Il burattino di legno torna alla ribalta cinematografica a duecento anni dalla sua creazione, frutto della fervida fantasia di Collodi, che certamente non avrebbe mai immaginato che il suo libro sarebbe stato il testo più letto dopo la Bibbia e il Corano, vero fiore all’occhiello della letteratura italiana
Regia: Enzo D’Alò – Cast: Gabriele Caprio, Rocco Papaleo, Paolo Ruffini, Maurizio Micheli, Pino Quartullo, Lucio Dalla – Genere: Animazione, colore, 78 minuti – Produzione: Italia, Francia, Belgio, Lussemburgo, 2012 – Distribuzione: Lucky Red – Data di uscita: 21 febbraio 2013.
Ci son voluti ben quattro anni di lavorazione e una co-produzione internazionale che vede coinvolte Italia, Francia, Belgio e Lussemburgo, per la realizzazione della versione firmata da Enzo d’Alò del romanzo di Collodi, “Le avventure di Pinocchio”, che ha avuto i suoi natali nel 1881, e venne pubblicato proprio due secoli fa, nel 1883.
D’Alò fa suo il testo di Collodi proponendo personaggi rielaborati ma perfettamente aderenti al testo, dando vita anche a quelli trascurati nelle precedenti trasposizioni cinematografiche, come ‘il pescatore verde’.
Il film d’animazione nostrano è quanto di più lontano possa esistere dalla gloriosa versione Disney: il regista ha infatti volutamente dare una caratterizzazione europea alla grafica e ai dialoghi, avvalendosi poi di una colonna sonora d’autore, a firma Lucio Dalla, che nel film si cimenta anche come doppiatore, prestando la voce proprio al ‘pescatore verde’. Soltanto le musiche dei titoli di coda non sono potute essere ultimare, completate egregiamente da Marco Alemanno.
Per la grafica, D’Alò si è ispirato ai disegni di Lorenzo Mattotti, che hanno fatto da base a tutto il lavoro di computer-grafica. Per i fondali, che ricordano delle vedute toscane, sono state addirittura adoperate delle scansioni di alcune sue tavole.
Il risultato è un film molto colorato, privo delle parti più dark del romanzo di Collodi, che dedica tanta attenzione al rapporto Geppetto-Pinocchio e alla caratterizzazione degli animali che il burattino incontra nella sua strada, fatta di monellerie e disobbedienza, ma anche di affetto per il babbo Geppetto e per la ‘bimba turchina’.
Eppure, nonostante lo sfavillare dei colori e l’aria scanzonata delle marachelle di Pinocchio, che quasi privano il racconto dell’intento didattico del suo ideatore, il film è privo di quella magia che ha reso la storia del famoso burattino una favola tanto amata.
Nel lontano 1881 Collodi aveva a tanto a cuore la scolarizzazione degli italiani, il regista ha scelto di attualizzare il racconto, seguendo forse alcune filosofie moderniste per cui coi piccini non bisogna essere punitivi, ma questo ha reso delle parti incomprensibili per quei pochi che non conoscono il testo: ad esempio nella parte relativa al ‘paese dei balocchi’ non si capisce perché i bimbi vengano trasformati in ciucchi.
Il film di D’Alò diverte ma solo a piccole dosi, anche per un ritmo troppo lento che ne penalizza la fruizione. Per arrivare al cuore dello spettatore non basta realizzare un buon prodotto, occorre pure dargli un’anima, come ha ben saputo fare Comencini, che ha curato nel 1982 la versione televisiva dello stesso racconto.
Maria Grazia Bosu