Dopo le polemiche che hanno accompagnato l’uscita al cinema di House Of Gucci, la storia si ripete: un altro grande regista d’oltreoceano al comando di un’opera biografica su un marchio italiano, recitata in lingua inglese da attori statunitensi. Ferrari, diretto dal grande Michael Mann e presentato in anteprima alla Mostra del Cinema di Venezia, si configura come un discreto film di intrattenimento, eppure anche come l’ennesima occasione persa dal punto di vista della necessaria autenticità cinematografica e culturale.
Indice
Ferrari: tutte le informazioni
Trama
Una biografia del magnate dell’automobile Enzo Ferrari, la cui famiglia ha ridefinito l’idea di auto sportiva italiana ad alte prestazioni e ha dato vita al concetto di Formula Uno.
Crediti
- Data di uscita: 30 novembre 2023
- Regia: Michael Mann
- Sceneggiatura: Troy Kennedy-Martin
- Durata: 130 minuti
- Genere: Drammatico, Storico, Biografico
- Montaggio: Pietro Scalia
- Fotografia: Erik Messerschmidt
- Musiche: Daniel Pemberton
- Produzione: Forward Pass, Storyteller Productions, Moto Productions, Rocket Science, Iervolino & Lady Bacardi Entertainment
- Distribuzione: 01 Distribution, Leone Film Group
- Attori: Adam Driver, Penélope Cruz, Shailene Woodley, Patrick Dempsey, Michele Savoia, Jack O’Connell, Sarah Gadon, Gabriel Leone
Recensione
La mossa di utilizzare attori e linguaggio non italiani potrebbe essere interpretata come un atto teatrale, eppure neanche questo basta a giustificare la natura di una scelta che, lo sappiamo, è unicamente indirizzata verso le esigenze economiche del botteghino. Diventa infatti completamente fuorviante sentire nella sceneggiatura parole in italiano decontestualizzate come “Yes, signora”, allo stesso modo in cui è incomprensibile che Penelope Cruz – in un’interpretazione che rende giustizia al ruolo, intendiamoci – debba recitare nella propria lingua, ma con accento e cadenza nostrani.
Spostandoci verso la questione puramente formale, il film a suo modo funziona, grazie alla brillantezza della confezione tecnica risulta godibile e coinvolgente: la maestria registica di Michael Mann è indiscutibile, il cineasta statunitense delinea un immaginario visivamente spettacolare e si conferma – se mai fosse necessario – uno dei più grandi creatori di immagini in movimento.
Il suo tocco è evidente anche nella direzione degli attori, che quantomeno nell’interpretazione riescono a far dimenticare il disagio linguistico sopra citato. Adam Driver, reduce dal linciaggio per House Of Gucci, si trasforma fisicamente, sul piano estetico e su quello delle espressioni facciali, dando vita con generosità ad un Enzo Ferrari poco macchiettistico e credibile nelle sue ferite profonde e segrete contraddizioni.
Il problema risiede piuttosto nella struttura dell’opera: Mann sconta la pigra decisione, maturata in fase di scrittura, di mischiare alcuni elementi della vita privata di Ferrari con le dinamiche pubbliche delle corse automobilistiche e del rapporto con i piloti della scuderia. Il risultato è uno schematico e confuso alternarsi di situazioni che non imprime alla pellicola una direzione precisa e non permette al pubblico di empatizzare a dovere con le montagne russe emotive del protagonista.
Persino le scene d’azione, marchio di fabbrica del regista – penalizzate anche dal (relativamente) poco budget a disposizione -, pur mantenendo una propria importante dignità realizzativa, non esplodono e rimangono a loro volta bloccate in quella gelida staticità dovuta alla mancanza di un nucleo centrale di appartenenza. Ne consegue che il picco drammaturgico del film, collocato proprio in una zona grigia tra l’esito tragico di una gara e la degenerazione di un delicato momento familiare, si riveli macchinoso e deludente rispetto a ciò che avrebbe potuto rappresentare.
Conclusioni
La prima biografia cinematografica di Enzo Ferrari – ce n’era stata una televisiva con protagonista Sergio Castellitto – funziona e intrattiene per merito di una confezione tecnica spettacolare e priva di sbavature, ma non riesce ad elevarsi e rimane in una dimensione limitata che non corrisponde allo straordinario talento del suo regista. La scelta di assumere interpreti statunitensi per raccontare una storia italiana, mandata avanti oltretutto con un impaccio e una confusione non indifferenti all’interno della sceneggiatura, contribuisce a rendere questo film un’occasione mancata.