L’arrivo dello standard DVB-T2 ha portato novità significative nel panorama televisivo italiano, ma ha anche suscitato perplessità, soprattutto per la decisione di escludere Rai Storia dal multiplex. È fondamentale analizzare il contesto di questa transizione e le reazioni che ha generato, in particolare tra gli appassionati di storia e cultura.
L’evoluzione del digitale terrestre e il futuro della televisione
Dal 1° settembre, il nuovo standard DVB-T2 è diventato operante, un passo necessario per garantire una migliore qualità delle trasmissioni e per ottimizzare l’uso dello spettro radio. Tuttavia, i cambiamenti non hanno coinvolto i canali principali della Rai, come Rai 1, Rai 2 e Rai 3. Invece, è stato proprio Rai Storia, il canale tematico dedicato alla cultura e al patrimonio storico del Paese, a subire una temporanea esclusione. Questa decisione sta sollevando interrogativi tra i telespettatori, che si chiedono le ragioni dietro a una scelta tanto controversa. La spesa necessaria per adattarsi ai nuovi standard rappresenta un ostacolo per molti italiani, rendendo la transizione verso DVB-T2 un compito impegnativo.
Il passaggio alla nuova tecnologia comporta la necessità di aggiornare i dispositivi, con un impegno economico che molti non possono affrontare. Sebbene ci fossero altre opzioni come l’eventuale esclusione di Rai Premium o di altri canali, la scelta di Rai Storia ha suscitato un certo sconcerto, specialmente per il valore culturale che il canale rappresenta.
Rai Storia: un patrimonio culturale da preservare
Rai Storia non è soltanto un canale, ma costituisce una finestra fondamentale sulla memoria collettiva italiana. Offrendo una vasta gamma di programmi che spazia dalle inchieste storiche ai documentari di approfondimento, Rai Storia si è affermato nel corso degli anni come un argomento imprescindibile per comprendere le radici e l’identità del Paese. Il suo obiettivo è quello di fare della televisione un mezzo di conoscenza, contribuendo a educare il pubblico sulle dinamiche storiche attraverso un’offerta variegata e stimolante.
Dopo il lockdown, il ruolo di Rai Storia è emerso ancora più chiaramente. Con molte scuole chiuse e gli italiani in cerca di contenuti educativi da fruire in casa, il canale ha fornito un’importante risorsa didattica. La programmazione ha incluso approfondimenti sulla storia della Seconda guerra mondiale, ampi servizi dedicati alla Resistenza e molteplici documentari sulle trasformazioni sociali dell’Italia contemporanea. La sua esclusione dal nuovo digitale terrestre segna, pertanto, una perdita significativa nel panorama dell’informazione e dell’istruzione.
Riflessione sulla responsabilità del servizio pubblico
La decisione di escludere Rai Storia dal nuovo standard DVB-T2 porta alla luce una questione cruciale riguardante il servizio pubblico. In un’epoca in cui si discute ampiamente del “uso pubblico della Storia”, la televisione ha il dovere di rispondere a un’ampia domanda di contenuti storici, non solo per accademici e studiosi, ma anche per il vasto pubblico. Rai Storia, con le sue trasmissioni, non solo conserva e racconta la storia d’Italia, ma pone anche interrogativi importanti sulla funzione della memoria nella società contemporanea.
In un momento in cui Viale Mazzini commemora i 70 anni della televisione e i 100 della radio, il sacrificio di un canale così emblematico come Rai Storia sembra contraddire i valori stessi che il servizio pubblico è chiamato a difendere. Molte persone lamentano la mancanza di Rai Storia e, pur avendo sentito parlare del nuovo standard, non hanno apparentemente ritenuto necessario apportare cambiamenti ai propri apparecchi. Questo denota una scarsissima consapevolezza riguardo l’importanza di tale canale.
Con il passare del tempo, la speranza è che la Rai possa riconsiderare e ridurre questa esclusione, premurandosi di infondere nuova vita a uno dei suoi canali più vitali – al fine di garantire che la storia italiana continui a essere raccontata e condivisa.