige una convincente Laetitia Dosch, già nota per “La Battaille de Solferino”. Il film è un ritratto impietoso di una generazione persa nel precariato che cerca di sopravvivere in qualche modo. Il film è stato insignito della Camera d’Or al Festival di Cannes nel 2017.