Terza trasposizione sul grande schermo diretta da Edward Berger, Niente di nuovo sul fronte occidentale (Im Westen nichts Neues) è una degna proiezione dell’omonimo romanzo. Successo acclamato, rappresenta la Germania ai Premi Oscar 2023 con ben nove candidature. Uno sguardo senza filtri sull’immota staticità della Prima Guerra Mondiale, in contrasto con il tumultuoso effetto che questo stralcio di storia ebbe sull’umanità.
“Niente di nuovo sul fronte occidentale”- tutte le informazioni
Trama
Paul Bäumer, giovane di buona famiglia ed aspirante scrittore, sceglie di arruolarsi assieme ad alcuni suoi compagni di liceo contro il volere dei genitori. Le smanie patriottiche di una Germania sull’orlo del crollo ancora bellicosa e la propaganda del professor Kantorek spazzano via ogni dubbio, e instillano nei giovani soldati un entusiasmo paradossale nell’abbracciare le armi. Quando si presenta in caserma a Paul viene affidata una divisa su cui figura un nome diverso dal suo: Heinrich. Proprio mentre la targhetta con il nome viene strappata via e cade a terra si fa chiaro il foreshadowing: il soldato a cui apparteneva in precedenza è il protagonista delle scene di apertura, la cui sorte è infausta.
I primi momenti in trincea sono decisivi per il gruppo di ragazzi: l’euforia si sgretola ben presto di fronte alla brutalità della guerra. La marcia verso il fronte diventa il primo assaggio di una realtà dura e senza scrupoli, ed all’imbrunire l’esercito di reclute è già decimato. Il terrore, il rimorso e il senso di inadeguatezza di giovani impreparati alla morte accompagna la perdita di un compagno. Sarà lo stesso Paul a trovarlo, durante la raccolta piastrine. In trincea i giovani Paul, Albert Kropp ed Haie Westhus, fanno la conoscenza di due veterani che condivideranno con loro l’intera permanenza al fronte: Stanislaus Katczinski, detto Kat, e Tjaden.
Mentre la vita in trincea prosegue scivolando da momenti di estranea quotidianità in attimi di cieca violenza, ai vertici del potere si inizia a patteggiare per un armistizio che ponga fine alla guerra. Ha qui inizio una trama parallela di diplomazia e decisioni che vede come protagonista Matthias Erzberger, interpretato dal noto volto Daniel Brühl.
Le trattative conducono alla firma dell’armistizio da parte delle potenze tedesche, con entrata in vigore alle ore 11:00 del giorno 11 Novembre. I giorni che intercorrono dal 9 del mese alla fine della guerra saranno decisivi: sempre più soldati perdono la vita ad un soffio dalla salvezza. Il comando tedesco indice un ultimo attacco nel tentativo disperato di conquistare terreno pochi minuti prima della conclusione. All’undicesima ora le armi tacciono e la trincea vibra di una quiete innaturale. La guerra è finita e le comunicazioni dichiarano che non c’è niente di nuovo sul fronte occidentale.
Crediti
- Regia: Edward Berger
- Genere: drammatico, storico
- Durata: 147 minuti
- Anno: 2022
- Paese di produzione: Germania
- Distribuzione: Netflix
- Data di uscita: 28 ottobre 2022
- Cast: Daniel Brühl, Albrecht Schuch, Felix Kammerer, Moritz Klaus, Aaron Hilmer, Edin Hasanovic
Candidature
Il film è stato candidato come miglior film in lingua straniera Golden Globe 2023. Ha ricevuto ben nove nomination ai Premi Oscar 2023 tra cui nella principale categoria miglior film, oltre che miglior sceneggiatura non originale per il regista, miglior fotografia, miglior sonoro, miglior colonna sonora, miglior scenografia, miglior film internazionale, migliori effetti speciali, miglior trucco e acconciatura.
Nella 95esima edizione degli Oscar, nel 2023, il film si è aggiudicato diversi premi: miglior fotografia, miglior scenografia, miglior colonna sonora ed anche miglior film straniero.
