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Sette spose per sette fratelli – Recensione

Travolgente, entusiasmante, divertente sono questi i tre aggettivi per descrivere “Sette Spose per sette fratelli”, grande musical diretto da Stanley Donen, classe 1954

Regia: Stanley Donen – Cast: Howard Keel, Jane Powell, Jeff Richards, Matt Mattox, Marc Platt, Jacques d’Amboise, Tommy Rall, Russ Tamblyn, Julie Newmar, Ruta Lee, Norma Doggett, Virginia Gibson, Betty Carr, Nancy Kilgas – Genere: Musicale, colore, 102 minuti – Produzione: USA, 1953 – Distribuzione: MGM – Data di uscita: 22 luglio 1954.

sette-spose-per-sette-fratelli-locReduce dal successo planetario di “Cantando sotto la pioggia”, nel 1953 la MGM era pronta per iniziare la lavorazione di due nuovi musical: “Brigadoon”, musical ambientato nelle Highlands scozzesi con Gene Kelly e Cyd Charisse, che nelle aspettative dei produttori avrebbe dovuto bissare il successo del 1952, e un altro piccolo film prodotto con un budget di poco più di 2 milioni di dollari, che anche per l’epoca erano una somma alquanto irrisoria, dal titolo “Sette spose per sette fratelli”.

Nessuno, a partire dal produttore Jack Cummings, nipote di Louis B. Mayer, e dallo stesso regista, il re del musical Stanley Donen, avrebbe pensato che proprio quest’ultimo non solo avrebbe incassato 4 milioni di dollari nel solo week end di debutto ma che sarebbe anche diventato uno dei musical più amati, replicati e riadattati della storia del cinema.Quali sono le ragioni che hanno reso questo film, che dal regista stesso era stato inizialmente considerato un prodotto destinato al mercato di “serie B”, un successo mondiale? La risposta è il lavoro di squadra.

Tutto in questa pellicola funziona alla perfezione a partire dalla sceneggiatura, scritta da Albert Hackett, Frances Goodrich e Dorothy Kingsley. A loro va il merito di essere stati in grado di trasformare una storia semplice come quella di Adamo Pontipee, un rozzo taglialegna che vive in mezzo ai boschi con sei fratelli, che decide di prender moglie perché ha bisogno di qualcuno che pulisca la loro casa e faccia loro da mangiare, in un condensato di brio, amore, e velata sensualità grazie all’abilità di delineazione dei pensieri e delle azioni dei personaggi.

Ma, per quanto ben delineati, erano necessari degli interpreti che sapessero rendere i ruoli scritti su carta vividi e vibranti. Ed ecco quindi che Stanley Donen decide di affidarsi a due fuoriclasse come Howard Keel, che veste i panni del rude dal cuore tenero Adamo, e Jane Powell corpo e melodiosa voce da mezzosoprano di Milly, donna dolce quanto caparbia, vera anima della pellicola.

La stessa attenzione prestata per scegliere le star della pellicola viene messa quando si tratta di selezionare gli interpreti per i ruoli dei restanti sei fratelli Pontipee e delle loro future spose.Anche in questo caso, Donen non avrebbe saputo far di meglio e, trattandosi di un musical, ingaggia stelle della danza dell’epoca come Marc Platt, Tommy Rall e soprattutto Matt Mattox, che sarebbe diventato qualche anno più tardi uno dei più grandi maestri di jazz a livello mondiale.

Oltre agli interpreti però un musical non è tale senza una degna colonna sonora e soprattutto senza dei grandiosi numeri di danza. Alla prima hanno pensato in maniera mirabile Gene De Paul, Saul Chaplin e Johnny Mercer, vincitori dell’ Oscar nel 1955, che mescolando generi come il country e il melodico dalle venature blues hanno creato canzoni come “Bless your Beautiful Hide” o “Wonderful wonderful Day”, che ad ogni nuovo ascolto riempiono l’animo degli spettatori di gioia allo stato puro e di un’irrefrenabile voglia di unirsi al canto dei propri beniamini in scena. Il compito di occuparsi della coreografia è stato invece assegnato a Michael Kidd, che sotto la sapiente guida del regista, ha dato vita a delle scene di ballo coinvolgenti ed elettrizzanti che caricano di adrenalina chiunque le guardi.

Persino l’unico difetto della pellicola, che risiede in una scenografia più adatta a fare da sfondo ad una recita scolastica piuttosto che ad una produzione hollywoodiana, riesce a trasformarsi in pregio. Non essendo distratto dallo sfondo lo spettatore può concentrarsi appieno sulle performance degli attori, sentendosi immediatamente preda di un incanto amoroso.

Sono tutti questi gli ingredienti che rendono “Sette spose per sette fratelli”, un film da vedere e rivedere, come fecero i nostri genitori nel 1954 e come faranno le generazioni future, perchè un grande classico come questo non mancherà mai di fare quello che il cinema deve fare: emozionare sempre e comunque.

Mirta Barisi

Sette spose per sette fratelli – Recensione

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