Si è tenuta oggi a Roma la conferenza stampa del film “Napoli Velata” di Ferzan Ozpetek, alla presenza del regista e del cast.
“Napoli Velata”: il velo della città svelato da Ozpetek
La conferenza stampa dell’ultimo film di Ferzan Ozpetek, “Napoli Velata“, si è svolta oggi presso il Museo Nazionale Romano – Palazzo Massimo: una location d’eccezione, in cui regista e cast hanno potuto riflettere sulla genesi del film partenopeo immersi tra le statue della splendida collezione del museo archeologico romano. La scelta è sicuramente ad effetto ed è paradigmatica per presentare un film in cui l’arte ricopre un ruolo nevralgico.
La conferenza si dispiega tra i ricchi interventi da parte del regista e del cast, chiudendosi sulle note della canzone interpretata da Arisa, “Vasame”, il brano che racchiude in sé il clima e il tono del film “Napoli Velata”.
La trama di questo noir, o meglio “mistery”, come preferisce chiamarlo l’attore Alessandro Borghi, vede protagonista la bravissima Giovanna Mezzogiorno, immersa in una Napoli velata e tutta da svelare, mentre si ritrova imprigionata nelle maglie di un intrigo di non facile risoluzione.
Ozpetek discute da subito della scelta di Napoli e del genere noir. Il regista parla di Napoli come di una città di cui ci si innamora perdutamente, ma Napoli è una città fatta soprattutto delle sue persone, dei suoi abitanti. Egli spiega, dunque, come avesse sempre pensato che Napoli non potesse essere in alcun modo raccontata dagli occhi “stranieri” di un non napoletano. In occasione della messa in scena de “La Traviata” tre anni fa per il Teatro San Carlo, Ozpetek ha poi avuto modo di vivere la città per due mesi, di innamorarsene e di addentrarsi nelle sue maglie. In quel momento Napoli “lo ha preso”: ha conosciuto le sue persone, è andato nelle case e, a quel punto, ha capito che anche lui avrebbe potuto fare un film su Napoli.
Il regista spiega il senso del titolo Napoli Velata, che non è legato semplicemente al rinomato Cristo Velato che vi alberga. Il primo “velo” che ha ispirato Ferzan Ozpetek è stato quello visto in occasione della “figliata dei femminielli”, rito apotropaico napoletano in cui i “femminielli” mettono in scena un parto e in cui, ad un certo punto, un velo trasparente si frappone alla rappresentazione, portato da un personaggio. Il velo, spiega, serve per sentire, per capire davvero lo spettacolo. Velo che, come per la statua del famoso Cristo, «non nasconde, ma svela di più, rivela tutto».
Anche le scale, altro simbolo di Napoli, richiamano elementi importanti nel film e si collegano a quello del velo: elementi quali «l’occhio, la coscienza, l’utero, che è anch’esso “velato” nel film, come si vede nella Farmacia degli incurabili». L’utero è, infatti, presente in un bassorilievo dorato nella Farmacia degli incurabili, luogo che il regista ha scelto come ambientazione privilegiata del film. Il regista ammette che, inizialmente, voleva girare alcune scene nel cimitero delle Fontanelle, ma poi ha desistito, dal momento che era già stata location di numerosi film partenopei. Quando ha visto la Farmacia degli incurabili, infine, ha ritrovato il velo sorretto dai puttini, e ha capito quanto questa serie di richiami al velo fosse evocativa e importante per il film: «è una delle magie della città», confida il regista. Inoltre, anche la scala degli incurabili offriva un elemento rituale interessante.
Un’altra location importante è la casa di Adele (Anna Bonaiuto), nella realtà dimora del principe Caracciolo, amico del regista. Ferzan Ozpetek aveva chiesto all’amico se avessero mai girato un film nella sua casa, cui Caracciolo gli rispose che ne avevano girati ben due, “L’oro di Napoli” e “Viaggio in Italia”. Dopo un’iniziale riluttanza, Ozpetek ha infine deciso di utilizzare proprio quella casa per le riprese, nonostante fosse stata già scelta da illustri registi suoi predecessori.
“Napoli Velata”: l’elemento femminile nel film
A questo punto interviene nel dibattito uno degli sceneggiatori del film (insieme allo stesso Ozpetek e a Valia Santella), Gianni Romoli, che ci tiene a sottolineare come, insieme a Ozpetek, egli non abbia mai cercato direttamente dei riferimenti cinematografici espliciti. È sicuramente presente una tradizione, in particolare quella del giallo all’italiana degli anni ’70, in cui centrale è il ruolo delle donne. Romoli spiega che «tutta la tradizione del giallo al femminile – in cui le protagoniste soffrono di disturbi mentali e sdoppiamenti – è una specificità tutta italiana, il che è molto importante, basti pensare a Francesco Barilli, Luigi Bazzoni, ma anche al giallo di derivazione argentiana». Questi riferimenti, però, erano già stati completamente introiettati: non c’era alcun bisogno di citare direttamente questo filone.
