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Recensione “Perfect Days”: il nuovo film di Wim Wenders

Presentato in concorso al Festival di Cannes 2023, “Perfect Days” è il nuovo film di Wim Wenders. Con protagonista l’attore Kōji Yakusho, vincitore per la sua performance del Prix d’interprétation masculine a Cannes, il film è ambientato in Giappone a Tokyo e racconta la vita, scandita da orari e abitudini, di Hirayama, uomo silenzioso e solitario.

Indice

“Perfect Days” – Tutte le informazioni

Perfect Days - locandina

Trama

Hirayama è un uomo abitudinario, legato a una rigida routine che segue con zelo e serenità. Ogni attività della giornata, che riguardi il proprio lavoro, un aiuto inaspettato, una richiesta diversa dal solito, lui la svolge con impegno e dedizione. Addetto alle pulizie dei bagni pubblici di Tokyo, appassionato di libri, foto, musica e piante, è in particolare affascinato da quella danza e quel continuo sfiorarsi tra le chiome degli alberi che creano giochi di luce e che accompagnano sempre la sua pausa pranzo. Senza smartphone, senza cuffie nelle orecchie, ancora utilizza le audiocassette, una macchina fotografica con il rullino e non conosce il mondo digitale. Lui ha però comunque tutto ciò di cui ha bisogno. La routine viene lentamente cambiata, o per meglio dire, subisce ogni giorno delle piccole modifiche, attraverso le quali sarà possibile entrare più in sintonia e approfondire quella che è la storia di Hirayama, scoprendo e intuendo qualcosa del suo passato.

Recensione “Perfect Days”: il nuovo film di Wim Wenders

Crediti

  • Regia: Wim Wenders
  • Cast: Kōji Yakusho, Tokio Emoto, Arisa Nakano, Aoi Yamada, Yumi Asō, Sayuri Ishikawa, Tomokazu Miura, Min Tanaka
  • Genere: drammatico
  • Durata: 123 min
  • Produzione: Giappone, Germania, 2023
  • Distribuzione: Lucky Red
  • Data d’uscita: 4 gennaio 2024

Recensione

La solitudine di Wim Wenders e di “Perfect Days”

Perfect Days

“Perfect Days” è un film perfetto e completo in ogni forma, un film che non solo racconta qualcosa di diverso, originale e definibile anche nuovo, ma che lo fa attraverso una trama, un metodo e una serie di elementi inaspettati, straordinariamente rappresentati. Se dapprima colpisce regia, fotografia e, da subito, l’interpretazione, sarà poi la stessa trama a incantare e stupire. Wim Wenders prova così che quella frase che si sente spesso dire: “ormai le storie sono state tutte raccontate” è più falsa che mai. “Perfect Days” è il racconto di Hirayama, uomo fuori tempo, ancorato a un passato che non è il suo, che non ha a che fare con il proprio background. È l’epoca, ancora più lontana delle audiocassette e delle fotocamere analogiche con i rullini da cambiare. È la notte, quando lui si abbandona ai sogni del giorno appena trascorso, di ciò che si è vissuto, tra ricordo e immagini distorte del passato più recente, l’unico che veramente vive Hirayama ogni giorno.

In una Tokyo dove Hirayama è prima invisibile, poi l’uomo che si concede un piatto caldo a fine giornata, un collega taciturno sul quale poter sempre contare, “Perfect days” mostra e scava in una solitudine inconsueta: quella che rende soli, ma che non fa sentire soli; la più velata labile ma infinitamente profonda differenza tra due sensazioni opposte. Una solitudine serena, pacifica, rilassata, pacata, che sorride a quelle piccole sorprese che ogni giorno può regalare. E se l’animo è quello di Hirayama, tutto si confronta con chi trova in un’occupazione vista come infima e ripugnante, il proprio impegno quotidiano, e in una partita di tris su un foglietto senza firma né nome quel contatto umano di cui anche lui sa, senza mezzi termini, di avere bisogno. Anche se fosse quanto basta per sopravvivere. Un film che insegna e rappresenta che la vera essenza della vita, di un incontro e di un evento è negli occhi di chi guarda, nel filtro e nell’importanza che ogni piccolo dettaglio può assumere in base a chi lo vive.

