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Sanremo 2025, Diego Fusaro: “Festival meno ideologico, ma ancora conformista”

Nel Festival di Sanremo, l’evento musicale più seguito in Italia, le dinamiche ideologiche e simboliche hanno attirato l’attenzione dei media e del pubblico. Il filosofo Diego Fusaro ha commentato l’edizione dell’anno in corso, sottolineando come il festival si presenti con una componente ideologica meno marcata rispetto alle edizioni passate. I protagonisti della discussione includono i nomi di Vale Lp, Lil Jolie, Cristicchi e Kekko-Renga, esempi di figure che hanno segnato il dibattito contemporaneo. Gli episodi, come il bacio tra il cantante dei Modà e Renga, e la presenza di slogan a carattere politico e culturale, hanno dato luogo a riflessioni sul nuovo ordine erotico e globale, mettendo in luce una trasformazione del linguaggio e dei simboli in campo musicale. Allo stesso tempo, si è discusso del cartello esposto con la scritta “Se io non voglio, tu non puoi”, che, sebbene inteso come una critica al patriarcato, ha suscitato reazioni contrastanti in merito alla sua effettiva valenza ideologica. Questi temi, intrecciati con il panorama della globalizzazione neoliberale, hanno fatto sì che il Festival di Sanremo diventasse non solo una vetrina musicale, ma anche un momento di confronto sui valori e sui paradigmi culturali della società italiana contemporanea.

Sanremo 2025, Diego Fusaro: “Festival meno ideologico, ma ancora conformista”

Commenti sul festival e presenza simbolica

Il filosofo Diego Fusaro ha offerto una lettura approfondita del Festival di Sanremo, osservando che quest’anno l’evento si discosta dagli anni precedenti per il minore impatto ideologico. Fusaro evidenzia come, nonostante una presenza «arcobaleno» meno massiccia, il festival non abbia del tutto abbandonato simboli e gesti che rimandano a una critica della moderna cultura neoliberale. In particolare, egli commenta l’episodio del bacio tra il cantante dei Modà e Renga, un gesto interpretato dall’opinionista come l’ennesimo tributo al “nuovo ordine erotico” tipico di una globalizzazione che, secondo lui, si esprime in maniera quasi imperativa. Il filosofo sottolinea l’ironia di un Festival che, pur ostentando un cartello con la scritta “Se io non voglio, tu non puoi”, utilizza lo stesso strumento simbolico per comunicare un messaggio contro l’inesistente patriarcato. La sua analisi si concentra sull’importanza del gesto, che rappresenta un tentativo di sfidare le convenzioni preesistenti, pur rimanendo, a suo avviso, intrappolato in un conformismo travestito. Fusaro ritiene che il festival, sebbene meno ideologico, non abbia cancellato del tutto la presenza di codici che rimandano a un certo status quo, ma li abbia resi più sottili e meno invadenti. Ogni simbolo, dal bacio ai messaggi grafici, appare come parte di un discorso che intende rinnovare il panorama culturale, pur mantenendo un legame con pratiche consolidate che continuano a influenzare l’immaginario collettivo.

In questo contesto, l’osservazione del filosofo assume un’importanza particolare, in quanto evidenzia una trasformazione del linguaggio artistico e politico del Festival. L’evento, pur mantenendo una connotazione festiva e musicale, diventa al contempo uno specchio delle tensioni sociali e culturali, nel quale ogni gesto e simbolo è carico di significati profondi. La scelta di utilizzare un linguaggio che richiama contraddizioni e paradossi, come il riferimento al “nuovo ordine erotico”, permette di cogliere le dinamiche di un’epoca che si confronta con vecchi e nuovi paradigmi. Così, il Festival di Sanremo si configura non solo come manifestazione artistica, ma come un crocevia di messaggi sociali e politici, dove l’apparente riduzione dell’ideologia nasconde una complessità discorsiva che continua a stimolare il dibattito pubblico.

Analisi dei gesti e impatto ideologico

Nel proseguire il suo intervento, Fusaro ha voluto porre l’accento su alcuni gesti particolarmente significativi che hanno caratterizzato il Festival. Egli analizza in dettaglio il cartello esposto dalle due signore, recante la scritta “Se io non voglio, tu non puoi”, osservando come questo messaggio, seppur condivisibile a livello formale, risulti posto in un contesto che ne smentisce il vero potenziale rivoluzionario. In effetti, secondo il filosofo, la frase viene impiegata come strumento retorico contro un patriarcato ormai superato e, in tal modo, si congela in un decalogo di ideologie che non trova più riscontro nelle dinamiche attuali della società. Fusaro prosegue argomentando che la sostituzione del padre, intesa come “evaporazione” della figura autoritaria, ha condotto a un’assenza di limiti che si manifesta in comportamenti estremi e in una violenza relazionale del tutto paradossale. Egli sottolinea come l’assenza di una figura paterna tradizionale possa portare ad una travolgente mancanza di freni nei rapporti, tanto che anche un semplice “no” può assumere connotazioni eccessive e dominanti, travolgendo in maniera quasi barbarica le relazioni interpersonali.

La critica di Fusaro si estende anche al testo di Cristicchi, ritenuto una “boccata d’aria fresca” rispetto al conformismo che caratterizza i messaggi anticonformisti ma in realtà superficiali. Secondo il filosofo, il brano di Cristicchi riesce a toccare tematiche profonde come il rapporto con la madre e il dramma dell’Alzheimer, segnando un netto contrasto con la retorica decorativa del festival. In questo senso, Cristicchi emergerebbe come la voce che, pur partecipando a un contesto che sembra aver abbandonato l’eccessiva ideologia, porta con sé comunque un messaggio impregnato di una sensibilità autentica e di un impegno emotivo che comunica sincerità. L’analisi di Fusaro evidenzia così come, nonostante una riduzione dei riferimenti ideologici, il Festival offra comunque l’occasione per una riflessione sui codici sociali e culturali. Questi elementi, che fanno da sottofondo al grande spettacolo musicale, rimangono al centro di un dibattito imprescindibile, suscitando confronti e interpretazioni differenti tra addetti ai lavori e pubblico, in un equilibrio delicato tra tradizione e innovazione.

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Lori Menea

Lori Menea

Sono Lori Menea, attrice amatoriale e laureata presso l'Accademia di Belle Arti. Amo la musica classica e il mondo dello spettacolo, esplorando gossip, serie TV, film e programmi televisivi con passione e creatività.

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