E se Napoli stessa è femmina – come ribadiscono il regista e gli attori napoletani – la femminilità è protagonista nel film, ritrovandosi veicolata anche da alcuni personaggi maschili.
Secondo la protagonista Giovanna Mezzogiorno, che torna a lavorare con Ozpetek dopo La finestra di fronte del 2002, questa storia era «irrinunciabile». L’attrice ha dato vita ad un personaggio «molto complesso, che presenta tanti aspetti della femminilità». L’atmosfera carica di storia di questa Napoli borghese, per Mezzogiorno è ricca, strana e affascinante e la protagonista, Adriana «porta avanti un tunnel mentale parallelo a quello che c’è nella realtà».
Mezzogiorno parla poi della scena d’amore e di passione con Alessandro Borghi (Andrea nel film), che è il punto di partenza da cui si innestano una serie di vicende. La scena, ammette l’attrice, è stata vissuta con una certa tensione proprio perché sapeva quanto questa fosse «importante per Adriana, per Andrea, per il regista e per la storia tutta». Con Borghi, fortunatamente, si è creata subito una forte chimica e Mezzogiorno ricorda come, al termine della scena, entrambi si sentissero «felici di aver fatto qualcosa che sentivamo un po’ speciale».
Alessandro Borghi ricorda che «sul set si respirava un ambiente di libertà, di leggerezza e, nel contempo, di estrema professionalità». L’attore spiega che «ad un certo punto è partito questo treno ed io mi sono lasciato guidare e trasportare». È solo quando il film è finito che Borghi ha avuto la chiara percezione di cosa stessero girando, poiché non aveva chiari in mente l’idea e il percorso del film durante le riprese.
In riferimento alla scena di sesso, infine, Borghi rischia di incappare in un terreno scivoloso (rischio poi prontamente sventato dalla moderatrice) quando afferma che, rispetto a Mezzogiorno, per lui, «girare quella scena è stato più facile, in quanto uomo», intendendo dire, con ciò, che le intenzioni di un uomo intento a recitare in una scena del genere potrebbero non essere sempre professionali e che, quindi, qualora fosse in presenza di uomini poco “integri”, una donna potrebbe sentirsi più a disagio sul set.
Anche Maria Pia Calzone si riallaccia al discorso sulla femminilità quando parla del suo personaggio (Rosaria) e del suo lavoro “maschile” di poliziotta, in un problematico confronto tra «l’essere donna e il vivere in un mondo un po’ “scomodo”».
Biagio Forestieri (Antonio) richiama invece l’elemento del materno e dell’accoglienza, riflettendo sull’empatia che si crea tra il suo personaggio e quello di Adriana, che si instaura «tra due persone nel momento in cui c’è una sofferenza ed entrambi la provano».
“Napoli Velata”: la città, il mistero e la morte
Nel corso della conferenza stampa, gli altri attori napoletani parlano della loro città e della sua resa da parte di Ozpetek: Lina Sastri (Ludovica nel film) ringrazia il regista per averla «messa in discussione e tolta dalla comodità», regalandole una «situazione di “disagio” che è importante e meravigliosa per un’attrice». Sastri si è messa in gioco, apprezzando il modo in cui il regista guardava Napoli, «ponendo alla città delle domande, ma senza cercare per forza delle risposte». Per Anna Bonaiuto l’occhio di Ozpetek alla Napoli pagana, misterica e massonica stupisce e sono proprio «il suo stupore e la sua meraviglia che hanno consentito di raccontare Napoli in maniera inedita». Inoltre, Peppe Barra (che nel film interpreta Pasquale) aggiunge che, grazie a Ozpetek, ha potuto scoprire luoghi inediti di Napoli che invece lui, da napoletano, non conosceva. Barra ha poi aggiunto che, secondo lui, per il regista «Napoli è stato l’oggetto d’amore» e proprio per questo motivo «il suo occhio innamorato non poteva essere un occhio “straniero”».
A Ozpetek viene poi chiesto di parlare del rapporto del film e di Napoli con l’elemento della morte. Il regista risponde che la morte, a Napoli, è vissuta in maniera molto particolare e giocosa e che, in questo senso, la città gli assomiglia: è il suo specchio. Ozpetek richiama allora alla memoria le parole del regista Elio Petri, che una volta gli disse: «Tutto quello che facciamo nella vita è per allontanare l’idea di morte», frase su cui egli ha riflettuto molto nel corso degli anni.
Il regista, comunque, ci tiene a ribadire come mai come per questo film la città è indispensabile, perché il rapporto tra Napoli Velata e la città che lo ha ispirato è decisamente «viscerale».
“Napoli Velata” uscirà nelle sale italiane il 28 dicembre 2017, distribuita da Warner Bros. Italia.
Marta Maiorano
18/12/2017