L’attore, regista e musicista lucano Rocco Papaleo torna a sorprendere il suo pubblico con un nuovo progetto letterario. Dopo l’uscita del suo primo libro nel 2013, l’artista 66enne arricchisce la sua carriera con l’autobiografia “Perdere tempo mi viene facile”, pubblicata con Mondadori. Questo volume non è solo un mero resoconto della sua vita, ma un amalgama affascinante di testi, aneddoti, poesie e persino canzoni, accessibili tramite codici QR inclusi nel testo. Il primo incontro per la presentazione è previsto per domani all’Officina Pasolini, mentre sul palco dell’Auditorium si esibirà con lo spettacolo “Esercizi di libertà” dal 19 al 23 dicembre.
L’autobiografia: una necessità creativa
Rocco Papaleo parla di questa sua nuova avventura con una schiettezza disarmante. In un’intervista, chiarisce che la scelta di scrivere la propria autobiografia non è stata guidata da vanità, ma da un’intensa voglia di esprimersi. “Direi pigrizia. Avevo voglia di scrivere, è una mia passione”, afferma. Elimina così la percezione comune che scrivere riguardi solo la celebrazione di sé. La sua autobiografia emerge come un atto di autenticità, una riflessione sincera sulla propria esistenza che non ha richiesto invenzioni artistiche, ma solo una ricerca della forma più adatta per esprimere la propria vita.
Papaleo affronta l’argomento con un approccio rilassato, svelando anche piccoli segreti sulla veridicità degli aneddoti. Per esempio, un episodio famoso in cui racconta di un incontro casuale con il cantautore Paolo Conte si rivela essere frutto della sua fascinazione, ma non della realtà. In questo modo, Papaleo cerca di condividere con i lettori un’immagine più vera e complessa di se stesso. “Spero di operare un piccolo cambio nella percezione di come vengo vissuto nel mainstream: un attore comico che strappa risate”, confida, ampliando l’orizzonte della sua identità artistica.
Un artista a tutto tondo
Rocco Papaleo non si limita a scrivere. La sua carriera è caratterizzata dalla sua versatilità: attore, regista, musicista e ora scrittore. “Scrivo, recito, dirigo, suono. Troppo?” si chiede in modo ironico. Questa affermazione non è solo autoironica, ma riflette la profondità della sua creatività: ognuna di queste forme artistiche gli permette di esprimere una parte di sé. Papaleo lavora attivamente anche a un nuovo film, il cui tono si preannuncia drammatico, spostando progressivamente i confini della sua opera sfumando tra umorismo e malinconia.
Senza mai prendersi troppo sul serio, aggiunge: “Lo faccio per buttare il fumo negli occhi alle persone. Così non si accorgono che non eccello in niente”. Con questa battuta, mette in evidenza un aspetto interessante della sua carriera: il continuo scivolare tra diversi ruoli e l’eterogeneità della sua arte. Talento puro o semplice passione, Papaleo riesce a mantenere viva la curiosità, non solo per le sue performance, ma anche per il suo processo creativo.
Riflessioni sul tempo e sulla vita
Nel titolo della sua autobiografia emerge una tematica fondamentale: il concetto di “perdere tempo”. “Saper stare fermo, in contemplazione, senza fare nulla, sul letto a fantasticare” è fondamentale per lui. Questa riflessione si allinea con un’idea sottile ma potentemente evocativa: il valore del tempo trascorso riflettendo. Secondo Papaleo, i momenti di inattività possono rivelarsi fruttiferi, grazia alla possibilità di lasciar fluire le idee.
Seppur consapevole che poter “perdere tempo” sia un lusso consono solo a pochi, l’artista sostiene di non aver mai perso occasioni importanti: “I treni sono venuti a cercarmi senza che io abbia fatto nulla”. Questo porta a un bilancio della sua vita che è sorprendentemente positivo. Tuttavia, non si dimentica delle persone che hanno segnato il suo cammino, iniziando dai genitori e nativi, fino a docenti e colleghi nel mondo del cinema.
La lucanità e l’immagine di sé
Nel corso della conversazione, Papaleo tocca anche il tema della sua identità meridionale. Non teme di essere confuso con un semplice stereotipo, anzi, gioca con le qualità poetiche e empatiche della sua terra. “L’importante è non chiudersi in quella cultura”, afferma, esprimendo l’occasione di esplorare il mondo. La sua leggerezza sui luoghi da cui proviene è accompagnata dal profondo affetto per la sua terra natale.
Rivela anche un saggio consiglio che darebbe al suo sé bambino: “Stare attento alla troppa elasticità, che può sfociare nella vigliaccheria”. Questa consapevolezza denota un percorso di crescita e una continua introspezione, suggerendo che la sua storia non è solo stata scandita da successi, ma anche da riflessioni su scelte e opportunità.
Domande su un probabile futuro si affacciano nella conversazione, ma Papaleo rimane concentrato su quanto importante sia il benessere del suo unico figlio, Nicola. Una figura centrale nella sua vita, cui desidera trasmettere passioni e aspirazioni. Con questo gesto, l’artista mostra il suo lato più vulnerabile e vicino, perfettamente coerente con un viaggio artistico ricco di sfumature e significato.
L’incontro di domani all’Officina Pasolini promette di essere un’occasione imperdibile per scoprire il mondo di Rocco Papaleo, un autore che, attraverso la sua opera, invita a visitare il suo universo interiore e la sua visione del mondo.