Routine e bellezza del quotidiano

Perfect Days

Non si vedono molti film come “Perfect Days” di Wim Wenders, che rappresenta la bellezza del mondo attraverso gli occhi di un uomo che non ha apparentemente nulla, ma che in realtà ha tutto. Un uomo che sa di essere fuori tempo, che non soffre di questo, che fa della sua essenziale occupazione una propria affermazione professionale. E nei momenti solo con se stesso, la propria vita diventa connessione con un’arte che non fa più realmente parte del mondo. Hirayama è forse nato nel periodo storico sbagliato, ma è il presente che conta davvero: il passato passa con il tempo che guarisce e rimedia, e il futuro prima o poi arriverà, inutile rincorrerlo. “Perfect Days” è un film silenzioso, con poche battute e straordinari brani che ritornano. Si parte con “The House of the Rising Sun” dei The Animals nel più mite, pacifico, sereno, naturale viaggio in macchina a inizio giornata e ci si avvicina al finale con “I’m feeling good” di Nina Simone, nel più drammatico, straziante, doloroso viaggio di ritorno: sempre in macchina tra le lacrime di un nuovo concetto di felicità, quiete, tranquillità e armonia, che con la felicità non ha però nulla a che fare.

Hirayama vive la sua vita esteriormente difficile con naturalezza, con trasparente fiducia verso gli altri, con equilibrata armonia e meticolosi doveri, i quali non sono imposti da nessuno. Lo straordinario protagonista di “Perfect Days” ha trovato, senza forse cercarla, la sua pace interiore, i suoi giorni tutti uguali, la sua estraniazione casuale e voluta con il mondo circostante, che abbraccia senza però mai realmente sfiorare, con cui entra in contatto quanto basta per poter dire di vivere lì, di essere stato in quel luogo. Per meravigliarsi anche della purezza e tenerezza delle persone, oltre che di quella della natura sulla quale mai abbastanza ci si concentra. Se in “Perfect Days” ogni giorno può sembrare angosciatamente uguale a se stesso, questo è solo un inganno operato da un film quasi muto, e che nella sua lentezza ragiona e mostra ogni singolo dettaglio di quella vita abitudinaria: un particolare che il pubblico inizierà a notare nel momento in cui non lo si vedrà più.

“Perfect Days” e la sua ingannevole apparenza

Perfect Days

L’imprevisto nella vita di Hirayama diventerà così apparentemente sconvolgente, capace di stupire e di raccontare qualcosa di questo personaggio; un uomo che trova nella contemplazione di ciò che il tempo non ha cambiato negli anni, di una natura ancora intatta, ciò che vale la pena di ammirare ogni giorno. Quali siano le motivazioni non è importante, le domande rimaste aperte non devono avere risposta. Ed è questo un altro grande pregio del nuovo prodotto di Wim Wenders: accettare che forse non tutto verrà chiarito, che “Perfect Days” è la rappresentazione, definita e limpida, dell’interiorità di un uomo che accetta e vive la propria vita; una vita che può apparire estremamente vuota, ma che lui sa rendere piena e degna di essere vissuta. Hirayama è un uomo che vive nel presente, senza esserne per questo realmente in contatto. Ma è forse l’unico che riesce a vivere il qui e ora più di chiunque altro. Niente lo distrae da quel presente sfuggente che per lui è tutto il proprio mondo.

“Perfect Days” non indaga quel qualcosa che è successo ad Hirayama, l’improvviso arrivo di una parente, un incontro con un personaggio che lo fa piangere, un evento, una frase, un momento che negli anni passati ha portato Hirayama ad isolarsi. Non c’è niente di certo nel film di Wim Wenders, è tutto avvolto dal mistero, un mistero che diventa sembra meno fitto, come una nebbia che si dirada in una Tokyo piena di luce e piena di gente. Eppure sappiamo che è accaduto qualcosa nel passato di Hirayama. Ma che venga detto, taciuto, intuito, ipotizzato, il film di Wim Wenders è coerente nel suo silenzio, nella magistrale interpretazione di un protagonista che di battute ne ha pochissime; in un film fatto di sguardi, di silenzi, di espressioni, di gesti e routine. Da quelle minime e all’apparenza insignificanti casualità che rendono un giorno differente dall’altro e che producono un sorriso, un pensiero, una pausa, una domanda, una vicinanza, un ricordo.

Giudizio conclusivo

Se l’Hirayama del finale non è lo stesso dell’inizio, per Wenders sarà lo spettatore a deciderlo: ci sono più serenità, più esistenze fatte di pace ed equilibrio, più soddisfazioni, più felicità, più modi per accettare tutto ciò che può offrire la vita. Una vita che non è un percorso a tappe verso il raggiungimento di un obiettivo, non per Hirayama, che trova la perfezione in ogni piccolo dettaglio di ogni piccolo giorno. “Perfect Days” sono i giorni che il protagonista vive, uguali ma diversi, simmetricamente perfetti, perché dare una definizione di vita perfetta non ha poi così senso, e non è un messaggio facile per il cinema. Ecco perché “Perfect Days” potrebbe continuare a vincere premi, ed ecco perché è quel film che potrebbe entrare nella cinquina degli Oscar come miglior film straniero 2024, e portare a casa l’ambita statuetta.

Trailer

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