“Bussano alla porta“, il nuovo cimento di M. Night Shyamalan, conferma tristemente la parabola discendente del regista americano di origini indiane: un film bolso e senza orizzonte che finisce per perdersi in mezzo a uno sconfortante vuoto.
Bussano alla porta – tutte le informazioni
Trama
La piccola Wen (Kristen Cui) assieme ai suoi due papà, Eric e Andrew (Jonathan Groff e Ben Aldridge), sta trascorrendo qualche giorno in uno chalet in mezzo ai boschi in un posto dimenticato da Dio. Improvvisamente i tre vengono assediati da degli sconosciuti armati capitanati dal grosso e tatuato Leonard (Dave Bautista), i quali intimano loro di effettuare un sacrificio mortale con lo scopo di salvare l’umanità dall’Apocalisse che si sta già palesando attraverso degli eventi inspiegabili riportati da tutti i media. La famigliola sarà così costretta a riflettere seriamente sul senso delle cose per capire come uscire da una situazione che rischia seriamente di destabilizzarla in maniera letale.
Crediti
- Tit. orig.: Knock at the Cabin
- Regia: M. Night Shyamalan
- Cast: Dave Bautista, Jonathan Groff, Ben Aldridge, Nikki Amuka-Bird, Kristen Cui, Abby Quinn, Rupert Grint, William Ragsdale, Mike Wilson
- Genere: orrore, thriller
- Durata: 100 minuti
- Produzione: Stati Uniti/Cina, 2023
- Casa di produzione: Blinding Edge Pictures, Wishbone Entertainment Inc.
- Distribuzione: Universal Pictures
- Data di uscita: giovedì 2 febbraio 2023
La pellicola è l’adattamento cinematografico del romanzo del 2018 “La casa alla fine del mondo” (The Cabin at the End of the World) scritto da Paul G. Tremblay
Recensione
M. Night Shyamalan, è ormai più che assodato, ha un’attitudine messianica nel suo fare cinema, una vocazione si potrebbe dire oracolare finalizzata a spiegare razionalmente al pubblico ciò che il più delle volte sembra sfuggire alle briglie della ragione. Nei suoi film egli gioca in modo compulsivo, quasi inumano, con gli scuri e insondabili drammi interni che infestano l’intimo di ciascuno di noi, al fine di provare a reperirvi anche la più piccola particella di un senso che possa rivelarsi compiuto ai nostri occhi.
In “Bussano alla porta”, ispirandosi al romanzo orroristico “La casa alla fine del mondo” di Paul Tremblay, in una modalità divenuta proverbiale ossia quella della creazione di una tensione costante e preparatoria a un disvelamento il più delle volte configurantesi come una svolta del tutto improvvisa e profondamente straniante, il regista si prodiga dunque, come di consueto, per generare quel frastornamento percettivo nello spettatore che lo renda ansiosamente dubitoso e fatalmente incastrato nel limbo fra realtà incerta e un’invenzione plausibile. Non però riuscendovi. O riuscendovi ma non nella maniera in cui uno spettatore comune (di quelli, per capirci, che vanno in sala con l’intento oltremodo rispettabile di farsi intrattenere da quanto vedono sul grande schermo) si aspetterebbe.
Per certi versi il film rispecchia il classico schema alla Shyamalan: tensione (appunto) vivamente percettibile, illuminazione drammatica e un set asfissiante. Ma in questa pellicola, la svolta di Shyamalan è che non c’è alcuna svolta, e sostanzialmente mai nel corso della narrazione ci è dato di sapere il vero perché di quel che sta succedendo. La questione del destino in bilico dell’umanità di cui si parla, insomma, dopo un po’ inizia a farsi pallosa, ma di più! cefalicamente intollerabile. Da una storia così appassionante come quella esposta nel libro ci si attenderebbe un trattamento più vigoroso, e invece “Bussano alla porta” manca non solo di grinta ma anche di quella robustezza sceneggiatoriale che sarebbe fondamentale al corretto dipanarsi della trama.
Nonostante essere ripreso perfettamente e recitato con grande devozione da tutto il suo cast, in particolar modo da Dave Bautista probabilmente al suo meglio il quale fuori dal ring dimostra di essere un interprete più che affidabile, “Bussano alla porta” è in sintesi un chiller filosofeggiante (pure troppo) che non graffia come ci si aspetterebbe, ma che al contrario non fa altro che convalidare la teoria, da più parti sostenuta, del perdurante declivio imboccato da Shyamalan (autore a prescindere molto divisivo, acclamato e deriso al contempo) a partire da “Old“, lavoro sciapo ma che dalla sua aveva almeno degli ambienti particolarmente suggestivi. Una discesa, la sua, che continua ancora oggi. Pericolosamente.
Note di regia
É un racconto biblico dei tempi moderni. Anche Servant lo è. L’idea di raccontare grandi storie bibliche ma in tempi moderni e ambientazioni moderne è quello che mi interessa al momento. Il film riflette il mio sentire che tutto quello che sta succedendo nel mondo non è bello e non fa star bene. Sento però anche che stiamo lottando insieme e andando nella giusta direzione. Naturalmente non facciamo tutto bene, tutte le volte ma in generale la direzione in cui ci stiamo muovendo come umanità è quella giusta e meritiamo la chance di continuare. Questo è quello che sento. Una storia d’amore è una prova sufficiente che l’umanità deve continuare a muoversi. Bussano alla porta è un’incredibile opportunità per noi di vivere una gigantesca e globale storia biblica attraverso l’esperienza di una famiglia. Abbiamo adattato il libro per fare questo film, ma siamo sostanzialmente andati in una direzione completamente diversa intorno alla metà della storia.