È il Multisala Barberini ad accogliere la presentazione di “Oltre la nebbia – Il mistero di Rainer Merz”, inusuale thriller firmato Giuseppe Varlotta, alla seconda prova sulla lunga durata. Chiacchierata intima con il regista su un film dalla gestazione complessa, difficile da incasellare e promuovere nella giungla moderna del cinema. Presenti gli attori Corinne Cléry e Joe Capalbo, il distributore Pier Francesco Aiello, il produttore Casella Piazza, il compositore Maurizio Fiaschi.
Oltre la nebbia: la sfida del genere
Un lavoro lungo e certosino, quello portato avanti da Varlotta per la distribuzione nazionale del suo ultimo lavoro, “Oltre la nebbia”. Dopo una diffusione capillare in territorio piemontese (pare ormai quasi certa la presenza della pellicola al prossimo Torino Film Festival), l’opera compie l’approdo romano in sale di rilievo: Multisala Barberini, Nuovo Cinema Aquila, Cinema Farnese.
Una gestazione tumultuosa e burrascosa ha preceduto l’uscita del film: progettato e ideato ormai da diversi anni, vede la luce solo ora, in un panorama cinematografico in fermento, ricco di nuove uscite e saturato all’esasperazione. Un puzzle difficile da ricostruire, ostico, stando alle parole dello stesso regista: l’idea c’era, la realizzazione meno; i tempi non erano forse maturi. I pezzi iniziano a combaciare solo pochi anni fa, quando la stessa Cléry, dopo la visione dell’opera prima di Varlotta (“Zoè”), incontra il regista. Solo allora l’illuminazione.
L’attrice francese, dalla sua, si è dichiarata sin da subito impressionata dalla sceneggiatura; un film di rimandi, doppi, sfumature che l’ha conquistata e stregata. Parte da qui un dialogo proficuo tra l’interprete e il regista, una sintonia che porterà Varlotta a limare il finale dell’opera, troppo aperto e insoddisfacente secondo la Cléry. Un progetto ambizioso, dato il contesto cinematografico in cui va a innestarsi l’opera: difficile di questi tempi osare con film di genere, tanto più se thriller (solitamente lontani dall’atmosfera e tradizione italica). Un lavoro necessario, secondo l’attrice, convinta della necessità di un rinnovamento della scena cinematografica italiana.
Dello stesso avviso il distributore Pier Francesco Aiello, che invita a una riflessione collettiva sulla realtà dietro il prodotto confezionato: una foresta da cui è difficile districarsi o uscire illesi. Gli strumenti sono presenti (primo fra tutti il task credit, fondo a sostegno della produzione cinematografica italiana), più difficile far arrivare il progetto in sala – tra cifre difficilmente sostenibili per piccole realtà e organizzazione del sistema che non favorisce.
Oltre la nebbia: sguardi e richiami d’autore
Varlotta recupera e attinge apertamente dal passato, che pur cerca di ricomporre e riproporre sotto nuove vesti (appare tanto più chiaro sotto stessa ammissione del regista). I riferimenti cinematografici sono lampanti, anche a occhio digiuno di cinema: il Lynch di “Twin Peaks”, il Polanski di “Rosemary’s Baby”, “Shining” di Kubrick. Si strizza l’occhio anche a Mario Bava e Dario Argento, seppur non annoverati tra le fonti principali d’ispirazione da Varlotta.
Joe Capalbo ha sottolineato più volte la portata del recupero del regista: si guarda a un’Italia atavica, arcaica, legata a tradizioni e riti apotropaici; filo rosso che lega apertamente i due, di origine lucana. Una realtà oscura, fatta di parola e scaramanzia, difficilmente penetrabile, tanto bene raccontata dagli studi e scritti di Ernesto de Martino.
Simone Stirpe