La recensione
Straniamento ed alienazione: l’ingannevole apparenza della demagogia
La tranquillità di un bosco pervasa da luce soffusa e tepore materno fa da apertura a questa pellicola, solo per essere bruscamente interrotta dalla brutalità umana di una foresta fatta non di alberi, ma di soldati caduti. Non c’è nulla di eroico nei militanti seguiti dalla macchina da presa, nulla di eroico e tutto di umano. Risulta evidente già nei primi istanti il forte straniamento dell’intera storia: Paul e i suoi compagni si arruolano in un festoso impeto bacchico, ebbri di gioventù e speranze che si schiantano sul muro di fango della trincea immobile.
La colonna sonora che accompagna le scene è un unico suono grave e ricorrente che compare allo scoccare di un nuovo evento: un orologio che segni il contrasto tra alienazione e realtà. Lo spettatore assiste al brusco risveglio dei personaggi, nel dipanarsi di un racconto bellico che è al contempo immersivo ed esterno. Difatti si osserva la guerra in un continuo zooming in ed out, dallo sguardo di Paul, a quello dei suoi compagni, a quello dei potenti ed ancora a quello del cielo impietoso.
Quello su cui la prima parte del film fa leva non è altro che la discrepanza tra promessa e verità.
Peccati e virtù: punti chiave da non trascurare
Il punto forte della pellicola è senza dubbio rappresentato dai contrasti: il dolore, la violenza, carneficina, l’uomo che si fa bestia; il conforto, l’unione, il sorriso di una donna, l’uomo che si fa Dio. Tra le scene per cui vale la pena guardare questo capolavoro la prima mostra l’umanità della guerra: in un bivacco improvvisato pregno della gioia di soldati felici di aver rubato ed arrostito un’oca, giovani liberi ancora per un istante, amici attorno ad un fuoco in abiti civili.
La seconda ne mostra invece l’orrore, il terrore negli occhi di un ragazzo che uccide per non essere ucciso nella terra di nessuno e comprende che la morte non è impersonale e fulminea come lo sparo di una baionetta, ma una vita che scivola via lentamente. La chiave di volta in cui si assiste al cambiamento dell’intera pellicola è l’abbraccio di Paul al soldato da lui stesso ucciso, una promessa da cui parte il countdown verso la fine di quel terribile sipario. Ma ad ogni passo verso casa l’orologio continua a puntare la lancetta sulla realtà.
Il principio che è la fine
“Niente di nuovo sul fronte occidentale” è una magistrale esecuzione narrativa di una trama semplice e circolare. Principio e conclusione, differentemente dal gioco di forze opposte nel resto del film, non sono antagonisti ma fluiscono l’uno nell’altra. Esattamente 15 minuti prima dello scoccare dell’undicesima ora la storia torna su Paul come un uroboro che si morde la coda. Su Paul si ferma l’ultima scena. Un espediente questo adottato anche nella pellicola “1917”, ambientata nel medesimo periodo storico, ma dal sapore completamente diverso.
A legare i due lavori cinematografici è l’importanza delle piastrine identificative: con esse si apre la storia di Paul, con esse si chiude. Eppure il finale cade nella stessa amarezza di quella targhetta strappata dalla divisa con sopra scritto Heinrich: la piastrina di Paul resta sul suo petto.
Ad avvicinare invece questo film al lavoro di Christopher Nolan “Dunkirk” è l’incessante corsa contro il tempo: nel caso di Dunkirk è evidente sin dalla prima scena, in questo film è una corrente sotterranea che esplode con la firma dell’armistizio. Il ticchettio ricorrente del primo film si oppone e al contempo richiama le tre note cupe che caratterizzano il secondo.
Giudizio e conclusioni
Il perfezionismo dello storytelling non risiede unicamente nella disposizione delle trame, ma anche nei tecnicismi estremamente curati. Fotografia e suoni incalzano la gravità dell’affanno: larghe riprese su distese a perdita d’occhio si chiudono sulla trincea inamovibile, mentre uno ad uno i personaggi compiono la loro storia. Se da un lato questa pellicola è pienamente all’altezza delle candidature, dall’altra disattende il sogno di redenzione che matura nello spettatore. Una rappresentazione nuova e onesta, brulla e senza fronzoli, come i solidali legami stretti in trincea.
Il retrogusto che resta è quello dell’immediata consapevolezza di una verità nota ma ignorata. Dunque niente di nuovo sul fronte occidentale, ma tutto di umano.