Recensione
Riparare i viventi – Recensione: le 24 ore che conducono dalla morte alla vita
L’alba di un giorno come un altro. Simon, un ragazzino di diciassette anni, insieme a due amici, si reca a fare una sessione di surf. Al ritorno, un tragico incidente stradale, spazzerà via la sua giovane vita. Il ragazzo entra in un macabro limbo: cerebralmente morto, il suo energico cuore continua a battere. Un cuore che servirebbe alla sopravvivenza di Claire, una signora gravemente malata, madre di due figli.
Riparare i viventi: un onda lunga che produce ripercussioni sull’esistenza di molti individui
Dall’alba alla sera, il tragico incidente, come un’onda lunga produrrà le sue ripercussioni sull’esistenza di tutta una serie d’individui: i genitori che apprendono la sconvolgente notizie e sono costretti a compiere, rapidamente, una difficile scelta; lo staff ospedaliero a cui spetta comunicare la notizia e con garbo illustrare la possibilità della donazione degli organi; all’esistenza di Claire che deve decidere se sottoporsi all’operazione che allungherebbe la sua vita.
La regista, Katell Quillevere, esplora con delicatezze le caratteristiche dei numerosi personaggi, restituendoci le loro varie sfaccettature psicologiche, senza però mai perdere il filo della narrazione. Una narrazione che procede come un flusso ininterrotto che porta dalla morte alla rinascita: il cuore che smette di battere in un corpo prolungherà il respiro di un altro.
Riparare i viventi: tra documentario e poesia
“Riparare i viventi”, narrativamente, si articola in macro episodi, ognuno dei quali ha i suoi protagonisti, con uno sguardo sempre sospeso tra istanze documentaristiche e quelle più strettamente liriche. Emblematica la scena dell’incidente che non viene mostrato apertamente ma suggerita con la sovraimpressione della immagine della strada con quella di un’imponente onda.
Un film impegnativo, specie sul fronte emotivo, ma che riesce a suggerisce più di un spunto di riflessione allo spettatore.
Oreste Sacco
Trama
- Titolo originale: Réparer les vivants
- Regia: Katell Quillévéré
- Cast: Emmanuelle Seigner, Tahar Rahim, Anne Dorval, Finnegan Oldfield, Bouli Lanners, Dominique Blanc, Monia Chokri
- Sceneggiatura: Gilles Taurand, Katell Quillévéré
- Fotografia: Tom Harari
- Montaggio: Thomas Marchand
- Musiche: Alexandre Desplat
- Genere: drammatico, colore
- Durata: 104 minuti
- Produzione: Les Films du Bélier, Les Films Pelléas, France 2 Cinéma
- Luogo di produzione: Francia, 2016
- Distribuzione: Academy Two
- Data di uscita: 26 gennaio 2017
“Riparare i viventi” è un film drammatico della regista francese Katell Quillévéré, basato sull’omonimo romanzo di Maylis de Kerangal (in Italia edito da Feltrinelli).
La pellicola tratta di una tragica storia che coinvolge e interconnette un gruppo variegato di persone. Tutto inizia all’alba, con un promettente mare agitato e tre giovani surfisti desiderosi dell’onda perfetta.
Qualche ora dopo, sulla strada verso casa, si verifica un tragico incidente. Simon Libres, uno dei ragazzi, entra in coma irreversibile; ormai tenuto in vita solo dalle macchine dell’ospedale di Le Havre, la sua vita è solo un’illusione, come il suo futuro, il suo passato.
Il medico dell’ospedale di Le Havre, il dottor Pierre Révol (Bouli Lanners), deve far capire ai genitori del ragazzo che ormai è ‘morto’, sebbene il suo cuore continui a battere ancora. Il giovane Thomas Remige (Tahar Rahim) deve parlare loro della possibilità di donare gli organi. Intanto, a Parigi, il cuore di Claire si va ingrossando rapidamente e non le resta che sperare in un trapianto a breve termine.
Riparare i viventi: la “sfida” al capolavoro letterario di Maylis de Kerangal
Con “Riparare i viventi”, la regista di “Suzanne” si prende carico di una sfida mai semplice nel mondo del cinema: quella della trasposizione cinematografica del testo letterario.
La regista francese affronta l’opera di Maylis de Kerangal con coraggio e originalità, tentando un impresa difficile, non solo per l’entusiastica accoglienza del romanzo da parte dei lettori, ma anche per il testo in sé, dato che non le dà possibilità di appigliarsi alla dimensione degli eventi, ridotti al minimo, sia nel tempo (24 ore) che nello spazio, costringendola a un grandissimo sforzo nella traduzione dalle parole alla pellicola.
Totalmente immerso in questo ‘duello-dialogo’ con il suo alter ego letterario, “Riparare i viventi” tocca momenti di notevole intensità, concentrandosi su una dinamica della vita delle persone che, purtroppo, è più vissuta di quello che si possa pensare al riguardo. Alternando istanti di assoluta potenza con inquadrature più distensive, “Riparare i viventi” porta in scena riflessioni esistenziali di tutti: la vita-morte, la speranza-disperazione, l’amore che, forse, consiste nel lasciare andare una persona quando è necessario, forzatamente necessario.
Chissà cosa ne penserà il pubblico: Katell Quillévéré avrà superato la sua prova?
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