Da quando è uscito nelle sale, Lo Chiamavano Jeeg Robot ha fatto da apripista ad un filone quasi del tutto inedito per gli standard del cinema italiano. Gabriele Mainetti, l’avventuroso condottiero dell’operazione, ha mostrato come nel nostro mercato si possa azzardare, sul piano creativo ma anche produttivo, conquistando ugualmente una grossa fetta di pubblico in sala.
Denti da Squalo, opera prima di Davide Gentile, non a caso prodotta da Mainetti, si colloca nel medesimo filone e mescola diversi generi cinematografici senza perdere l’identità di partenza.
Indice
Denti da Squalo: tutte le informazioni
Trama
Questa è la storia di Walter e della più incredibile estate della sua vita.
La scuola è finita e Walter, 13 anni, ha appena perso suo padre. Nel suo vagare apparentemente senza meta per il litorale romano, un luogo affascinante e misterioso cattura la sua attenzione: una villa abbandonata con una gigantesca, torbida, piscina. Ma la villa non è incustodita e inizierà per lui un viaggio indimenticabile.
Crediti
- Data di uscita: 8 giugno 2023
- Regia: Davide Gentile
- Sceneggiatura: Valerio Cilio e Gianluca Leoncini
- Genere: Avventura, Drammatico
- Durata: 104 minuti
- Fotografia: Ivan Casalgrandi
- Montaggio: Tommaso Gallone
- Musiche: Michele Braga, Gabriele Mainetti
- Produzione: Goon Films, Lucky Red, Ideacinema, Rai Cinema, Prime Video
- Distribuzione: Lucky Red
- Attori: Tiziano Menichelli, Virginia Raffaele, Stefano Rosci, Matteo Scattaretico, Edoardo Pesce, Claudio Santamaria
Recensione
Sin dalle prime inquadrature, Denti da Squalo si presenta come una fiaba contemporanea colma di spettacolari rimandi al cinema classico di avventura e di azione.
La minacciosa presenza dello squalo, impossibile da non collegare al capolavoro acquatico di Steven Spielberg, si fonde con la storia di formazione di un ragazzino e della sua amicizia con un fratello maggiore acquisito, che invece ha il sapore nostalgico di Stand by Me, e ancora con le dinamiche criminali della periferia romana, debitrici dei vari prodotti seriali nostrani che di recente hanno conquistato il grande pubblico.
La sceneggiatura, vincitrice del Premio Solinas e ritoccata per diversi anni, viene messa in scena dall’esordiente Davide Gentile, ispirato nel dare un tempo (quasi indefinito) e uno spazio (quasi sospeso) ad una trama che tenta con coraggio di ibridare i generi cinematografici, utilizzando però come colonne portanti topoi narrativi canonici e ampiamente riconoscibili.
L’ambientazione della villa, labirintica e surreale nel suo essere abbandonata e allo stesso tempo abitazione indesiderata di un misterioso squalo, diventa una potente calamita non solo per il protagonista, il quale la percepisce come un luogo ideale dove sparire e (ri)conoscersi, ma anche per lo spettatore, scaraventato senza preavviso dentro una dimensione altra poco rassicurante, portatrice di una storia (criminale) irrisolta che incombe come un fantasma dietro le spalle (ancora non) larghe del giovane Walter.
Un sorprendente Tiziano Menichelli dà corpo e voce a un personaggio dall’interiorità tormentata, in piena crisi identitaria, che tuttavia si contraddistingue per vitalità e intraprendenza. Il suo desiderio di crescere prima del dovuto, nonostante le disperate raccomandazioni della madre, è alimentato dalla necessità di scoprirsi e compiere un tragico parricidio che possa liberarlo dalle catene di una vita che solo in apparenza lo fa sentire “grande”, allo stesso modo in cui lo squalo deve uscire dalla piscina e tornare in mare per non accontentarsi di sopravvivere.
Non privo di ingenuità e semplificazioni narrative, il film spicca ugualmente per originalità e voglia di rischiare. Visivamente spettacolare, si avvale di una struttura classica e un citazionismo squisitamente cinefilo, tenuti abilmente in equilibrio da una fotografia da blockbuster americano, da una post produzione maestosa – che crea lo squalo grazie ad una potente commistione di CGI e animatronic inedita per l’Italia – e da una drammaturgia che riesce a camminare con le proprie gambe (e respirare con le proprie branchie) senza mai dover ricorrere a soluzioni forzate o grossolane.
Conclusioni
Denti da Squalo è un esordio alla regia promettente e inusuale, che mescola diversi generi cinematografici e si colloca nel filone di avventura lanciato da Lo Chiamavano Jeeg Robot di Gabriele Mainetti, qui in veste di produttore.
Opere come questa possono essere d’esempio per il cinema italiano, troppo spesso bloccato in una dimensione di prevedibilità che asseconda pigramente le richieste di un mercato ormai saturo e auto referenziale. La qualità media della scrittura e l’importante tradizione cinematografica che caratterizzano il nostro Paese dovrebbero invece essere alla base di una produzione artistica variegata, nella quale viene concesso maggiore spazio ai guizzi autoriali e favorita l’ascesa del cinema di genere.