Il panorama televisivo italiano è in costante evoluzione, e con esso nascono nuove proposte che cercano di affermarsi nel cuore del pubblico. “Se mi lasci non vale”, il nuovo dating show di Rai2 condotto da Luca Barbareschi, ha debuttato il 21 ottobre attirando l’attenzione dei telespettatori. Tuttavia, il programma ha esordito con ascolti deludenti: 321.000 spettatori, equivalenti all’1,82% di share. Un dato che riaccende il dibattito sull’efficacia delle produzioni televisive italiane, in particolare per un format così simile a “Temptation Island”, che continua a dominare lo schermo su Canale 5.
La similitudine con Temptation Island
All’attenzione di chi segue il mondo della TV si è subito evidenziato che “Se mi lasci non vale” sembra un replica di “Temptation Island”. Nonostante le differenze annunciate al momento del lancio, il cuore del format rimane sostanzialmente invariato. La presenza di una psicologa, un elemento di novità rispetto alla trasmissione di Mediaset, appare più come una stratagemma per cercare di differenziare il programma piuttosto che un effettivo tentativo di originalità.
Questa scelta di struttura sembra riflettere una tendenza della Rai a inseguire il successo di un competitor, quasi un ritorno al passato, quando la rete pubblica tentava di fronteggiare nuovi format sulla scia di programmi che avevano riscosso successo su Mediaset. Il rischio è quello di apparire come un prodotto derivativo, con il pubblico che, di riflesso, potrebbe percepirlo come una versione “sbiadita” dell’originale.
La competizione tra Rai e Mediaset
Sebbene Rai e Mediaset si contendano il palinsesto televisivo, le due reti si rivolgono a pubblici sempre più distinti e segmentati. Negli ultimi anni, e specialmente con l’espansione della televisione dei sentimenti, Mediaset ha consolidato un’utenza affezionata a format come “Temptation Island”, sviluppato sotto l’egida di Maria De Filippi. Qui, il coinvolgimento emotivo e le dinamiche relazionali vengono messe in scena con una narrazione che cattura e coinvolge il pubblico.
Dall’altro lato, la Rai ha costruito la sua identità su programmi di intrattenimento e fiction di diverso tipo, come dimostrano i successi ottenuti da varie produzioni televisive. Ciò rende evidente che mentre provano a competere tra loro, il modo in cui ogni rete presenta il proprio catalogo è essenziale per la sopravvivenza di ciascun formato. “Se mi lasci non vale” sembra fallire nel tentativo di attrarre il pubblico di Rai, spesso distaccato da questo tipo di programmazione.
La difficoltà di rinnovare il genere
Analizzando ulteriormente “Se mi lasci non vale”, emergono i limiti intrinseci a un format che punta a innovare in un campo già esplorato. Le riflessioni di Luca Barbareschi tra un racconto e l’altro, pur tentando di offrire spunti di riflessione più elaborati rispetto avversari come Filippo Bisciglia, risultano poco incisive e poco attraenti per il pubblico attuale. In un contesto mediatico caratterizzato da una fruizione velocizzata, dove i social media pressano per una fruizione immediata e impattante, il format sembra trascinarsi, perdendo di vista le esigenze contemporanee.
La difficoltà di “Se mi lasci non vale” nel cogliere l’essenza del “trash” moderno, che ormai ha conquistato diverse fasce di pubblico, è palese. Secondo il noto teorico Tommaso Labranca, questo programma sembra un’imitazione mal riuscita, producendo un “trash al quadrato” che lascia il pubblico con ben poche emozioni autentiche. Questo porta a riflessioni preoccupanti su come la Rai possa continuare a innovare e rimanere rilevante in un panorama televisivo caratterizzato da un’alternanza rapida di tendenze e formati.