Il regista bolognese Pupi Avati continua a dimostrare la sua inarrestabile creatività anche all’età di 86 anni, recentemente presentando il suo ultimo lavoro, “Un Natale a casa Croce”. Questo documentario, proiettato fuori concorso al Torino Film Festival, ricostruisce la vita e il pensiero di Benedetto Croce, una delle figure più influenti della cultura e della politica italiana. Attraverso un racconto emotivo e sensoriale, Avati offre agli spettatori un’immersione nella vita di questo grande intellettuale, partendo dai ricordi di un pranzo natalizio che segna un momento cruciale della sua esistenza.
Un Natale in casa Croce: un ritratto umano e culturale
Il documentario “Un Natale a casa Croce” prende avvio da una tavolata imbandita del 1951, l’ultimo Natale celebrato da Benedetto Croce prima della sua morte nel 1952. Avati utilizza questo evento famigliare come chiave d’accesso per esplorare la dimensione più intima e umana di Croce. La narrazione si avvale delle memorie di Benedetta Craveri, nipote dello scrittore, che all’epoca era solo una ragazzina di nove anni. I ricordi di quella giornata, con piatti tradizionali come struffoli, baccalà e insalata di rinforzo, non solo evocano il calore di un Natale in famiglia ma creano anche un contrasto con la figura di Croce, spesso percepita come distante e severa.
Pupi Avati, con la sua prosa visiva, riesce a trasmettere non solo le immagini ma anche i suoni e i profumi di quell’epoca, rendendo la celebrazione del Natale un vero e proprio viaggio nel tempo. La narrazione si sviluppa in maniera non lineare, toccando eventi chiave della vita di Croce, a partire dalla tragedia del terremoto di Casamicciola nel 1883, quando il giovane Benedetto perse i suoi genitori e la sorella. Questo catastrofico evento segnò profondamente la sua esistenza, portandolo a rifugiarsi nello studio, nella filosofia e nella letteratura per affrontare il dolore e la depressione.
Il documentario ci conduce attraverso i successi e le sfide di Croce, delineando un ritratto che va oltre la sua produzione intellettuale. Avati si sforza di far emergere l’uomo dietro il filosofo, mettendo in evidenza come la sua resilienza e il suo amore per la cultura abbiano contribuito a plasmare l’Italia del Novecento. Con una ricchezza di dettagli e una narrazione avvolgente, “Un Natale a casa Croce” si configura come un omaggio alla figura di un intellettuale che ha cercato di elevare gli uomini e le idee attraverso l’arte e la filosofia.
Il legame complesso tra Benedetto Croce e Giovanni Gentile
Un altro elemento centrale del documentario è la lunga e complessa amicizia tra Benedetto Croce e Giovanni Gentile, due dei più importanti intellettuali del loro tempo. La loro collaborazione iniziò nel 1896 con la fondazione della rivista culturale “La critica”, un’importante piattaforma di discussione e scambio di idee. Avati ricostruisce questo legame, che si è mantenuto saldo fino agli anni ’20, prima di spezzarsi a causa delle divergenze politiche che emersero con l’ascesa del fascismo in Italia.
Gentile, sostenitore del regime fascista, contrastava le posizioni di Croce, che si oppose via via sempre più apertamente a quelle ideologie autoritarie. Nonostante una iniziale vicinanza, Benedetto Croce, nel 1925, pubblicò il Manifesto degli intellettuali antifascisti, ponendo una netta distanza dalle idee del suo ex amico. Le parole di Croce sottolineano l’importanza di un’intellettualità libera da vincoli politici, impegnata maggiormente a cercare verità e bellezza, piuttosto che a sostenere un regime.
Questa spaccatura si accentuò ulteriormente quando, nel 1944, Gentile fu assassinato da un gruppo di studenti comunisti. La sorpresiva notizia della sua morte scosse profondamente Croce, portandolo a riflettere sulla violenza come mezzo di risoluzione dei conflitti, un tema che Avati affronta nel suo film. “Un Natale a casa Croce” diventa così non solo un riflesso della vita di un uomo, ma anche un percorso di introspezione sulla politica italiana, sull’intellettualismo e sull’importanza della libertà di pensiero in un contesto tumultuoso.
Attraverso testimonianze, immagini d’archivio e ricostruzioni fictionali, Pupi Avati restituisce un affresco sfaccettato della figura di Benedetto Croce, mettendo in risalto le contraddizioni e le complessità della sua esistenza. La narrazione si sviluppa in modo avvincente, evidenziando le dinamiche personali e politiche che hanno contraddistinto il suo rapporto con Gentile, nonché il suo impegno a favore di una società più etica e giusta.