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Si dice di me: il docu-film che celebra la forza femminile al Festival del Cinema di Roma

All’interno del panorama culturale contemporaneo, il docu-film “Si dice di me” si distingue non solo per la sua potenza espressiva, ma anche per la profonda riflessione che offre sulla figura femminile. Realizzato dalla giovane e talentuosa regista ISABELLA MARI, questo progetto teatrale è stato presentato alla prestigiosa Festa del Cinema di Roma, attirando l’attenzione per la sua peculiarità e originalità. Al centro della narrazione troviamo MARINA RIPPA, un’insegnante di teatro che da oltre trent’anni guida donne di tutte le età attraverso un’esperienza trasformativa nel cuore di NAPOLI.

Un documento di arte e testimonianza

“Si dice di me” è un’opera che si colloca a metà strada tra documentario e film, fungendo da testimonianza e riflessione su dettagli e sfumature che caratterizzano l’esperienza femminile. La regista ISABELLA MARI sottolinea l’importanza di andare oltre i cliché e i luoghi comuni che spesso caratterizzano la rappresentazione di Napoli e delle sue donne. “Ho voluto creare una storia che non cadesse nei luoghi comuni delle produzioni attuali”, afferma la Mari, evidenziando la sua intenzione di presentare una narrazione autentica e profonda. Il film si presenta come un contenitore di storie di ribellione, di consapevolezza e di libertà, che affiora in ogni intervista e in ogni performance teatrale realizzata da MARINA RIPPA.

Si dice di me: il docu-film che celebra la forza femminile al Festival del Cinema di Roma

Con la produzione di ANTONELLA DI NOCERA e CLAUDIA CANFORA, “Si dice di me” si delinea come un progetto ricco di emozioni, capace di toccare il cuore degli spettatori attraverso confessioni vere e intime delle protagoniste. Le testimonianze raccolte nel corso delle riprese riflettono un forte desiderio di rivelare la verità, un racconto autentico che pone le donne al centro della scena, dando loro il giusto riconoscimento.

La genesi di un progetto

L’idea alla base di “Si dice di me” è nata dall’incontro tra ISABELLA MARI e MARINA RIPPA nell’inverno del 2020. La Rippa, desiderosa di documentare uno dei suoi spettacoli, ha avviato un processo che si è trasformato rapidamente in un film vero e proprio: “Marina si è rivolta ad Antonella, la produttrice, per chiedere di registrare uno dei suoi eventi. Da lì è nato tutto”, racconta la Mari. La collaborazione e il sostegno di CLAUDIA CANFORA sono stati fondamentali per raccogliere i fondi necessari alla realizzazione di quest’opera artistica.

L’evoluzione di un progetto così ambizioso richiede non solo passione ma anche dedizione e professionalità. ISABELLA MARI ha evidenziato l’importanza di ascoltare le storie di ciascuna donna coinvolta: “L’incontro con queste protagoniste è stato illuminante, come un’epifania. La loro forza è emersa chiaramente, e ho capito che mettevo in scena non solo storie, ma vite reali e complesse”. Questo approccio ha garantito una rappresentazione autentica e incisiva delle esperienze femminili, un aspetto cruciale nell’ambito del dibattito culturale attuale.

Il potere salvifico dell’arte

Al di là di una mera raccolta di testimonianze, “Si dice di me” rappresenta una profonda riflessione sul potere salvifico dell’arte. ISABELLA MARI, con una regia incisiva e una visione chiara, esplora come il teatro possa diventare un rifugio e uno strumento di rinascita per le donne. “L’arte ha una forza incredibile, e attraverso le performance di MARINA, queste donne diventano protagoniste di atti di ribellione”, sostiene la regista.

Nel film, l’arte si presenta come un’attività viva e pulsante, capace di trasformare il dolore in bellezza, la sofferenza in espressione. Per ISABELLA, la rappresentazione visiva è altrettanto importante: “In ogni scena, ho voluto enfatizzare il volto delle donne e la loro artistica vulnerabilità. Gli abiti neri e lo sfondo immobile creano una semplicità che esalta la loro bravura”. La Mari descrive anche l’atmosfera durante le riprese: “In quei momenti eravamo libere, potevamo ridere e piangere. Le storie che venivano raccontate ti risucchiavano dentro, lasciandoti una sensazione di appartenenza ad un racconto più grande”.

La solidarietà e la fiducia che si è creata tra la regista e le protagoniste hanno reso possibile la realizzazione di un progetto così potente, che ci invita a riflettere sulla libertà e sulla dignità delle donne attraverso l’arte.

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