(As Above, So Below) Regia: John Erick Dowdle – Cast: Ben Feldman, Edwin Hodge, Perdita Weeks, James Pasierbowicz – Genere: Horror, colore, 93 minuti – Produzione: USA, 2014 – Distribuzione: Universal Pictures – Data di uscita: 11 settembre 2014.
Scarlett è un’archeologa con un dottorato sia in simbologia che in chimica, un’intelligenza scaltra e rapida, un coraggio estremo, una determinazione ferrea e, soprattutto, un’ambizione sconfinata: potrebbe tranquillamente essere una novella Lara Croft. Suo padre era il maggior esperto mondiale della pietra filosofale, creata dall’alchimista Nicolas Flamel. Dopo la morte del genitore, Scarlett si dedica con ancora più passione, se possibile, alla ricerca di questa pietra dalle doti mitiche: si dice che trasformi in oro tutto ciò che tocchi e che, soprattutto, doni l’immortalità a chi la possiede. Dopo aver fatto una straordinaria scoperta in Iran, la giovane archeologa è convinta di sapere dove Flamel abbia nascosto il suo più grande tesoro: in una camera segreta situata nelle profondità delle catacombe parigine. Decisa a trovare la pietra filosofale, Scarlett coinvolge nella sua ricerca un suo amico, un archeologo in grado di tradurre l’aramaico antico come niente fosse, un cameraman e dei Cataphiles, le guide clandestine delle parti chiuse al pubblico delle catacombe di Parigi. Questa discesa nel sottosuolo avrà delle conseguenze davvero imprevedibili…
Capisco il pregiudizio verso i ‘found footage’, spuntati come funghi nella storia dei film horror dell’ultimo decennio, ma, in questo caso, non poteva essere utilizzata una tecnica cinematografica più appropriata. Infatti il film dei fratelli Dowdle (John Erick dirige mentre Drew firma la sceneggiatura) usa in maniera magistrale le inquadrature finte-amatoriali in una scenografia che si presta davvero molto bene. All’interno delle catacombe di Parigi, per la prima volta aperte ad un progetto cinematografico, in un intrico di tunnel strettissimi e di spazi decisamente angusti che provocano un’enorme claustrofobia, lo stile found footage riesce a destabilizzare ancora di più gli spettatori grazie al suo effetto decisamente poco nitido.
Il vero problema della pellicola, a volerne evidenziare solo uno, è sicuramente la sceneggiatura: infatti, nonostante l’interessante idea di fondo, simbolismo pagano come chiave di volta nella ricerca di un tesoro alchemico (provate a sostituire il tesoro alchemico con un tesoro della cristianità: esatto, “Il codice da Vinci”), il risultato lascia molto a desiderare. È come se Drew Dowdle si fosse lasciato prendere la mano: demoniaco, Dante, cultura egizia, cultura pagana, mondo alchemico, drammi interiori da risolvere e magia vanno a formare un calderone davvero troppo pieno.
Alcune scene di “Necropoli – La città dei morti” sono al limite del patetismo più becero e dell’incredibilità più sfrenata: di certo non aiutano l’immedesimazione dello spettatore. Bisogna ammettere, però, che il finale riserva piacevoli sorprese.